BARI - L’epilessia ha fatto tappa in Puglia e Basilicata. Stiamo parlando della serie di eventi dal titolo “Persone con epilessia, presa in carico assistenziale” promossi da Motore Sanità - con il contributo incondizionato di Angelini Pharma - nelle varie regioni d’Italia, per capire qual è la situazione delle persone con questa malattia e qual è la loro presa in carico assistenziale nelle varie realtà del nostro Paese.
“Prima di tutto dobbiamo parlare al plurale di epilessie, visto che ne esistono di diversi tipi, che interessano l’1% circa della popolazione Italiana. Percentuale in ulteriore aumento, così come indicano studi americani, con l’aumento della vita media”, chiosa Laura Tassi, Presidente Nazionale LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia). “Dopo i 60 anni esiste infatti un picco che triplica quasi quello infantile e che aumenta ulteriormente dopo i 75 anni d’età. Questo fa dell’epilessia la seconda malattia neurologica nel mondo, ma soprattutto fa di questa malattia una patologia cronica. Significa che la sua risoluzione è estremamente rara. In Italia su 60milioni di abitanti abbiamo a che fare con almeno 720mila pazienti con epilessia. Di questi 432mila hanno l’epilessia focale e 170mila hanno epilessia focale farmaco-resistente. Tra questi migliaia di pazienti potrebbero essere candidati alla terapia chirurgica della loro epilessia. La diagnosi e la terapia devono essere accurate e adattate all’età e al genere. Le fasce più delicate sono quelle che riguardano il neonato, il bambino, l’adolescente, la donna e l’anziano. Non dobbiamo dimenticare l’importanza di utilizzare la terapia corretta nella donna, per lo sviluppo sessuale corretto e per la possibilità di condurre una gravidanza con la maggior sicurezza possibile. I medici che si occupano dell’epilessia sono numerosi, in genere fanno parte della branca neurologica e, teoricamente, dovrebbe essere l’epilettologo a occuparsene. In Lombardia meno del 10% dei pazienti con epilessia viene trattato nei centri specializzati per le diagnosi dell’epilessia. La terapia di questa malattia non è solo farmacologica e neurochirurgica, ma dovrebbe prevedere l’utilizzo di percorsi di cura precoci e condivisi tra i vari specialisti e garantire protezione e sicurezza, una qualità di cura che sia la stessa in tutta Italia e dovrebbe prevedere la maggior integrazione possibile (a scuola, nella famiglia, nella società)”.
Oriano Mecarelli, Past President LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia), ha parlato dell’importanza dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) per la presa in carico dell’epilessia, ricordando che proprio i PDTA sono ritenuti indispensabili dai Piani Nazionali per il Governo delle liste d’attesa, dal Sistema Nazionale di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e dal Piano Nazionale delle Cronicità. “Nel Piano Nazionale della Cronicità, scritto nel 2016, l’epilessia non c’era, ma attualmente è stata avviata una sua revisione che prevede l’inclusione della malattia, che speriamo venga pubblicata entro il 2023 - ha continuato Mecarelli. Il PDTA è uno strumento di governo clinico per la definizione del migliore processo assistenziale, finalizzato a rispondere a specifici bisogni di salute, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili sull’argomento, adattato al contesto locale. Il PDTA prevede una presa in carico multidisciplinare della persona che ha una specifica patologia e questo è importantissimo. Purtroppo, però, il rispetto dei PDTA risulta diversificato tra le varie regioni italiane”.
Per lo sviluppo del PDTA e la presa in carico dell’epilessia, molto importanti sono le figure dei decisori delle aziende e dei decisori regionali, come ha sottolineato Angela La Neve, Dirigente Medico Neurologia presso l’Unità di Emergenza Neurologica-clinica “Amaducci”, Policlinico di Bari. “Sono loro che devono capire quanto sia strategico individuare l’epilessia come una patologia per la sua complessità e per il suo onere economico e sociale e quindi capire le necessità delle risorse (umane, strumentali, per la formazione dei medici, etc). La regione Puglia negli ultimi anni è molto cresciuta nella formazione epilettologica, ma abbiamo bisogno del supporto dei decisori. Il PDTA non c’è in Puglia, perché a noi non interessa un documento di indirizzo. Vogliamo un documento dove ci siano delle ricadute pratiche. Per quasi tutta la nostra regione abbiamo una copertura di centri formatisi sia per l’adulto sia per il bambino, questo significa però che le aziende devono prendere atto della necessità del personale formato ed essere in grado di fare una programmazione del personale formato nel breve e lungo termine”.