Libri: presentato a Bari 'I giorni più bui' di Giovanni Albano
BARI - Nella sala delle conferenze del Resort L’Elisir, La Madonnina Life & Care, presieduta dal Dottor Alberto Nerini si è svolto un incontro estremamente interessante perché ancora una volta sembra necessario riflettere su quanto accaduto durante la pandemia causata da Covid-19.
Siamo ancora agli inizi di un nuovo anno lavorativo e ancora il Covid 19 angoscia la nostra vita, la mente, i ricordi del nostro cuore.
A parlarcene è stato un oratore di eccezione il professor Giovanni Albano, direttore del Servizio di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Giovanni Albano e’ stato veramente in trincea e dunque in prima linea per l’accoglienza di tutti quei pazienti che giungevano con l’infezione procurata da Covid-19: una malattia che allora non si conosceva e che dunque è stata vissuta davvero come un nemico con cui combattere in guerra.
Il libro dal titolo “I giorni più bui” edito da Piemme edizioni si sviluppa e si svolge in forma dialogica tra il professor Albano e un paziente di nome Giorgio. Il Covid 19 visto, dunque, da due prospettive diverse: medico e paziente tra i quali si stabilisce un’alleanza terapeutica forte ma con giusta distanza per facilitare la possibilità di uscire dal tunnel di questa malattia. Si noti che si parla spesso di Covid al maschile (il Covid) e non già di malattia. Dunque metafora di una egemonia assoluta di questo sconosciuto nemico.
Quanto dolore hanno sentito i sanitari nel dover necessariamente intubare, spesso perdere i pazienti o farli trasferire in altri ospedali perché l’ ospedale di Bergamo aveva raggiunto la massima capienza possibile. Sono stati giorni e notti di angoscia per tutti ma ciò che dalla conversazione, per quanto mi riguarda, è stato posto in evidenza è stato il ritrovare la vera identità di medico forse in parte smarrita dietro le macchine (tac, pet , risonanze, robot...) che sono opportuni ausili ma che certo non devono e non possono sostituire lo sguardo del medico.
Il paziente necessita di essere visto e toccato dal medico, necessita di una comunicazione sana in modo che non si possa creare quello stato di choc che tante volte non aiuta il paziente a guarire rimuovendo quella essenziale compliance che si dovrebbe stabilire tra il paziente e le varie figure sanitarie .
Dopo i saluti e la presentazione da parte del dottor Nerini è intervenuto il professor Filippo Maria Boscia presidente nazionale dell’Associazione Italiana Medici Cattolici che ha affermato: “ il volume “I giorni più bui” è opera di grande testimonianze, strumento che apre alla solidarietà, alla sussidiarietà e all’amore per far incontrare vite che si incrociano in un mare di drammi di sentimenti e di gioie.” Forse – afferma il professor Boscia- possiamo affrontare meglio le frontiere delle disuguaglianze dopo aver letto questo libro, forse riusciamo ancor più ad essere accanto a quella carovana umana che va avanti ora che abbiamo perso l’arroganza di chi si sente superiore e perciò agisce da potente o da aggressivo. Forse possiamo riscrivere una nuova giustizia sociale che non tralasci il rispetto che si deve ai più deboli e ai più bisognosi.”
La dottoressa Dafne Pisani della Rianimazione del Policlinico di Bari ha letto alcuni brani significativi. Ma mi piace riportare qui di seguito quanto da me colto con grande emozione.
Gianni: ”Dopo cena, quando torno in albergo con mia moglie i nostri amici, desideroso di capire se la zona rossa di Codogno sarà la nostra salvezza o l’inizio della nostra fine, nel chiedere le chiavi della camera mi sembra di notare che il sorriso della receptionist non sia più lo stesso di poche ore prima. E’ iniziato il disagio che sconfina nel delirio persecutorio che avvolge l’untore. Siamo italiani e ci sentiamo già la peste addosso.“
Giorgio, paziente Covid: “Mi chiamo Giorgio e ho quarantaquattro anni. Sono qui in questo posto che non è come me lo immaginavo. È aperto, pieno di luce. Le persone sono molto premurose, mi guardano e parlano con gentilezza. Mi chiamano per nome, mi danno del tu e scandiscono le parole, lentamente. Certe volte vorrei dirgli che non sono stupido, che non c’è bisogno di parlare così piano. E vorrei che mi spiegassero in fretta. Vorrei che tutto scorresse più in fretta, invece è così tremendamente lento e a volte è doloroso, e non mi interessa il punto di arrivo, ho soltanto bisogno di arrivarci prima possibile.“
L‘incontro è stato condotto dalla nota poetessa e psicologa/psicoterapeuta Santa Fizzarotti Selvaggi in dialogo con l’autore, visibilmente toccato e commosso nei sentimenti e nel cuore, mentre affermava che in realtà l’esperienza del Covid 19 è stata, insieme alla tragedia, anche una opportunità per ritrovare se stessi nella propria identità di medico e di persona. Ed è di questo che bisogna davvero cominciare a parlare.