VITTORIO POLITO - La condizione di chi è povero, cioè scarseggia delle cose necessarie per una normale sussistenza, si chiama povertà. C’è quella volontaria o evangelica, c’è il voto di povertà pronunciato da chi entra in ordini religiosi, ecc.
Il povero è colui che produce poco o niente, che ha scarsi mezzi di sostentamento, in sostanza privo di mezzi economici per far fronte alle più elementari necessità della vita. La povertà non va confusa con la miseria che è quella di chi non ha neppure lo stretto necessario per vivere
Per tali motivi, per la scarsità di lavoro, per i problemi che affliggono il nostro Paese, è stato istituto il “Reddito di cittadinanza” (RDC), una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari. Infatti il RDC è, o dovrebbe essere, associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, ma per una serie di motivazioni così non è stato per cui il RDC si è trasformato in un sussidio per disoccupati, non abbienti, ecc., che hanno visto lo stesso reddito come un contributo statale dovuto e, molti, hanno rinunciato a qualsiasi tipo di lavoro ufficiale, percependo il RDC e facendo lavori cosiddetti “in nero”, per arrotondare, evadere il Fisco, o attivandosi con truffe e frodi ai danni dello Stato.
La campagna mediatica contro il RDC ha spesso ingigantito i numeri relativi a frodi e truffe, con conseguente delegittimazione anche dei controlli dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), ma, le verifiche dell’INPS hanno bloccato e revocato circa 3 milioni di richieste, il doppio del totale annuale dei beneficiari e circa 100 volte in più rispetto ai denunciati per frode a seguito del controlli della Guardia di Finanza che rappresentano tra l’1,6 e l’1,8% del totale.
A tutto ciò si sono uniti i “furbetti” che io chiamerei “truffatori” che con strategie e tecniche disoneste, hanno creato “poveri inesistenti” allo scopo di intascare indebitamente il RDC.
Ma al di là di queste considerazioni che, a seconda del colore politico, c’è chi difende e chi accusa il Governo di aver utilizzato le casse dello Stato come un bancomat, a spese dei cittadini, vediamo cosa dicono i proverbi a proposito di poveri.
I proverbi vedono l’umanità formata da ricchi e poveri: la zona intermedia nasce con le società mercantili. Nei detti vi è la coscienza chiara che la condizione determina la propensione a prevaricare il debole, a sfruttare il misero; così fa il ricco e peggio ancora il povero che diventa ricco.
Chi dà al povero presta a Dio. La carità fatta a chi ha bisogno sarà compensata e centuplicata da Dio. Frase che si trova nei “Proverbi” della Bibbia (19. 17). Si trova anche come epigrafe in una poesia di V. Hugo.
Campa da povero per non diventar poveraccio. Campa è un imperativo, non un indicativo, tu devi vivere da povero, al limite delle tue risorse, per non diventare, facendo il passo più lungo della gamba, miserabile e indigente.
I poveri hanno una Quaresima lunga. Fanno lunga penitenza anche in periodi non indicati.
In casa del povero si veste chi prima si alza. Nel senso che l’ultimo rischia di non trovare i vestiti.
Il povero è parente all’asino, che porta il vino e beve acqua. Il povero come l’asino fatica e lavora per far star bene gli altri, contentandosi di avere soltanto di che sopravvivere, porta cose preziose e si ciba di cose vili.
Chi è povero dorme tranquillo. Il povero, non avendo pensieri per quel poco che possiede, dorme sonni tranquilli senza preoccupazioni, né ansie.
La povertà non ha parenti. Il povero e il bisognoso vengono allontanati, ignorati, dimenticati anche dai parenti che disconoscono la parentela.
La povertà è una triste compagnia. La povertà caccia via amici e compagni e rimane sola con chi è povero.
Il povero è colui che produce poco o niente, che ha scarsi mezzi di sostentamento, in sostanza privo di mezzi economici per far fronte alle più elementari necessità della vita. La povertà non va confusa con la miseria che è quella di chi non ha neppure lo stretto necessario per vivere
Per tali motivi, per la scarsità di lavoro, per i problemi che affliggono il nostro Paese, è stato istituto il “Reddito di cittadinanza” (RDC), una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale. Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari. Infatti il RDC è, o dovrebbe essere, associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e sociale, ma per una serie di motivazioni così non è stato per cui il RDC si è trasformato in un sussidio per disoccupati, non abbienti, ecc., che hanno visto lo stesso reddito come un contributo statale dovuto e, molti, hanno rinunciato a qualsiasi tipo di lavoro ufficiale, percependo il RDC e facendo lavori cosiddetti “in nero”, per arrotondare, evadere il Fisco, o attivandosi con truffe e frodi ai danni dello Stato.
La campagna mediatica contro il RDC ha spesso ingigantito i numeri relativi a frodi e truffe, con conseguente delegittimazione anche dei controlli dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), ma, le verifiche dell’INPS hanno bloccato e revocato circa 3 milioni di richieste, il doppio del totale annuale dei beneficiari e circa 100 volte in più rispetto ai denunciati per frode a seguito del controlli della Guardia di Finanza che rappresentano tra l’1,6 e l’1,8% del totale.
A tutto ciò si sono uniti i “furbetti” che io chiamerei “truffatori” che con strategie e tecniche disoneste, hanno creato “poveri inesistenti” allo scopo di intascare indebitamente il RDC.
Ma al di là di queste considerazioni che, a seconda del colore politico, c’è chi difende e chi accusa il Governo di aver utilizzato le casse dello Stato come un bancomat, a spese dei cittadini, vediamo cosa dicono i proverbi a proposito di poveri.
I proverbi vedono l’umanità formata da ricchi e poveri: la zona intermedia nasce con le società mercantili. Nei detti vi è la coscienza chiara che la condizione determina la propensione a prevaricare il debole, a sfruttare il misero; così fa il ricco e peggio ancora il povero che diventa ricco.
Chi dà al povero presta a Dio. La carità fatta a chi ha bisogno sarà compensata e centuplicata da Dio. Frase che si trova nei “Proverbi” della Bibbia (19. 17). Si trova anche come epigrafe in una poesia di V. Hugo.
Campa da povero per non diventar poveraccio. Campa è un imperativo, non un indicativo, tu devi vivere da povero, al limite delle tue risorse, per non diventare, facendo il passo più lungo della gamba, miserabile e indigente.
I poveri hanno una Quaresima lunga. Fanno lunga penitenza anche in periodi non indicati.
In casa del povero si veste chi prima si alza. Nel senso che l’ultimo rischia di non trovare i vestiti.
Il povero è parente all’asino, che porta il vino e beve acqua. Il povero come l’asino fatica e lavora per far star bene gli altri, contentandosi di avere soltanto di che sopravvivere, porta cose preziose e si ciba di cose vili.
Chi è povero dorme tranquillo. Il povero, non avendo pensieri per quel poco che possiede, dorme sonni tranquilli senza preoccupazioni, né ansie.
La povertà non ha parenti. Il povero e il bisognoso vengono allontanati, ignorati, dimenticati anche dai parenti che disconoscono la parentela.
La povertà è una triste compagnia. La povertà caccia via amici e compagni e rimane sola con chi è povero.