BARI - “Taranto vive giorni di grave tensione e preoccupazione sociale. Tocca, ancora una volta, ai lavoratori l’onere di sostenere una battaglia che va ben oltre i confini della fabbrica. La partita, infatti, non riguarda solo la sacrosanta difesa dell’occupazione e la presenza delle aziende dell’indotto. In discussione ci sono: il futuro dell’acciaieria più grande d’Europa, la definizione dei suoi assetti societari, il piano produttivo e occupazionale, il completamento del risanamento ambientale, la decarbonizzazione, le bonifiche, il nuovo sviluppo economico e sociale per Taranto". Così il consigliere regionale Vincenzo Di Gregorio (PD).
"Sono temi strettamente connessi l’uno con l’altro - prosegue Di Gregorio - per i quali occorre una visione di sistema. Queste sono le vere priorità nazionali che il Governo dovrebbe mettere in cima alla sua agenda. L’assenza dei vertici di Acciaierie d’Italia alla riunione convocata dal ministro Urso è il segno, invece, della distanza di un’azienda che pure è finanziata anche con risorse pubbliche dello Stato italiano. Ed a tal proposito è acceso il dibattito sulla nazionalizzazione dell’ex Ilva. Si tratterebbe di un ritorno al passato dopo la privatizzazione del 1995 che consegnò ai Riva il maggior produttore di acciaio tricolore".
"Al di là di ogni decisione futura - spiega -, è evidente che per la componente privata di Adi, cioè Arcelor Mittal, l’ex Ilva sia solo una pedina da controllare sul più ampio scacchiere europeo ed internazionale. Non bisogna mai dimenticare, però, qual è stato il punto di partenza di questa lunga vicenda: l’inchiesta per disastro ambientale di cui a luglio del 2022 ricorre il decennale. Cosa è cambiato in dieci anni? Poco se ancora oggi discutiamo di risanamento ambientale, di piano industriale, di crisi dell’indotto, di cassa integrazione".
I nodi sono ancora lì, tutti da sciogliere. E allora che questo sia un nuovo inizio per una comunità che non vuole più essere l’agnello sacrificale di un interesse nazionale che arricchisce altre aree del Paese. Lo sciopero proclamato dai sindacati sia il primo atto di una nuova stagione di confronto, anche acceso, per far cambiare pelle alla siderurgia italiana come hanno già fatto in altri Paesi d’Europa: acciaio pulito, decarbonizzazione, polo dell’idrogeno, occupazione certa, bonifica e riconversione delle aree non più necessarie a fini produttivi” conclude Di Gregorio.
"Sono temi strettamente connessi l’uno con l’altro - prosegue Di Gregorio - per i quali occorre una visione di sistema. Queste sono le vere priorità nazionali che il Governo dovrebbe mettere in cima alla sua agenda. L’assenza dei vertici di Acciaierie d’Italia alla riunione convocata dal ministro Urso è il segno, invece, della distanza di un’azienda che pure è finanziata anche con risorse pubbliche dello Stato italiano. Ed a tal proposito è acceso il dibattito sulla nazionalizzazione dell’ex Ilva. Si tratterebbe di un ritorno al passato dopo la privatizzazione del 1995 che consegnò ai Riva il maggior produttore di acciaio tricolore".
"Al di là di ogni decisione futura - spiega -, è evidente che per la componente privata di Adi, cioè Arcelor Mittal, l’ex Ilva sia solo una pedina da controllare sul più ampio scacchiere europeo ed internazionale. Non bisogna mai dimenticare, però, qual è stato il punto di partenza di questa lunga vicenda: l’inchiesta per disastro ambientale di cui a luglio del 2022 ricorre il decennale. Cosa è cambiato in dieci anni? Poco se ancora oggi discutiamo di risanamento ambientale, di piano industriale, di crisi dell’indotto, di cassa integrazione".
I nodi sono ancora lì, tutti da sciogliere. E allora che questo sia un nuovo inizio per una comunità che non vuole più essere l’agnello sacrificale di un interesse nazionale che arricchisce altre aree del Paese. Lo sciopero proclamato dai sindacati sia il primo atto di una nuova stagione di confronto, anche acceso, per far cambiare pelle alla siderurgia italiana come hanno già fatto in altri Paesi d’Europa: acciaio pulito, decarbonizzazione, polo dell’idrogeno, occupazione certa, bonifica e riconversione delle aree non più necessarie a fini produttivi” conclude Di Gregorio.