Quando Robespierre accoglieva i migranti
FRANCESCO GRECO - La storia delle migrazioni è la storia stessa dell’uomo. Sono sempre esistite sin da quando è apparso sulla terra. Esodi e spostamenti si rendevano, e si rendono, necessari per la ricerca di cibo, di migliori condizioni di vita e di nuovi territori da esplorare.
In “Storia dell’emigrazione italiana in Europa”, Donzelli Editore, Roma 2022, pp. 272, € 27,00 (collana Progetti Donzelli, contributi di Alessandro Bonvini, Marisa Fois, Stefano Luconi, Luigi Mascilli Migliorini, Giancarlo Perego e lo stesso Toni Ricciardi, che la dirige (è docente della materia all’Università di Ginevra), inquadra il fenomeno dell’emigrazione italiana in Europa nel periodo che va dalla Rivoluzione Francese al disastro di Marcinelle (1789-1956).
Ricciardi ha molte altre importanti pubblicazioni nel cv in materia di emigrazione, ed è uno studioso attento e interessato. La novità che sorge subito all’occhio in questa appena edita, è il fatto che la Rivoluzione Francese, oltre a spingere tanta gente a emigrare, ha sancito il principio dell’accoglienza per chi era in cerca di asilo per motivi politici e/o di libertà.
In seguito, tanti emigrati italiani, prima di Marcinelle, erano rifugiati politici all’estero, molti proprio in Francia, per sfuggire alle persecuzioni fasciste e per organizzare i partiti della resistenza.
Il saggio presenta molti aspetti interessanti della questione migratoria italiana e, non a caso, chiude il periodo con la tragedia di Marcinelle (Belgio), come a significare che i tanti stereotipi degli italiani all’estero vennero meno proprio l’8 agosto del 1956 con la tragedia della miniera dove morirono tanti lavoratori italiani.
Quando, assieme ai nostri lavoratori, sotto quelle macerie c’erano anche i minatori belgi. Da quella data ebbe inizio l’impegno per la maggiore integrazione europea, tanto che l’anno successivo, a Roma nel 1957, si diede vita al trattato che istituì appunto la Comunità Economica Europea.