VINCENZO CASULLI - In tema di circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sostenendo che “ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante della c. d. "minorata difesa", prevista dall'art. 61, primo comma, n. 5, c.p., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità , oggetto di profittamento, in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato”.
A tal proposito, il massimo Consesso ha disegnato un percorso valutativo che prende le mosse dalla massima di esperienza secondo cui, di notte, cala l'oscurità e le strade sono poco illuminate, le persone sono dedite al riposo, la maggior parte delle attività cessa e, di conseguenza, le strade e gli uffici sono molto meno frequentati; inoltre la vigilanza pubblica è meno intensa ed è quindi più difficile ricevere soccorso.
Ne consegue che si tratta di un tempo astrattamente idoneo ad inibire le possibilità di difesa della vittima; ciò, tuttavia, non è sufficiente per riconoscere l'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5), c.p., in quanto occorre accertare altresì che, in concreto, si sia realizzata un'obiettiva agevolazione dell'azione del reo, verificando diverse circostanze, quali:
- l’effetto di ostacolo alla pubblica o privata difesa derivato dalla commissione del fatto in tempo di notte; - circostanze ulteriori, di qualunque natura, atte a vanificare il predetto effetto di ostacolo; - se il soggetto agente abbia profittato di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo, verifica soggettiva che ben può essere limitata alla constatazione dell'inevitabile consapevolezza dell'avere agito in tempo di notte, in condizioni di effettiva minorata difesa per la vittima e le pubbliche autorità .
Il fondamento dell'aggravante è stato, infatti, ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l'agente approfitti delle possibilità di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest'ultima viene a svolgersi. E solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentono di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa, sia pubblica che privata, è idoneo ad assicurare la coerenza dell'applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo.
Ne discende che l'interprete, ai fini della configurazione dell’aggravante in esame, sarà chiamato a considerare, in concreto, lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali.
Dunque, in conclusione, è possibile affermare che la commissione del reato in tempo di notte può configurare la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, comma primo, n. 5 c.p. a condizione che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
A tal proposito, il massimo Consesso ha disegnato un percorso valutativo che prende le mosse dalla massima di esperienza secondo cui, di notte, cala l'oscurità e le strade sono poco illuminate, le persone sono dedite al riposo, la maggior parte delle attività cessa e, di conseguenza, le strade e gli uffici sono molto meno frequentati; inoltre la vigilanza pubblica è meno intensa ed è quindi più difficile ricevere soccorso.
Ne consegue che si tratta di un tempo astrattamente idoneo ad inibire le possibilità di difesa della vittima; ciò, tuttavia, non è sufficiente per riconoscere l'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5), c.p., in quanto occorre accertare altresì che, in concreto, si sia realizzata un'obiettiva agevolazione dell'azione del reo, verificando diverse circostanze, quali:
- l’effetto di ostacolo alla pubblica o privata difesa derivato dalla commissione del fatto in tempo di notte; - circostanze ulteriori, di qualunque natura, atte a vanificare il predetto effetto di ostacolo; - se il soggetto agente abbia profittato di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo, verifica soggettiva che ben può essere limitata alla constatazione dell'inevitabile consapevolezza dell'avere agito in tempo di notte, in condizioni di effettiva minorata difesa per la vittima e le pubbliche autorità .
Il fondamento dell'aggravante è stato, infatti, ravvisato nel maggior disvalore che la condotta assume nei casi in cui l'agente approfitti delle possibilità di facilitazione dell'azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui quest'ultima viene a svolgersi. E solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentono di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa, sia pubblica che privata, è idoneo ad assicurare la coerenza dell'applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo.
Ne discende che l'interprete, ai fini della configurazione dell’aggravante in esame, sarà chiamato a considerare, in concreto, lo specifico contesto spazio-temporale in cui si sono verificate le vicende storico-fattuali.
Dunque, in conclusione, è possibile affermare che la commissione del reato in tempo di notte può configurare la circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, comma primo, n. 5 c.p. a condizione che sia raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
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