FRANCESCO GRECO - Cosa sarebbe mai un popolo senza un apparato spirituale che regge come un fuoco greco la sua civiltà e la sua quotidianità, alimentando l’immaginario collettivo in osmosi con le generazioni?
Meglio: può esistere un popolo che non abbia un patrimonio religioso, una fitta rete di tradizioni, di riti e miti trasfigurati in archetipi ereditati dagli antenati, da vivere in armonia col presente e tramandare alle generazioni future, possibilmente senza alterarne la stretta ontologia? Muove da questo postulato lo sguardo indagatore di Mircea Eliade (1907-1986), che affronta la complessa quando affascinante materia in “Le religioni e il folklore dell’Europa Orientale” (da Zalmoxis a Gengis Khan), Edizioni Mediterranee, Roma 2022, pp. 278, € 27,00 (a cura di Horia Corneliu Cicortes, traduzione di Alberto Sobrero).
Si tratta della raccolta di saggi pubblicati nell’arco di tre decenni (edito in Francia nel 1970) che Eliade ha dedicato alla tematica dell’epoca pre e post cristiane nell’Europa centro-orientale, sua terra d’origine. Con la perizia che il mondo gli riconosce da sempre, un linguaggio accessibile allo studioso con un background culturale solido ma sopratutto al popolo, Eliade procede a una ricognizione del materiale riferito ai Daci ricostruendone la densa cosmogonia e la teogonia con le sue architetture, dalle divinità sedimentate alle minute superstizioni.
Dagli scenari mitico-religiosi connessi alla figura del lupo all’eroe civilizzatore Zalmoxis poi letto come filosofo, passando per il mito della pecorella veggente e il culto della mandragora in Romania e, ovvio, il condottiero mongolo Gengis Khan, la gallery è ricca, affascinante, coinvolgente. E spazia in tutta l’area balcanica, con contaminazioni e incursioni verso i popoli delle steppe (i Cimmeri per esempio).
Ma,
senza forzature, potremmo benissimo
sovrapporre dèi, tradizioni, liturgie, icone e
quant’altro sedimenta da secoli nel costumi
dei Daci a quelli di altre aree geografiche
del pianeta, meridiani, paralleli.
Con lievissime variazioni, dacchè l’uomo ha
sempre avuto bisogno di questa simbologia
per viere in armonia con sè stesso, la
comunità, il Cosmo.
Basti dire che quel popolo (“giovane potenza militare”), con i suoi “lupi”, era l’unico conosciuto mai sottomesso a Roma e che Giulio Cesare stava per partire per la campagna di conquista dei riottosi Parti quando fu ucciso in Senato.
Un saggio da procurarsi in fretta, Eliade non delude mai i suoi seguaci.
Basti dire che quel popolo (“giovane potenza militare”), con i suoi “lupi”, era l’unico conosciuto mai sottomesso a Roma e che Giulio Cesare stava per partire per la campagna di conquista dei riottosi Parti quando fu ucciso in Senato.
Un saggio da procurarsi in fretta, Eliade non delude mai i suoi seguaci.