Quale addio?

(fietzfotos/pixabay)

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI -
E' terribile se non addirittura terrifico apprendere della dipartita di un Amico , di chi ha guidato la mente e lo spirito di generazioni. Mi riferisco questa volta a Giorgio Otranto, professore emerito di Storia del Cristianesimo, al quale la Befana ha portato in dono Sorella Morte come Epifania del Signore. Egli è nella Luce.

Ma non posso non sentire turbata la mia anima nel leggere sui quotidiani “Addio a…” oppure “È morto …”,  come voler asserire drasticamente senza ombra di dubbio la definitiva scomparsa della persona senza speranza alcuna di una vita altra. Quanto meno di una trasformazione, di un divenire democriteo, di un pensiero quantico. La materia è energia, luce materica trasformabile ma indistruttibile: “mente e materia non possono più essere considerate separatamente (omissis). Sia i pensieri che i sentimenti hanno un segnale elettromagnetico. I pensieri inviano un segnale elettrico al campo quantistico“. ( Cfr. La mente è meravigliosa, Webgrafia ). 

Sigmund Freud fu ossessionato dall’angoscia della morte, una angoscia che però lo rese alla immortalità con il suo pensiero che agli inizi del XX secolo cambiò la prospettiva nei confronti della psiche umana. Egli, per esempio, salutava le persone che incontrava dicendo “Addio, chissà se ci rivedremo…” un addio dunque che lasciava spazio alla speranza… chissà se ci rivedremo…

E diciamo una volta per sempre che Eros danza con Thanatos: due indomiti guerrieri, l’uno aggrega le forme del mondo, l’altro riconduce allo stato originario da Freud definito “stato di nirvana”, vale a dire alla fantasia di un ritorno al grembo materno, una sorta di beatitudine eterna.

Gli agnostici sono aumentati in questa epoca così sfacciatamente consumistica che non è stata in grado, e ancora non lo è, di interrogarsi sui tanti insegnamenti di quella che è stata chiamata “pandemia” da Covid-19, Qualcosa di pandemonico davvero al punto che non si vuol più accettare da parte di alcuni luoghi cosiddetti deputati alla cultura di riflettere su cosa sia accaduto nella mente e nella psiche di noi esseri umani durante il dominio di Re Covid. Mi riferisco ad una esperienza personale, ovvero alla scelta di qualcuno di scotomizzare il mio libro di riflessioni su Re Covid e prediligere un altro di liriche sull’amore, sempre scritto da me.

La malattia e la fragilità vengono negate, per la finitudine umana poi il discorso si fa inquietante. .

Viviamo dunque senza speranza: la dimensione dell’eternità sembra appartenere solo agli effimeri e vacui effetti mediatici e l’eternità come tale invece viene attribuita ai nostalgici di un tempo in cui i media non avevano creato una illusoria permanenza cancellando la realtà della morte e dunque immancabilmente della vita, visto che Eros e Thanatos sono indissolubilmente legati.

Tutto è virtuale, usa e getta, e credere nell’ immortalità dell’ anima, o di un divenire comunque, appare roba da creduloni. L’ immagine e gli emoticon sostituiscono l’anima, lo spirito, il corpo. Finanche il cartaceo, insostituibile secondo me, è divenuto desueto. Ma in questo esistere virtuale nulla invero matericamente esiste, tutto svanisce: una liquidità che diviene scivolosa quasi come le sabbie mobili che inghiottono inesorabilmente ogni cosa.
 
La morte nella sua tragicità viene negata insieme al dolore, alla sofferenza, alla vita nella sua complessità. Un sotteso delirio di onnipotenza ci governa: si può alcuni Paesi “farsi aiutare in un  suicidio assistito”. Padroni della vita e della morte non si è, sempre bene ricordarcelo: eppure agiamo da padroni…

Addio a… E così ogni discorso su un "al di là della porta" e alla speranza di ritrovarsi in qualche modo viene vanificata. Vale a dire annientare anche quegli amorosi sensi che ci rendono vivi nella memoria e negli affetti. Ma davvero non esistono formule diverse per annunciare la dipartita di qualcuno? Possibile che si debba radicalmente porre fine a tutto? E poi in modo allucinatorio rendere mediatica ogni cosa?

Giorgio Otranto è stato e rimane un Maestro, un grande studioso della storia del Cristianesimo il cui pensiero non conosce l’”Addio a“… Per me innanzitutto è stato e nel cuore rimane un grande Amico che conosco fin dagli anni Settanta. Sottolineo la data poiché a volte mi sembra di assistere ad una sorta di fiera delle ostentazioni, con una tessitura di lodi che sembra utile non già alla memoria dell’Altro, ma a se stessi…

Gli affetti familiari erano centrali nella sua vita fatta di indefessa ricerca della verità storica che nulla ha a che vedere con chi è un semplice cultore della materia e non già storico propriamente detto.

