Il sentimento del sacro in Gogol’


FRANCESCO GRECO
- C’è un popolo che, più dei Russi, ha il senso del sacro innato nel dna, la cultura, nelle profondità dell’animo e della vita, che coltiva d’istinto una sua polisemica spiritualità? Essa si manifesta nel rapporto con l’altro, il Mondo, la Natura, il Cosmo.

Tutta l’opera di Tolstoj, di Dostoevskij, Cechov, Majakovskij, ne è scossa come un fulmine escatologico, ontologicamente, semanticamente attraversata. Ma anche dei grandi compositori, da Tchaikovsky a Shostakovic, Mussorgsky e tantissimi altri nell’Olimpo.

E di Nicolaj Vasil’evič Gogol’, ovviamente, soprattutto nella seconda parte della sua non lunga esistenza (1809-1852), quando l’autore de ĉĉ“Le anime morte” è posseduto dallo spleen di un’incalzante “ricerca interiore”, “lo scavo delle tematiche religiose” lo infebbra, dopo che ha scoperto “l’assiduità della preghiera” (“dobbiamo essere forti della grazia di Dio, non della nostra”).

I suoi piccoli saggi mistici - una forma di testamento – (databili nel biennio 1843-1844) sono raccolti in “Non siate anime morte” (Scritti spirituali inediti), Nino Aragno Editore, Torino 2022, pp. 152, euro 15,00, con testo russo a fronte, con introduzione, traduzione, note di Lucio Coco, collana Biblioteca Aragno.

Sono riflessioni intime sulla condizione umana e le sue infinite debolezze dal mood universale, non sottoposte, cioè, all’usura del tempo. In alcuni snodi si fanno rarefatte sino al lirismo più puro e commuovente. “Libera il mio spirito dalle disgrazie e dai mali, / infondimi nel cuore la tenerezza”.

Gogol’ nel testamento dispose che gli utili delle sue opere andassero a sua madre, le sorelle e i poveri.

Il caso ha voluto che questo libro mi arrivasse nei giorni del dies natalis di Benedetto XVI. Istintivo scoprire l’eco di Gogol’ (“Guarda e ammira la bellezza della tua anima…”) nel messaggio che la lasciato un fine teologo come il Papa emerito, che “leggeva” Putin come l’ultimo baluardo a difesa del Cristianesimo (il vero motivo, secondo Germano Dottori, delle sue dimissioni), che vedeva nella tradizione il fuoco greco che può rinnovare la fede, riscriverla dalla parte dell’uomo, l’umanità, la civiltà. Il relativismo e il nichilismo, al contrario, la minano nelle fondamenta, la destruttura, ne indebolisce la percezione.

Sarà anche per questo che l’Occidente dalle radici ebraico-cristiane sempre più esili, detesta il popolo russo, per la sua radicata e immortale spiritualità?