Anche il poeta dialettale Ettore De Nobili merita l’intestazione di una strada a Bari


VITTORIO POLITO -
 Il dialetto non è solo la lingua parlata dal popolo, ma anche la lingua della poesia, della prosa, della commedia, del teatro. La musicalità e la ricchezza di significati con la varietà delle sfumature sono state esaltate da molti poeti nei vari dialetti, nella scrittura delle proprie liriche e avvalorate anche dai critici della materia.

La letteratura in dialetto e, segnatamente la poesia dialettale, è testimonianza preziosa di storia civile e culturale, intrisa com’è dell’intelligenza e della fatica, del sapere intellettuale e delle esperienze culturali dei soggetti e delle popolazioni che l’hanno prodotta o che parlano in dialetto.

Nell’interessante volume “Bari fra dialetto e poesia” (Palomar), gli autori (Pasquale Caratù, Daniele Maria Pegorari, Annaluisa Rubano), tutti docenti universitari, sottopongono ai lettori un argomento squisitamente antropologico come il dialetto di una città, accostando dialettologia e “poesia” dialettale. Il volume, che si avvale dell’introduzione e della cura di Francesco Tateo, professore emerito dell’Università di Bari, coniuga le competenze della dialettologia con quelle della lettura di testi dialettali, intendendo avviare la conoscenza del dialetto di Bari come patrimonio culturale da salvaguardare. L’impostazione è motivata da un discorso introduttivo, che si riferisce non solo alla tradizione culturale della Regione di cui Bari è capoluogo, ma anche ai problemi connessi con l’attenzione attuale rivolta al dialetto e al classico rapporto tra lingua e poesia.

Tra i poeti che hanno dato lustro a Bari, non si può ignorare Ettore De Nobili (1921-2021), appassionato e fedele sostenitore del dialetto barese, che ha insegnato per oltre quarant’anni presso la Scuola San Filippo Neri di Bari, collezionando numerose benemerenze e onorificenze, tra cui la Medaglia d’Argento del Presidente della Repubblica “per l’opera particolarmente zelante ed efficace svolta a favore dell’istruzione elementare e della educazione infantile”. Ha ottenuto molti riconoscimenti per le sue poesie. Ha pubblicato con l’Editore WIP, ben sei edizioni di uno dei suoi volumi di poesie “Regali di Natale e pe tutte le dì du uanne”, una raccolta di liriche e prose scritte in dialetto barese, qualcuna in italiano, che conducono il lettore attraverso un piacevole viaggio nella cultura barese attraverso lo stesso vernacolo colorito ed espressivo. Nel 2009, con lo stesso Editore ha pubblicato “Nu trène spèciàle”, il cui titolo, ripreso da una sua lirica, è stata premiata dalla giuria del “Premio Internazionale di poesia e narrativa - Città di Bitetto” - edizione 2008-09”.

Nel 2011 pubblica “Stàdeme a sendì, ce avìte piacère” (WIP), nel quale il poeta propone trenta poesie in dialetto con testo italiano a fronte (alcune già pubblicate in precedenza), per la delizia dei cultori della lingua barese. Tra le novità il “Cantico delle creature” di San Francesco, una poesia dedicata alla Madonna, un’altra al Santo Rosario, ecc., che testimoniano la profonda religiosità dell’autore.

Ettore De Nobili, nel 2014, quasi novantaquattrenne, è sempre sulla breccia pubblica un libro autobiografico “Il mio Novecento” (WIP), nel quale fa emergere dai suoi ricordi, fatti, pensieri e riflessioni della sua lunga e attiva vita di docente e, con l’aiuto della prof.ssa Anna Argentieri, che firma la presentazione, ha collaborato a ricercare nel cassetto dei ricordi fatti, storie e curiosità del passato. Egli ci parla anche degli affetti più cari, dei genitori, della moglie, della sua vita di maestro, il tutto ‘condito’ con alcune poesie in dialetto barese.

Vincenzo Longobardi, geriatra, nella sua presentazione al libro “Stàdeme a sendì, ce avìte piacère” esprime alcune sue considerazioni sul poeta: «Ettore De Nobili è antropologicamente ed esistenzialmente poeta: il suo essere uomo e poeta sono inscindibili perché tutta la sua vita, messaggio di amore e di bellezza, è poesia. Perciò Ettore, nel traguardo dei suoi novant’anni, è sempre giovane e conserva la nobiltà dei suoi sentimenti: non per nulla si chiama De Nobili».

Per questi ed altri motivi Ettore De Nobili, oltre a meritare un posto tra i Baresi Doc, meriterebbe da parte del Comune di Bari l’intestazione di una strada, così come ha fatto per altri illustri baresi che hanno divulgato la nostra prima lingua.

E, per l’attualità, riporto una poesia di De Nobili, dedicata alla Pace.

La Pace

La megghia cose ca nu sciame acchianne

ié de cambà senza péne e affanne,

che la salute e la chescienze a poste

come dicìme iìnd’o “Padrennoste”.

Velìme po’ na cose assà prezziose,

na cosa citta-citte e senza iòse:

u nome sù pot’iesse pure astratte,

ma iè congréte iìnd’ad ogn’e ffatte.

Se chiame “PACE” cusse nome sande

ca u munne perde, purtroppe, ognettande.

La pace iè u bbene pe tutta la ggende

ca cambe sparse ad ogne condenende.

Oh, quand’ié belle sta’ in pace che tutte,

percé la pace de l’Amore iè u frutte!

La vera pace l’acchiame iìnd’o core

fra attane e mamme, figghie, frate e sore.

Pure o’ frastìere ca nnanze nge véne

dame u salute: “A tè, PACE e BENE!”.

 

Bari 5 marzo 1998


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