NICOLA RICCHITELLI - Quando sei nel mezzo di una curva di uno stadio italiano il mondo alle tue spalle si annulla, si fa piatto anche sui mappamondi, si annulla il tuo essere persona e per 90 minuti tutto ciò che ti riguarda rimane fuori dai quei cancelli.
Ci promettiamo in coro che ci romp... il c… e lo cantiamo da Barletta a Foggia, e lo cantiamo da Bari a Lecce, e come disse quel tal cantautore di Bologna; «e lo vedi anche allo stadio che siamo sempre troppo tesi, siamo tifosi poco sportivi».
Ricordo le parole di uno storico capo ultrà quando un giorno mi raccontò che le rivalità tra tifosi nascono per una questione di cultura italiana, una cultura fondata sull’essere più forte dell’avversario a tutti costi, una cultura fondata sul non voler mai perdere, una cultura fondata sul voler vincere a tutti i costi e sul non voler fare brutte figure.
Poi arrivò una sentenza e lui sentenzio che la violenza tra le tifoserie e negli stadi purtroppo ci sarà sempre. Disse pure che la violenza non ha solo connotati ultrà, ad esempio esiste anche in politica, purtroppo fa parte della cultura italiana, disse. Ma poi la mente torna ad una sera di fine 2022 - era il 28 dicembre – siamo a Barletta, siamo nella città della Disfida, era avvolta nella nebbia ma era più bella di come la si vede di solito, senza quell'essere «troppo lontani dentro la stessa città» quel giorno Barletta festeggiava 100 anni della sua gloriosa storia, e lo fece rinsaldando uno storico gemellaggio tra tifosi barlettani e tifosi dell’Austria Salisburgo…
Fu la serata di un calcio possibile, di un calcio che fa bene a tutti, di un calcio che regala un sorriso a tutti, di
un calcio che rende tutti felici e non scontenta nessuno. Ma soprattutto di un calcio che tutti sogniamo, e tu
Barletta hai insegnato al mondo del tifo italiano come si fa, perché da una parte vi erano gli austriaci
dell’Austria Salisburgo, per intenderci, quelli stessi austriaci che un giorno del 24 maggio del 1915
bombardarono il castello di Barletta in piena prima guerra mondiale, e dall’altra parte i barlettani che quelle
bombe le presero nel culo; ma forse questa è un’altra storia, anche se i segni di quelle bombe Barletta le
porta dentro come spine nel fianco e sono ben visibili ai lati di quel castello che ancora fa bella mostra di
sé, prima ancora ci fu il Risorgimento ma voltiamo pagina…
Va bene tutto purché pace sia in fondo. Barletta è gemellata con i tifosi biancazzurri della Fidelis Andria, Barletta e Foggia distano tra loro 75.5 chilometri e sono entrambe figlie della stessa terra, Lecce e Bari
distano tra di loro 151 chilometri e sono anche loro figlie dello stessa terra: la Puglia.
In fondo cosa abbiano in più uno più dell’altro è difficile capirlo, sono tutte terre ostaggio delle proprie
mafie, ma anche terre figlie del proprio lavoro e dei propri valori, a pensarci bene quanti amori nascono tra
Barletta e Foggia e tra Foggia e Barletta, tra Bari e Lecce e Lecce e Bari, quante volte da Foggia si è passati
per Barletta e viceversa, quanti barlettani lavorano a Foggia e quanti si guadagnano da vivere a Barletta, c’è
chi studia a Foggia e chi a Barletta, chi da Bari cerca gloria a Lecce e chi da Lecce cerca fortuna a Bari.
A Barletta hanno Eraclio e Ettore Fieramosca, la Disfida e la Madonna dello Sterpeto e quindi San Ruggero,
ma anche Pietro Mennea e De Nittis, a Foggia hanno la Madonna dell’Incoronata e anche quella dei Sette
Veli, in entrambe le bandiere c’è il rosso a dividerli è il bianco e il nero. A Bari hanno San Nicola, a Lecce Sant’Oronzo, e dividerli in fondo è il giallo e il nero e un tale che un giorno
decise di vendersi un derby…
Da Foggia a Barletta passando per Bari, fino ad arrivare a Lecce, c’è che sventoliamo troppe bandiere, col
bastone nella mano e diventiamo troppo violenti, e se non ci spacchiamo i denti comunque ci promettiamo in
coro che ci romperemo il culo!
C’è la speranza di un tifo possibile che ci vedrà tifare sotto la stessa bandiera?