Messalina sul lettino di Freud

FRANCESCO GRECO - “Tu mi vendi al più squallido dei vivi…”. Orfana a tre anni di un padre (Valerio Messallo) molto amato, data in sposa dalla famiglia ambiziosa (il patrigno Fausto Cornelio Silla più della madre Domizia) poco più che bambina a un uomo, Claudio (zio di Caligola il folle che si credeva Giove, e farà una brutta fine), che ha tre volte la sua età e un corpo in senescenza.

“Gli sguardi su di lei di maschi ben vestiti e libidinosi la facevano sentire sporca”.

Carattere deciso, indole ribelle, intelligente, cosa restava alla donna più bella di Roma per affermare la sua personalità e dignità di donna ferita, calpestata, se non la trasgressione?

“Sentì le gote umide, le asciugò dal sudore con il dorso di una mano, ma non era sudore, erano lacrime”.

Nasce su questi postulati la leggenda nera alimentata da un approccio che nega alla donna l’esclusiva del proprio corpo e quando per reazione cerca di affermarla, finisce con l’essere letta da un’angolazione morale, la più facile, ma anche la più deviante.

“A Messalina lacrime di sorpresa e di paura bagnavano il sorriso…”.

In una narrazione posticcia, densa dei sortilegi che il cristianesimo, per paura della sua pregnanza prometeica, ha sparso sul corpo femminile (streghe, roghi), è caduto anche il femminismo più radicale, che non ha intravisto nella principessa una militante ante litteram in lotta per il diritto all’autodeterminazione.

L’odio di genere ha fatto il resto, e l’icona è bell’e servita, non c’è bisogno di ulteriori scansioni.

“Sentì che il potere la eccitava, più di qualunque altra cosa…”.

A riscattare l’imperatrice dal fango millenario, il delizioso, godibilissimo romanzo storico di Antonella Prenner “Il canto di Messalina” (Le hanno rubato l’amore e la giovinezza. Lei ha rubato l’anima a Roma), Rizzoli Editore, Milano 2022, pp. 448, € 16,50 (collana “Historiae”).

Insegnante di Storia Latina alla Federico II di Napoli, la storica maneggia la materia con grande disinvoltura, tenendosi alla larga dai pregiudizi e i luoghi comuni sedimentati nell’immaginario collettivo. Messalina come topos è più ricco, polisemico di quanto sinora è stato narrato, ridotto a unicum, con un background esiguo.

Come se di stendesse sul lettino dell’analista. “L’ovale perfetto, l’armonia dei lineamenti, i contrasti del colorito niveo e delicatamente rosato con gli occhi e i capelli scurissimi, la proporzione delle forme… ”, è una ragazza spietatamente sincera prima con se stessa, poi con la Roma corrotta e malata che gli vaga intorno e che non capisce il suo dramma, fatta eccezione per la matrona Arria che sta elaborando i suoi lutti.

Prenner sà della complessità del personaggio, dà il giusto peso a ogni aggettanza psicologica e password sociologica. Gli snodi della biografia di una vita breve li legge come un prisma.

D’altronde, sfatta l’etica formalmente ripristinata da Ottaviano nell’età dell’oro, l’Urbe brulica di lupi famelici ben travestiti da agnelli. Claudio, per dire, pur “saggio, colto, equilibrato”, illuminato, diremmo noi, con dei progetti di grandezza per Roma, ordina di uccidere Cassio Cherea che ingenuamente gli ha spianato la via al potere e, pur zoppo e balbuziente, “eredita” da Caligola la sua amante, la figlia di Callisto, liberto ricchissimo: l’ascensore sociale era più attivo in quella Roma infida che oggi, con la nostra civiltà che sta morendo di asfissia per l’avidità dei garantiti che si fanno rete ed escludono chi non è della casta e non canta nel mainstrean.

“Significa che Roma ha fallito, l’eternità che gli dèi hanno deciso era una bugia…”. Infatti l’ombra del complotto si allunga anche su Claudio ben attento a quello che mangia e alle troppe deferenze intorno.

Ne esce un romanzo appassionante, di rara bellezza (alla maniera di Christian Jacq e Madeleine Miller), che rende giustizia e ridefinisce un mito, che scruta la donna e il potere (c’è anche Seneca come istitutore di Nerone). Lo stile della Prenner è evocativo: par di vedere le acconciature barocche delle matrone e sentire l’afrore dei rendèz-vous erotici. Civites religiosi e pii, quasi bigotti: feste, processioni, sacrifici. E superstizioni strutturali: Claudio sta sacrificando e un po’ di sangue della candida pecora gli schizza addosso: brutto segno… Infatti!