C.S. - “Pure u prèvete sbagglie a ddisce la Messe” (persino
il prete sbaglia nel dire la Messa) eppure egli celebra tutti i
giorni e, inoltre, buona parte della celebrazione è “fissa”, cioè
ripetitiva. L’errore ovvero il diavoletto è sempre dietro
l’angolo.
Diavoletto che può intrufolarsi anche nei laboratori medici e di ricerca. Ma guai a non evidenziarlo, prevederlo, evitarlo pur se si tratta di difficoltà notevoli derivanti dalle infinitesime dimensioni del materiale da esaminare e dalle molteplicità e complicanza di tecniche, apparecchiature, reagenti, reattivi, ecc. nonché al numero notevole di esami da eseguire in tempi il più breve possibile. Qui non si adatta né giustifica il detto “errare…” e, tanto meno, il “… conferma la regola”.
A Bari, il problema è stato proposto, esaminato e scandagliato per ricercare il miglior modo di prevenire, evitare, rilevare in tempi reali la eventuale falla. Lo si è dibattuto nelle relazioni in apertura dei lavori, tenuti in un gremito Teatro Petruzzelli, del Congresso nazionale della “Società per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale” (presidenti del Congresso dr. Rita Fischietto e della Società, prof. Andrea Pession).
La prof. Marta Camilot (univ. Verona) ha indicato come mettersi sul chi va là e predisporre una griglia salva-errori e, quindi, suggerito le modalità pratiche di venirne a capo ancor prima di iniziare o durante la procedura oppure al suo termine e prima di validare il risultato.
Un impegno non semplice né facile in un laboratorio, come, per esempio, quello che - ci dice la direttrice dott. Simona Simonetti che, insieme alla prof. Margherita Ruoppolo (univ. Napoli), presiedeva la sessione inaugurale - deve eseguire lo screening per 40 possibili malattie su una goccia di sangue di tutti i nati in Puglia (circa 400mila nati per anno) e, cioè 16 milioni di esami per anno, 44mila circa al giorno. Le incognite, cui il laboratorista va incontro e dalle quali egli dovrà preservare il sistema generale e di ognuno di quel notevole numero di risultati cui si chiedono, “pretendono” risultati esatti, risposte di assoluta certezza con un margine previsto di errore. Quest’ultimo va gestito con metodica e pratica attraverso “indicatori di qualità”, studiati e previsti.
Prove e riprove, calcoli e ricalcoli sono all’ordine del giorno. Falsi positivi, spostamento del risultato atteso, risultati “inattesi”, informazioni inaspettate sono reperti, riscontri accidentali, informazioni casuali e non previste possono emergere nel contesto dell’esame che l’operatore deve saper governare mentre sale l’ansia e, a volte, anche possibili conflitti bioetici, mentre si affacciano nuovi screening che faranno cadere dubbi e danni di malattie, finora “orfane” di possibile diagnosi e terapia (prof. Giancarlo la Marca, univ. Firenze).
Da introdurre anche lo studio sistematico delle uniche impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari e, nello specifico, lo studio dei loro profili metabolici a molecole piccole ovvero le applicazioni pratiche future della incombente “metabolomica” (prof. Giuseppe Giordano, Padova).
Esami sempre più sofisticati e determinanti per la diagnosi. Ed allora, si è chiesto il prof. Nicola Laforgia - direttore di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale c/o A. O. Policlinico di Bari - quale sia, oggi, il ruolo del neonatologo? Prezioso esso diventa nel richiedere, indicare, “leggere”, valutare ed applicare i risultati al singolo soggetto, comprendere eventuali discordanze, richiedere ripetizioni o nuovi esami, orientare il trattamento.
Si tratta di impegno congiunto di una comunità di lavoro ed impegno che è stato all’origine della scommessa di raggiungere anche malattie rare imputate del disordine determinato all’equilibrio organico, al metabolismo, all’evidenza o contraddizione genetica e per la loro minima distribuzione tra la popolazione infante o, addirittura, ancora intrauterina.
Una premessa importante per realizzare l’auspicata “medicina di precisione”.
Il Congresso, che si concluderà l’11 novembre, affronta temi di pressante attualità, di grande interesse scientifico e pratico intorno a malattie, spesso “nuove”, contro ingiustificabili attendismi e ritardi motivati da difficoltà economiche.
Il presidente prof. Pession, a nome del Consiglio direttivo della Società, ha premiato, con la nomina prestigiosa a “Socio onorario” il prof. Franco Carnevale, già direttore dell’UO di malattie metaboliche del Giovanni XXIII di Bari, cui si devono innovativi contributi scientifici di rilevante interesse anche pratico e che ha portato avanti una “battaglia” che ha consentito alla Puglia (grazie al rilevante impegno del presidente regionale Michele Emiliano) di essere tra le Regioni di avanguardia nell’istituzione del servizio screening neonatale (dott. Simonetti) e genetico (dott. Mattia Gentile).
