FRANCESCO GRECO - Come a Stonehenge i Celti, ma qualche millennio dopo. Con i significati significanti tutti da decifrare.
Siamo nel sud Salento (Alessano, Lecce), in agro detto “Donnamedda”. Qui è stato innalzato un menhir di circa 3 metri, in una proprietà privata. E’stato benedetto, meglio, “consacrato”, non senza qualche comprensibile imbarazzo, da un giovane sacerdote, don Gianluigi Marzo, dinanzi a una piccola folla curiosa, status culturale medio-alto.
L’idea è di Alberto Piccinni, un mediatore culturale che gira il mondo con i suoi progetti di assistenza alle minoranze etniche perseguitate, in Siria, Algeria, Libano, etc.
Il menhir è stato realizzato dai bravi artigiani della pietra di Surano. Il prof. Alberto Signore, dell’Associazione “Amici del menhir” (Lequile) che da tutta la vita si batte per la loro ricognizione e salvaguardia in tutto il territorio, ha spiegato il grumo semantico di queste pietre che con i dolmen e le specchie segnano il Salento più antico.
Il tutto mente un fuoco acceso e accudito da Gabriele Moncullo purificava l’aria. E’ seguita una piccola degustazione di smirnio (pianta spontanea che cresce in questo periodo), liquore di mastica e formaggio di capra.
Come contestualizzare il piccolo ma semanticamente affollato evento? Viviamo dentro tutti i relativismi possibili, nella devastante secolarizzazione. Le religioni sono in crisi, quelle monoteiste ancora di più. Cercare nuove forme di spiritualità, in questo caso antichissime (risalenti ai Celti e i druidi), una forma di sincretismo, può essere un orizzonte possibile per ritrovare, se non una dimensione spirituale, almeno un equilibrio e una serenità interiori.
Ma certamente chi si è scaldato al fuoco accanto al menhir di “Donnamedda”, avrà avuto altre motivazioni nella sua ricerca del sacro.