VITTORIO POLITO - San Nicola non è un protettore come gli altri: non è solo un genio tutelare religioso, ma il Patrono civile di Bari, ed i modi con cui onorarlo sono tanti: religiosi, simbolici e pratici. Egli è assertore e difensore del sentimento cittadino e chi trova nel suo culto una semplice forma di superstizione o di fanatismo dimostra di non conoscere l’anima storica della sua città.
Il 6 dicembre, com’è noto, si celebra San Nicola, la più importante ricorrenza per i baresi. Infatti, dall’alba la città si affolla di devoti e curiosi che si recano alla Basilica per assistere alle Sante Messe che, per l’occasione, si celebrano numerose e si concludono con la solenne cerimonia presieduta solitamente dall’Arcivescovo di Bari. Moltissime anche le giovani in cerca del loro principe azzurro che, nel solco della tradizione nicolaiana, che vede il Santo attento alla sorte delle fanciulle, la Basilica dona per l’occasione la dote maritale ad alcune ragazze povere della città vecchia.
Il 1° novembre del 1630 fu nominata Santa Teresa protettrice di Bari e l’atto ufficiale fu stipulato nell’ambito dell’Università (il Comune dell’epoca), mentre il giorno dopo, i due sindaci della città, Ferdinando Dottula e Giovanni de Baldis, s’accorsero di aver commesso un grosso errore: l’inversione dell’ordine gerarchico, facendo passare in second’ordine San Nicola e, con affannosa corsa, procedettero, pur infrangendo le regole del protocollo, a correggere il tabellione municipale (una sorta di registro sul quale si scrivevano gli atti pubblici). Con una nota a margine dell’atto, nella quale si legge tra l’altro “…il gloriosissimo Santo, quale non solo Padre e Padrone di questa città, ma ancora di tutta la Provincia, che perciò si chiama la Provincia di San Niccolò…” (A. Perotti, “Bari dei nostri nonni”, Adriatica Editrice, 1975). Il fatto suscitò gran gelosia tra i baresi appartenenti alle due chiese, anche perché era ben noto che il nome del nostro San Nicola è iscritto in testa al volume delle antiche Consuetudini e che la sua effige decorava anche lo stemma urbano di Bari e l’aula del Seggio (sede del magistrato comunale), e poi è arcinoto in qualsiasi latitudine che il nome della città è legato a quello del suo Santo protettore.
I baresi, che conoscevano l’aspetto fisico di San Nicola, coniarono una moneta sulla quale fu impressa l’immagine del Santo. Anche nel manuale pittorico del Monte Athos in Grecia, il nostro protettore è effigiato sulla pietra delle laure basiliane (gruppo di celle scavate nella roccia) e sulle bocce della manna. Il giudice barese, Romualdo, utilizzò un sigillo con la più antica immagine barese del Santo.
Le tre sfere che contrassegnano il Vescovo di Mira, sono in realtà il simbolo delle borse donate a tre ragazze in procinto di essere prostituite e salvate da quel provvidenziale intervento che peraltro pare sia autenticamente avvenuto.
Al di là di curiosità e leggende sta di fatto che Bari, nella sua triplice dimensione di città ecumenica, europea e mediterranea, reca nella sua storia i tratti del sovrapporsi di molteplici civiltà e culture identificando il suo destino in quello di San Nicola, “che ha illuminato il cuore di milioni di fedeli d’Oriente e d’Occidente” (Giovanni Paolo II), quale simbolo di pace e di riconciliazione fra gli uomini e segno di unità nella chiesa. Insomma un Santo universale.
La tradizione cattolica considera i Santi dei modelli a cui il credente si ispira per trovare sostegno nel proprio cammino di fede quotidiano. Non c’è, pertanto, nulla di più universale, di più “cattolico” di un Santo. San Nicola, “il Santo più venerato al mondo”, un Santo che ha legato alla sua figura e al suo culto il destino stesso della nostra città. Per avere una percezione del legame esistente tra Bari e il suo Santo, è necessario compiere una passeggiata nella città vecchia del capoluogo pugliese. Tra i vicoli che si diramano dalla Basilica alla Cattedrale, San Nicola si vede nelle innumerevoli edicole addobbate con cura e devozione, si ascolta nelle espressioni dialettali che lo evocano continuamente, diremmo quasi che se ne sente il profumo misto a quello di lavanda con il quale le donne lavano ‘le chiànghe’ antistanti le loro abitazioni.
Mi piace ricordare che nel 2014 è stato pubblicato, a mia cura, il volume San Nicola, il dialetto barese e…” (Levante) con splendida copertina della nota artista barese Anna Maria Di Terlizzi: San Nicola che cavalca, elegante e sicuro, il galletto barese, fiero e irrequieto come la città che rappresenta. Il testo che si avvale della presentazione di Padre Lorenzo Lorusso, già Priore della Basilica barese che, insieme alla mia introduzione, sono le “porte” che introducono il lettore nel dedalo di vicoli, anfratti, piazzette della città in un susseguirsi di racconti, poemi (una chicca è «La Leggenda di San Nicola di Bari» poema del XVIII secolo riprodotto nella stessa versione dell’originale), preghiere, poesie, testimonianze, documenti, spartiti musicali, fotografie, testi teatrali. Sono riportate poesie e preghiere in italiano, russo, inglese e, soprattutto, dialetto barese, scritte e pubblicate in un arco temporale che copre gli ultimi due secoli della tradizione letteraria della nostra città.
Al termine di questo percorso tra i luoghi più suggestivi e antichi che raccontano il rapporto tra la città e il suo Santo, il lettore si distende, come se sedesse su una panca del lungomare, nella lettura delle curiosità legate alle vicende di San Nicola: l’origine del nome, San Nicola patrono dei ladri, la contesa delle ossa del Santo, il destino dei tre ragazzi salvati dal Santo, il successo della lista “San Nicola” alle elezioni amministrative del 1946, ecc.
Felice Di Maggio, nella sua recensione sul ‘Quotidiano di Bari’, così scriveva: “Non è un’opera dialettale, ma si serve del dialetto come elemento di approfondimento della ricerca. Non è un’opera religiosa, ma conserva sullo sfondo gli elementi essenziali della fede cattolica e della religiosità popolare. Non è un romanzo ma, in fondo, non fa altro che raccontare una storia, la storia della città che amiamo e del suo Santo.