VITTORIO POLITO - Il leone è un mammifero carnivoro di grandi dimensioni, appartenente alla famiglia dei felini, il più grande dopo la tigre. Grazie alla sua grandezza e alla sua forza è considerato il simbolo della fierezza e del coraggio e nei tempi passati il leone incarnava la nobiltà, come si può vedere nei simboli dell’araldica e in tutte quelle rappresentazioni architettoniche nei pressi di Chiese e Basiliche. Non per niente il leone è considerato il re degli animali che, insieme all’aquila, incute rispetto e ammirazione. Il leone, dal portamento maestoso, è l’animale più selvaggio citato nella Bibbia. Solo pochi riuscirono nell’impresa di vincere i leoni. Oltre alla descrizione realistica si aggiunge la valenza simbolica del “ruggito del leone” simbolo di guerra e di violenza.
Nell’antichità, dei ed eroi della mitologia, furono spesso rappresentati come domatori di leoni, per significare la vittoria dello spirito umano sulla natura animale.
Il leone, pur non vivendo nelle nostre latitudini, è ricordato nelle metafore e nelle favole, la cui simbologia ha riempito la tradizione al punto che si dice “ha fatto la parte del leone”. La sua immagine è spesso presente nei “bestiari” sulle facciate degli edifici sacri fra cervi, draghi, pesci, serpenti, ecc. Il re degli animali, è il più raffigurato negli edifici medievali.
Vediamo i proverbi che dicono.
Uno, ma leone, disse la leonessa. Risposta della leonessa alla lepre che le rinfacciava di partorire un solo figlio, mentre lei ne faceva tanti: si fa poco, ma molto bene, di eccelsa qualità.
Anche il leone ebbe bisogno del topo. Nella favola di Esopo il leone risparmiò il topo e più tardi questi rose la rete nella quale era intrappolato il felino. Anche il potente può aver bisogno del debole.
Meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora. Meglio vivere un giorno da grandi che una vita da mediocri. Sembra che la frase sia stata trovata nel 1918 scritta su un muro di una casa diroccata nel paese di Fagarè, in provincia di Treviso, nella tragedia militare della prima guerra mondiale.
Fatti leone e avrai la tua parte. Usa la prepotenza e ti sarà dato quello che vuoi. Chi fa la voce grossa è rispettato nei suoi diritti, anzi, ha di più: “la parte del leone”, che è praticamente tutto.
Meglio un leone a guidar le pecore che una pecora a guidare i leoni. Il comandante pavido è la rovina dell’esercito.
E ricordate che
«Il leone non perde il sonno per le opinioni di una pecora!».
Curiosità. Anche Bari, in piazza Mercantile, ha il suo leone, accovacciato alla base della “colonna infame” o “colonna della giustizia”. Secondo Antonio Beatillo (1570-1642), teorico, storico e gesuita, si tratterebbe di un monumento eretto dai baresi vicino al mare e poi trasferito nella piazza, dopo aver liberato la città dai saraceni (1002). Ciò non appare credibile in quanto la belva non rappresenta affatto il Leone di Venezia, ma tiene fra le zampe lo scudo della città di Bari e sul collare incise le parole “custos iusticiae”. Pare che su quel monumento erano esposti al pubblico ludibrio gli insolventi, i malfattori da fustigare o la gogna di bancarottieri e falliti. Armando Perotti (1865-1924), ipotizza che il monumento in questione fu installato intorno al 1546, quando il viceré Pedro di Toledo, emanò una sanzione di condanna della disumana pena della gogna, offrendo al reo per sgabello la groppa del leone. Successivamente, in seguito alla separazione della provincia di Bari da quella di Otranto, dopo la contesa con Bitonto per il privilegio di avere a Bari la sede della Sacra Regia Udienza, si decise di rinunciare, in onore del patrono San Nicola per “non avere sott’occhi patiboli di malfattori ed esecuzioni di sangue, sconvenienti al venerato santuario”. Il monumento si trova in una delle principali piazze del borgo antico, sede del mercato pubblico e centro vitale dell’attività commerciale dell’epoca. Dall’età rinascimentale fino allo scorso secolo, la piazza fu prevalentemente il fulcro dell’attività giudiziaria, politica, amministrativa e militare di Bari, grazie alla presenza del Palazzo del Seggio, dell’Arsenale e della Residenza della Dogana. Secondo altri studiosi il leone sarebbe stato invece impiegato come gogna già intorno al XII secolo: l’accostamento del leone alla colonna, attestato fin dai tempi arcaici, ne rivelerebbe il valore apotropaico a difesa della città, rappresentata proprio dalla colonna, con un rimando esplicito al potere normanno. La colonna come il leone sono materiali di spoglio di monumenti ben più antichi, riutilizzati con una nuova funzione: il leone in particolare era in origine una scultura posta a decoro e custodia di un sepolcro di età romana, rilavorata in età medievale e riutilizzata come simbolo di giustizia.