Bari, con Lector Incontri e la Fondazione Di Vagno una mattinata di approfondimento sul dopo voto


BARI - Paura, astensionismo, sfiducia nel Governo, volatilità del voto soprattutto al Sud. Nel giorno del giuramento del nuovo Governo a guida Giorgia Meloni, a Bari nella Sala consiliare di Palazzo di Città, in un evento organizzato dalla Fondazione Di Vagno nell’ambito di Lector Incontri, si è parlato dei cambiamenti della politica degli ultimi decenni e della stabilizzazione del sistema politico. Una discussione necessaria per capire cosa è successo e per gestire quello che succederà.

“Dopo il voto, quale futuro per la politica?” è il titolo dell’evento che ha visto la partecipazione di Daniela Mazzucca presidente della Fondazione "Giuseppe Di Vagno (1889-1921)", di Nando Pagnoncelli presidente dell’Istituto di sondaggi IPSOS che in collegamento ha tenuto un intervento sui numeri del voto, di Piero Ignazi politologo dell’Università di Bologna. A seguire la tavola rotonda, condotta dal giornalista e consigliere della Fondazione Di Vagno Luigi Quaranta, con l'editorialista de Il Corriere del Mezzogiorno Maddalena Tulanti, Michael Braun corrispondente della Tageszeitung e consigliere scientifico della Friedrich-Ebert-Stiftung Italia, Nicola Colaianni già magistrato della Suprema Corte di Cassazione ed editorialista Repubblica Bari, Michele De Feudis giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno e Claudio Scamardella giornalista, già direttore de Il Nuovo Quotidiano di Puglia.

"Il risultato di queste elezioni – ha dichiarato la presidente della Fondazione Di Vagno, Daniela Mazzucca - mi ha allarmato molto più per il livello altissimo dell’assenteismo che per la modalità di espressione del voto che è sempre e comunque un esercizio democratico da rispettare. La lontananza dei cittadini dalle urne, la totale sfiducia verso la Politica, verso i Partiti, le Istituzioni che talvolta si trasforma in dileggio, se non addirittura in rancore è, a mio parere, davvero pericolosa in sé, ma anche difficile da recuperare solo con congressi anticipati o tardive assemblee partecipate. Tra l’altro non è neanche un fenomeno dell’ultimo periodo ma un distacco lento, uno scollamento che viene da lontano aggravato poi dalle situazioni di contesto degli ultimi due anni, l’epidemia la guerra e la povertà che affligge sempre più un gran numero di persone. Credo che bisognerebbe partire dai valori, dagli ideali piuttosto che dai numeri, tessere, dalle alleanze o persone. Sento parlare di riformare la sinistra e mi viene in mente un concetto di quaranta anni fa esatti che altro non è se non l’alleanza tra il merito e il bisogno. Le donne e gli uomini di merito, di talento, di capacità – ha concluso Daniela Mazzucca - sono le persone utili a sé e utili agli altri, coloro che fanno crescere e progredire una comunità o l’intera società con il loro lavoro, con la loro immaginazione, con la loro creatività, con la conoscenza e la cultura: sono coloro che possono agire. Le donne e gli uomini immersi nel bisogno, travolti dalle disuguaglianze, sono le persone che non sono poste in grado di essere utili a sé e agli altri, coloro che sono emarginati o dal lavoro o dalla conoscenza o dagli affetti o dalla salute: sono coloro che dovrebbero agire. Se uniamo il merito e il bisogno, il riformismo moderno può produrre una svolta per questi orribili tempi e probabilmente può mettere in moto un reale cambiamento che è quello invocato dai cittadini".

Un’analisi sullo stato del Paese è stata fatta da Nando Pagnoncelli che, partendo da dati raccolti su circa 17mila intervistati e intervistate, ha parlato della campagna elettorale e degli argomenti che hanno influito sulla campagna elettorale dal covid alla guerra, dei problemi che per gli italiani sono al primo posto quali occupazione ed economia. Due le cose certe: il Paese si divide quando si parla di fiducia nelle Istituzioni e si è lasciato alle spalle il clima positivo che ha contraddistinto il 2021.