Nel 1987 con la collaborazione della indimenticabile Lina Depalma organizzai un Convegno nell’Auditorium della Facoltà di Magistero a Bari sul tema riguardante ”Sentieri di civiltà: dall’antico Mediterraneo agli anni duemila . L’uomo e l’arte “. Invitai artisti provenienti da vari luoghi del Mediterraneo: Nito Contreras per la Spagna, Jannis Chalambalakis per la Grecia, Meira Yedidsion per il Medio Oriente e Israele, Andrea Carnemolla, che ora vive a Iraklion di Creta, per l’Italia insieme ad altri allora giovani artisti quali Betty Fasano, Richard Stephen Lee, australiano di origine cinese,musicista,Anna Santoliquido,poetessa, Rosamaria Francavilla, pittrice, e tanti altri che contribuirono con le loro riflessioni a rendere il Convegno avveniristico non perdendo mai di vista le radici identitarie europee che nel Mediterraneo hanno origine e consistenza…

E insieme al prof . Luigi Ambrosi, Presidente della Comunità delle Università mediterranee -Bari, al prof. Michele dell’Aquila Preside della Facoltà di Magistero dell’ Università di Bari , alla prof.ssa Franca Pinto Minerva Ordinario di Pedagogia e all’on, Silvia Costa invitai Giorgio Otranto per una Lectio Magistralis.

Mi permisi di affermare che “la civiltà occidentale nacque nell’antico Mediterraneo alle sorgenti mitiche della scrittura e della comunicazione. L’uomo conobbe se stesso attraverso i sentieri della politica e dell’arte, dei due ordini di sviluppo che sanciscono la realtà del possibile. Gli artisti non hanno mai temuto il rischio e conoscono pienamente il senso dell’avventura conoscitiva, l’esplorazione del mondo sconosciuto dell’essere umano alla ricerca di infinite verità. L’artista si trasforma in profeta nel tentativo di sciogliere l’enigma di un’esistenza vissuta per costituire insieme agli altri i luoghi dell’Utopia.

In questo contesto il professor Giorgio Otranto affermò “che civiltà deriva dal latino civilitas, termine coniato sull’aggettivo civilis che indica tutto ciò che concerne il civis, il cittadino. Gli antichi Greci oltre alla Politeia (da Polis città) che indica la cittadinanza (civitas) conoscevano il termine asteiotes (da astu= città) per esprimere il vivere civile.

E’ ormai tradizionale e consacrata dall’uso la distinzione in civiltà paleolitica, neolitica, eneolitica e del bronzo per indicare le civiltà che si sono succedute nella storia (e nella preistoria) dell’umanità per centinaia di migliaia di anni fino all’alba dell’ultimo millennio a. C. allorché fece la comparsa il ferro e la vita degli uomini almeno per quel che concerne gli aspetti esteriori e materiali assunse quelle forme che sono rimaste essenzialmente le stesse fino quasi alla nostra epoca.

Il Mediterraneo è sempre stato un mondo in fermento in cui le tracce gloriose di antiche civiltà ci sono fuse con energia sempre fresche vitali, dando vita, sin da epoca antichissima a forme d’arte che hanno esaltato la creatività e l’ingegno dell’uomo, dalla musica, alla poesia, alla pittura, alla scultura e all’architettura: si pensi per un attimo alle piramidi e alla poesia omerica! Accanto alla cultura e come vedremo fra poco all’arte e alla politica bisogna recuperare anche il valore della religione come strumento di unione di pace soprattutto oggi che l’odio e la distruzione viaggiano nel Mediterraneo su ali di diverse confessioni. La storia, d’altra parte, è ricca di episodi di intolleranza perpetrati in nome del proprio credo religioso

Credo pure che all’interno delle grandi culture monoteiste e della civiltà mediterranea si possono identificare due dimensioni religiose una cultura che chiamerei dell’infinito e uno della pietas che è quella cristiana.

L’uomo nasce libero e deve poter rimanere e sentirsi sempre tale, senza asservimenti e senza quella sudditanza di tipo ideologico o spesso psicologico che spesso ne condiziona l’operato”. (Cfr. G . Otranto Sentieri di civiltà: l’uomo e l’arte, in Donna e società 82).

Ecco se pur con dolore ho voluto, in questo modo, ricordare Giorgio Otranto riprendendo alcuni passaggi fondamentali del Suo discorso in occasione di questo Convegno che impegnò le mie allora giovanili energie.

Avendo avuto poi modo, con mio marito Francesco, di continuare a frequentarLo insieme alla sua dolce consorte Mina, il mio mondo culturale ha ampliato gli orizzonti e tra le tante plaghe della conoscenza ha incontrato il culto Micaelico per cui certamente le ali dell’Arcangelo hanno consegnato la Sua anima libera e splendente al Signore. E allora nessun addio perché il Suo pensiero è presente tra noi. Grazie Giorgio.