BARI - “Quanti danni. Sul fatto che la protezione legale fosse una cosa ovvia e non un mezzo per garantire l’impunità all’ex ILVA, ora lo dice anche Emiliano dando ragione a Carlo Calenda e alle nostre opinioni espresse in Consiglio regionale il 18 novembre 2019. Il problema è però sempre lo stesso: Emiliano si rende conto dei suoi errori senza però dare mai conto dei danni che produce. Ora restano solo i Cinquestelle, impegnati a contrastare una norma emanata solo per ribadire un sacrosanto principio costituzionale: non è possibile condannare le persone per colpa generica residuale.”
Lo dichiarano i Consiglieri regionali di Azione, Fabiano Amati, Sergio Clemente e Ruggiero Mennea.
“Continue giravolte per tornare sempre al punto di partenza. Eppure queste cose si sapevano sin dall’inizio, se solo fossero state esaminate con serietà e rigore.
"Per una fabbrica che produceva il 12% del PIL regionale e impiegava migliaia di lavoratori, era chiaramente da irresponsabili fornire alibi a un’azienda, evitando di fornirgli un banale strumento giuridico, il così detto scudo penale, che a nostro parere non scriminava né immunizzava, ma si limitava a presumere la diligenza nell’esecuzione del Piano ambientale, sulla scia – forse in modo ridondante - del principio costituzionale di colpevolezza; quello secondo cui non è possibile affermare a carico di chiunque una responsabilità penale a titolo di colpa generica residuale, cioè ben oltre la prevedibilità, l’evitabilità e la calcolabilità dell’evento.
"L’introduzione della norma, dunque, serviva a capire definitivamente se ArcelorMittal era spaventata o meno da alcuni precedenti giurisprudenziali non conformi al principio costituzionale di colpevolezza o se il tutto era un pretesto per concorrere alla chiusura della fabbrica e all’appropriazione senza oneri delle sue quote di mercato.
"Purtroppo su quella norma si fece un gran dibattito politico demagogico e incompetente, con Emiliano impegnato a dire che “lo scudo è un’aberrazione giuridica che non può stare in piedi” e che la fabbrica “uccide cittadini e operai ed è totalmente illegale, come dimostra lo stesso management di AM che senza una immunità penale speciale, che esisteva solo per loro e che non è consentita a nessun’altra azienda, intima all’Italia di riprendersi la fabbrica entro 30 giorni.”
"Questo tipo di parole ci hanno portato nel punto in cui ora ci siamo cacciati, con ArcelorMittal lontana anni luce dagli impegni presi all’inizio e con i cittadini italiani chiamati a notevoli esborsi per mantenere in funzione la fabbrica.
"Dopo aver fatto questo gran danno, oggi è riproposta la protezione legale, il così detto scudo penale, in realtà utile per ogni azienda italiana e sempre per ribadire l’ovvio principio costituzionale di colpevolezza; e mentre ciò accade, i suoi vecchi detrattori vengono a raccontarci ciò che a essi veniva detto per riportarli alla ragione e che loro non volevano nemmeno sentire.
"Con questi modi di fare il nostro Paese non è destinato a un grande futuro.”
“Continue giravolte per tornare sempre al punto di partenza. Eppure queste cose si sapevano sin dall’inizio, se solo fossero state esaminate con serietà e rigore.
"Per una fabbrica che produceva il 12% del PIL regionale e impiegava migliaia di lavoratori, era chiaramente da irresponsabili fornire alibi a un’azienda, evitando di fornirgli un banale strumento giuridico, il così detto scudo penale, che a nostro parere non scriminava né immunizzava, ma si limitava a presumere la diligenza nell’esecuzione del Piano ambientale, sulla scia – forse in modo ridondante - del principio costituzionale di colpevolezza; quello secondo cui non è possibile affermare a carico di chiunque una responsabilità penale a titolo di colpa generica residuale, cioè ben oltre la prevedibilità, l’evitabilità e la calcolabilità dell’evento.
"L’introduzione della norma, dunque, serviva a capire definitivamente se ArcelorMittal era spaventata o meno da alcuni precedenti giurisprudenziali non conformi al principio costituzionale di colpevolezza o se il tutto era un pretesto per concorrere alla chiusura della fabbrica e all’appropriazione senza oneri delle sue quote di mercato.
"Purtroppo su quella norma si fece un gran dibattito politico demagogico e incompetente, con Emiliano impegnato a dire che “lo scudo è un’aberrazione giuridica che non può stare in piedi” e che la fabbrica “uccide cittadini e operai ed è totalmente illegale, come dimostra lo stesso management di AM che senza una immunità penale speciale, che esisteva solo per loro e che non è consentita a nessun’altra azienda, intima all’Italia di riprendersi la fabbrica entro 30 giorni.”
"Questo tipo di parole ci hanno portato nel punto in cui ora ci siamo cacciati, con ArcelorMittal lontana anni luce dagli impegni presi all’inizio e con i cittadini italiani chiamati a notevoli esborsi per mantenere in funzione la fabbrica.
"Dopo aver fatto questo gran danno, oggi è riproposta la protezione legale, il così detto scudo penale, in realtà utile per ogni azienda italiana e sempre per ribadire l’ovvio principio costituzionale di colpevolezza; e mentre ciò accade, i suoi vecchi detrattori vengono a raccontarci ciò che a essi veniva detto per riportarli alla ragione e che loro non volevano nemmeno sentire.
"Con questi modi di fare il nostro Paese non è destinato a un grande futuro.”