MILANO - “Resta quel che resta” è il nuovo romanzo di Katia Tenti, che si concentra sul tema dell’identità dei popoli e sull’integrazione, talvolta impossibile. Ambientato subito dopo la fine della Grande Guerra, racconta la difficile transizione dell’Alto Adige/Südtirol da tedesco a italiano, con tanti che si trasferirono in quelle aree a caccia di fortuna e di una vita più decorosa. Anni in cui è ancora fortemente sentito il concetto di “patria”: ed è proprio di questo che tratta il libro, raccontando in stile picaresco, le vicissitudini di queste famiglie, che lottano per i propri diritti in una terra ostile, superando, insieme, qualsiasi ostilità. Anche sui banchi di scuola si tende a studiare poco quei momenti in cui gli italiani, orgogliosi di esserlo, per mantenere la loro identità, combattevano per la loro indipendenza, una parola che affascina ma che nel contempo fa anche paura perché implica coraggio, determinazione e grande maturità.
Oggi che non sappiamo che cosa significhi l'amore per la propria patria e per la propria terra, per i propri usi e per i propri costumi. Non conosciamo talora nemmeno le sue bellezze e le sue grandezze e andiamo a cercare altrove quello che potremmo avere vicino a noi. Eppure quel desiderio di emergere e di annullare le ostilità, talora decisamente forti, che molti uomini e molte donne hanno vissuto sulla loro pelle, a volte li/le riconosciamo nelle nostre vite quando decidiamo di immigrare in un altro Paese o in un'altra regione diversa da quella dove siamo nati e cresciuti. Ma questo non ci deve comunque mai e poi privare di quell'amore che è ancora in potenza dentro di noi, nascosto dentro il nostro cuore, e ancor più nella nostra anima, che è quello per la patria che non deve emergere solo quando la nazionale di calcio vince un mondiale o un europeo di calcio o di altre discipline sportive, bensì deve esserci sempre e non essere nascosto- metaforicamente parlando- in un angolo nascosto dei nostri pensieri. E “Resta quel che resta” con il suo racconto, dipanato nel corso del tempo, ci aiuta a comprenderlo meglio, non senza aver versato qualche lacrima, ricca di dolore e di sentita amarezza per quel che è stato senza che molti di noi siano riusciti davvero a rendersene conto.
Sinossi
Siamo a Bolzano negli Anni Venti dello scorso secolo. In quel periodo il Sudtirolo era italiano dalla fine della Grande guerra, ma lo era solo sulla carta dal momento che, dati alla mano, la popolazione tedesca era la maggioranza. Il regime fascista intraprese una poderosa campagna di italianizzazione, spingendo- in maniera poco ortodossa- sia gli operai che contadini a cercar fortuna al Nord, nelle terre appena conquistate, promettendo loro sia dignità che benessere. Ad accomunare le famiglie che si trasferirono come i Marchetti che sono originari di Vicenza e fascisti doc e i Ceccarini, le cui origini trovavano spazio in Maremma e che erano più diffidenti nei confronti del Regime, era sostanzialmente una cosa sola: il desiderio, decisamente forte, per certi versi accecante, di emergere e di farsi sempre più strada, in ogni maniera possibile e immaginabile. E poi- a dirla tutta- nemmeno i tedeschi credevano nella pacifica convivenza. Uno fra questi è stato Erwin Egger, un mite commerciante gravato dal fardello di un figlio affetto da una misteriosa infermità mentale. Gli altri, primo tra tutti il medico Alfred Gasser, nascondevano pericolosamente dietro una facciata di moderazione una feroce smania di rivalsa contro l’oppressione fascista. Ed è su queste basi che si poggia il romanzo e tutti i fatti, decisamente numerosi, che si legheranno in maniera forte e indissolubile proprio le famiglie Gasser, Marchetti, Ceccarini, Egger e Ranieri che impareremo a conoscere un poco alla volta tra le pagine. Si fa un balzo, a livello di trama, negli anni ’40: la guerra è già iniziata ma non nel nostro Paese. In quel momento le bimbe, appena nata, due gemelline, di Alfred Gasser, sono state rapite: è stato il giardiniere italiano della famiglia a compiere il terribile atto! Si tratta di un certo Sante Marchetti, da tempo affetto da una gravissima malattia psichica: egli ne uccide una ma, con l'aiuto dei suoi cari, che hanno voluto proteggerlo dal massacro, è riuscito a nascondere il corpicino e a passarla liscia. Ma, finita la guerra, ecco che nuovi dolori affioreranno in superficie e che la verità comincia a venire pericolosamente e inevitabilmente “a galla”.
Katia Tenti è nata e vive a Bolzano. Si è laureata in sociologia a Trento e per anni si è dedicata all'approfondimento dei fenomeni di devianza sociale. Da sempre si occupa di cultura, di teatro e di arte contemporanea. È autrice di diversi format culturali di musica, di teatro, di arte e di letteratura dedicati ai giovani talenti. I suoi romanzi sono ambientati in Alto Adige, sua terra di origine - caratterizzata da forti contraddizioni sociali, culturali e etniche - per la quale nutre un sentimento di attaccamento profondo. Per Marsilio Editori ha pubblicato Ovunque tu vada (2014) e Nessuno muore in sogno (2017). Per Piemme ha invece dato alle stampe Resta quel che resta (2022).