Diavoletto che può intrufolarsi anche nei laboratori medici e di ricerca. Ma guai a non evidenziarlo, prevederlo, evitarlo pur se si tratta di difficoltà notevoli derivanti dalle infinitesime dimensioni del materiale da esaminare e dalle molteplicità e complicanza di tecniche, apparecchiature, reagenti, reattivi, ecc. nonché al numero notevole di esami da eseguire in tempi il più breve possibile. Qui non si adatta né giustifica il detto “errare…” e, tanto meno, il “… conferma la regola”.
A Bari, il problema è stato proposto, esaminato e scandagliato per ricercare il miglior modo di prevenire, evitare, rilevare in tempi reali la eventuale falla. Lo si è dibattuto nelle relazioni in apertura dei lavori, tenuti in un gremito Teatro Petruzzelli, del Congresso nazionale della “Società per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale” (presidenti del Congresso dr. Rita Fischietto e della Società, prof. Andrea Pession).
La prof. Marta Camilot (univ. Verona) ha indicato come mettersi sul chi va là e predisporre una griglia salva-errori e, quindi, suggerito le modalità pratiche di venirne a capo ancor prima di iniziare o durante la procedura oppure al suo termine e prima di validare il risultato.
Un impegno non semplice né facile in un laboratorio, come, per esempio, quello che - ci dice la direttrice dott. Simona Simonetti che, insieme alla prof. Margherita Ruoppolo (univ. Napoli), presiedeva la sessione inaugurale - deve eseguire lo screening per 40 possibili malattie su una goccia di sangue di tutti i nati in Puglia (circa 400mila nati per anno) e, cioè 16 milioni di esami per anno, 44mila circa al giorno. Le incognite, cui il laboratorista va incontro e dalle quali egli dovrà preservare il sistema generale e di ognuno di quel notevole numero di risultati cui si chiedono, “pretendono” risultati esatti, risposte di assoluta certezza con un margine previsto di errore. Quest’ultimo va gestito con metodica e pratica attraverso “indicatori di qualità”, studiati e previsti.
Prove e riprove, calcoli e ricalcoli sono all’ordine del giorno. Falsi positivi, spostamento del risultato atteso, risultati “inattesi”, informazioni inaspettate sono reperti, riscontri accidentali, informazioni casuali e non previste possono emergere nel contesto dell’esame che l’operatore deve saper governare mentre sale l’ansia e, a volte, anche possibili conflitti bioetici, mentre si affacciano nuovi screening che faranno cadere dubbi e danni di malattie, finora “orfane” di possibile diagnosi e terapia (prof. Giancarlo la Marca, univ. Firenze).
Da introdurre anche lo studio sistematico delle uniche impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari e, nello specifico, lo studio dei loro profili metabolici a molecole piccole ovvero le applicazioni pratiche future della incombente “metabolomica” (prof. Giuseppe Giordano, Padova).
Esami sempre più sofisticati e determinanti per la diagnosi. Ed allora, si è chiesto il prof. Nicola Laforgia - direttore di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale c/o A. O. Policlinico di Bari - quale sia, oggi, il ruolo del neonatologo? Prezioso esso diventa nel richiedere, indicare, “leggere”, valutare ed applicare i risultati al singolo soggetto, comprendere eventuali discordanze, richiedere ripetizioni o nuovi esami, orientare il trattamento.
Si tratta di impegno congiunto di una comunità di lavoro ed impegno che è stato all’origine della scommessa di raggiungere anche malattie rare imputate del disordine determinato all’equilibrio organico, al metabolismo, all’evidenza o contraddizione genetica e per la loro minima distribuzione tra la popolazione infante o, addirittura, ancora intrauterina.
Una premessa importante per realizzare l’auspicata “medicina di precisione”.
Il Congresso, che si concluderà l’11 novembre, affronta temi di pressante attualità, di grande interesse scientifico e pratico intorno a malattie, spesso “nuove”, contro ingiustificabili attendismi e ritardi motivati da difficoltà economiche.
Il presidente prof. Pession, a nome del Consiglio direttivo della Società, ha premiato, con la nomina prestigiosa a “Socio onorario” il prof. Franco Carnevale, già direttore dell’UO di malattie metaboliche del Giovanni XXIII di Bari, cui si devono innovativi contributi scientifici di rilevante interesse anche pratico e che ha portato avanti una “battaglia” che ha consentito alla Puglia (grazie al rilevante impegno del presidente regionale Michele Emiliano) di essere tra le Regioni di avanguardia nell’istituzione del servizio screening neonatale (dott. Simonetti) e genetico (dott. Mattia Gentile).