Curiosità sul campanile della Cattedrale di Bari
VITTORIO POLITO - Per campanile si intende una costruzione, sviluppata in altezza, a forma di torre, destinata a sostenere le campane delle chiese. Da qui la denominazione di torre campanaria.
L’altezza serve per facilitare meglio la diffusione del suono, mentre la parte terminale ospita le campane vere e proprie. Per campanilismo si intende, invece, un particolare attaccamento alla propria città o alla propria regione, soprattutto per questioni di idee, rivalità, ecc. Ma questa è un’altra storia.
Nei secoli passati, per salvaguardare la città di Bari da frequenti pericoli esterni, provenienti soprattutto dal mare, numerosi posti di vigilanza furono istituiti lungo la riviera di ponente con la presenta di “sentinellari” e “cavallari”, i quali, in caso di pericolo allarmavano il presidio cittadino e durante la notte accendevano fuochi nei pressi del campanile, da cui si potevano ricevere e trasmettere segnali di pericolo.
Una notte del settembre 1582, mentre venivano scambiati messaggi per l’avvicinarsi di naviglio turco, come scrive Vito Antonio Melchiorre (1922-2010) nel libro “Storie Baresi” (Levante), fu acceso un fuoco sul campanile che si propagò su alcune tavole che sostenevano l’orologio pubblico. L’incendio, presto domato, ma con vivissima preoccupazione dei sindaci Ottaviano Effrem e Cataldo Colaianni per la possibilità del ripetersi dell’incendio, sottoposero la questione al parlamento cittadino, il quale nella seduta del 18 settembre 1582, propose il sistema di accendere fuochi attraverso il montaggio di un lanternone in cima al campanile. Il consiglio dei decurioni si rese costo della validità della proposta e decise l’installazione del nuovo strumento.
Il 10 dicembre 1784 a Bari vi fu un violento tumulto popolare, suscitato dalla notizia che la nobile famiglia de Angelis volesse far demolire l’antico campanile del Duomo che minacciava rovina, nel tentativo di salvare la propria casa ubicata nei pressi della torre campanaria. L’avvenimento ebbe risvolti drammatici. I signori de Angelis, preoccupati delle precarie condizioni della torre, fecero eseguire una perizia dai capi mastri Sigismondo Paterno e Giuseppe Squero, i quali avevano previsto l’imminente pericolo di crollo. In quel giorno mentre il capitolo era riunito nella Trulla per il vespro e per discutere sul reperimento dei fondi, una massa di gente andò ad aggredirli per timore che stessero deliberando la demolizione, ma assicurati del contrario, si recarono ad assalire la dimore dei de Angelis che, oltre ad usare molte villanie, devastarono la loro casa.
Le violenze furono momentaneamente sospese per il coraggioso intervento di tal Domenico Ronchi e con la mediazione del Comandante delle milizie e con la presenza di 15 soldati svizzeri. Il giorno seguente il predetto Comandante, Teodoro Marteau, girò la città leggendo una dichiarazione dei congiunti della famiglia de Angelis, autenticata dal notaio Miolli, con la quale si obbligavano a non caldeggiare la demolizione del campanile, comunicando che la loro intenzione era solo quella di far restaurare la torre campanaria e di contribuire addirittura al finanziamento dell’opera.
Da sottolineare, infine, che il 10 gennaio 1785, la famiglia de Angelis, si trasferì a Trani, per mettere in salvo le loro vite che, dopo questi avvenimenti, a Bari, non erano più sicure.
Nei secoli passati, per salvaguardare la città di Bari da frequenti pericoli esterni, provenienti soprattutto dal mare, numerosi posti di vigilanza furono istituiti lungo la riviera di ponente con la presenta di “sentinellari” e “cavallari”, i quali, in caso di pericolo allarmavano il presidio cittadino e durante la notte accendevano fuochi nei pressi del campanile, da cui si potevano ricevere e trasmettere segnali di pericolo.
Una notte del settembre 1582, mentre venivano scambiati messaggi per l’avvicinarsi di naviglio turco, come scrive Vito Antonio Melchiorre (1922-2010) nel libro “Storie Baresi” (Levante), fu acceso un fuoco sul campanile che si propagò su alcune tavole che sostenevano l’orologio pubblico. L’incendio, presto domato, ma con vivissima preoccupazione dei sindaci Ottaviano Effrem e Cataldo Colaianni per la possibilità del ripetersi dell’incendio, sottoposero la questione al parlamento cittadino, il quale nella seduta del 18 settembre 1582, propose il sistema di accendere fuochi attraverso il montaggio di un lanternone in cima al campanile. Il consiglio dei decurioni si rese costo della validità della proposta e decise l’installazione del nuovo strumento.
Il 10 dicembre 1784 a Bari vi fu un violento tumulto popolare, suscitato dalla notizia che la nobile famiglia de Angelis volesse far demolire l’antico campanile del Duomo che minacciava rovina, nel tentativo di salvare la propria casa ubicata nei pressi della torre campanaria. L’avvenimento ebbe risvolti drammatici. I signori de Angelis, preoccupati delle precarie condizioni della torre, fecero eseguire una perizia dai capi mastri Sigismondo Paterno e Giuseppe Squero, i quali avevano previsto l’imminente pericolo di crollo. In quel giorno mentre il capitolo era riunito nella Trulla per il vespro e per discutere sul reperimento dei fondi, una massa di gente andò ad aggredirli per timore che stessero deliberando la demolizione, ma assicurati del contrario, si recarono ad assalire la dimore dei de Angelis che, oltre ad usare molte villanie, devastarono la loro casa.
Le violenze furono momentaneamente sospese per il coraggioso intervento di tal Domenico Ronchi e con la mediazione del Comandante delle milizie e con la presenza di 15 soldati svizzeri. Il giorno seguente il predetto Comandante, Teodoro Marteau, girò la città leggendo una dichiarazione dei congiunti della famiglia de Angelis, autenticata dal notaio Miolli, con la quale si obbligavano a non caldeggiare la demolizione del campanile, comunicando che la loro intenzione era solo quella di far restaurare la torre campanaria e di contribuire addirittura al finanziamento dell’opera.
Da sottolineare, infine, che il 10 gennaio 1785, la famiglia de Angelis, si trasferì a Trani, per mettere in salvo le loro vite che, dopo questi avvenimenti, a Bari, non erano più sicure.