"Il comportamento elettorale al Sud – ha detto il politologo Piero Ignazi – è sempre stato molto più volatile rispetto al nord sin dagli anni ‘50. Di elezione in elezione qui al Mezzogiorno si cambiava e si sceglieva un altro partito. Comportamento volatile, ma con radici profonde che potevano essere riattivate individuando candidati leader più che mettendo a fuoco i temi anche perché oggi c’è una certa sconnessione tra la proposta della politica e la richiesta da parte del pubblico".

La tavola rotonda, condotta dal giornalista Luigi Quaranta, ha posto al centro sin da subito la maggioranza e la squadra dei Ministri e delle Ministre: "Il Mezzogiorno esce dal voto molto più debole di prima e anche alla luce del governo formato oggi io non credo sia importante il luogo di nascita dei ministri - ha sostenuto Claudio Scamardella – Il Sud sarebbe uscito debole dal voto anche in caso di esito diverso. Quella che noi viviamo da almeno 30/35 anni a questa parte è una egemonia del blocco sociale e politico settentrionale. Nulla sarebbe cambiato. C’è fluttuazione del voto e le fascinazioni per le leadership; ricordo Renzi, Salvini e poi i 5S. Il Sud non ha un blocco politico di riferimento e che impone nell’agenda nazionale il bene del Sud. In questi ultimi decenni il Sud ha inseguito l’agenda del Nord".

"I dati delle ultime tornate elettorali – ha affermato Michele De Feudis, giornalista de la Gazzetta del Mezzogiorno – che raccontano di uomini e donne allevati nella frangia giovanile del centrodestra, ci dicono che le scuole di formazione politica che potevano essere la FIGC per il Partito Comunista o il Fronte della Gioventù, tutta la rete di formazione cattolica, hanno avuto un senso in questo Paese e forse è l’occasione di riabilitarle".

"Riprendendo il tema della transizione o della stabilizzazione – ha dichiarato Nicola Colaianni, editorialista di repubblica Bari, già magistrato della Suprema Corte di Cassazione - io credo che questa vittoria del centrodestra, e quindi questo governo di centrodestra, può determinare sul piano istituzionale una transizione all’indietro. Non ci si rende conto della complessità del problema di una riforma istituzionale. La parola che si usa è presidenzialismo, ma quale presidenzialismo non è scritto. Questa vaghezza secondo me è legata alla volontà di incoraggiare una tendenza alla decostituzionalizzazione. Una tendenza a fare a meno della Costituzione come legge superiore a cui uniformare tutta la legislazione, e quindi come bussola di orientamento ella complessità sociale. Tenersi le mani libere accarezzando la pancia dei cittadini: legiferiamo secondo i sondaggi". 

"Probabilmente c’è più preoccupazione in Germania che in Italia – ha sostenuto Michael Braun corrispondente della Tageszeitung e consigliere scientifico della Friedrich-Ebert- Stiftung Italia – Le preoccupazioni sono meno legate al passato di Giorgia Meloni e più legate al presente. Questo vale per lei e anche per Matteo Salvini. Il comune sentire degli italiani si basa sul tipo di linguaggio che usano. Il concetto di sostituzione etnica, ad esempio, faceva parte del linguaggio di Fratelli d'Italia".

"La politica è come il clima – ha sostenuto Maddalena Tulanti, editorialista del Corriere del Mezzogiorno – siamo partiti dai numeri che danno una lettura della realtà diversa dal percepito. Il M5S in Puglia sembra vincitore ma ha perso il 16,5%; il PD risulta essere il grande perdente e invece qui ha preso il 3% in più. La nostra è una Regione laboratorio che tra le altre cose ha visto il boom delle liste civiche, quelle in cui democrazia e cittadinanza vanno a braccetto. Bisognerebbe prendere ciò che di buono c’è nelle liste civiche e nella voglia di fare di chi le compone".

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