TARANTO - “La norma sullo “scudo penale” contenuta nel DL 2/2023 non è affatto,
come sostenuto dagli esponenti regionali di Azione ed IV, una
“protezione legale, e perciò non è uno scudo, una scriminante o un
elemento negativo del fatto. Si tratta, invece, di una norma sulla
colpevolezza, funzionale a ribadire ciò che è già scritto nella
Costituzione e per evitare di portare a processo le persone per colpa
generica residuale, contro il dettato costituzionale e cioè ben oltre la
prevedibilità, l’evitabilità e la calcolabilità dell’evento”.
Spiace dover entrare a gamba tesa su una materia che alcuni dei suddetti
dovrebbero conoscere bene, ma quanto dichiarato dai predetti esponenti
di Azione ed IV è esattamente l’opposto di quanto effettivamente è stato
approvato.
Il nostro ordinamento, come più volte evidenziato anche dallo stesso
Presidente Emiliano, contiene già una norma scriminante delle
responsabilità, contenuta nell’art. 51 c.p., ed essendo i commissari e
gli affittuari vincolati ope legis alla prosecuzione dell’attività
produttiva nel rispetto delle prescrizioni dell’A.I.A., qualsiasi
condotta rispettosa di tali prescrizioni sarebbe di per sé scriminata
(ex art. 51 Cp) dall’adempimento di un dovere.
Quindi introdurre ulteriori norme sul punto, oltre a confermare una
sorta di “bulimia legislativa” sul caso Ilva, è sintomo di una volontà
tesa ad estendere, evidentemente senza che ci sia alcuna necessità, una
tutela dei soggetti agenti anche a comportamenti che potrebbero non
essere correttamente scriminati dall’art. 51 c.p.. E tanto non appare
accettabile, specie dopo il lungo tempo trascorso dal DL 12/2015.
Va evidenziato, inoltre, che la norma contenuta nel DL 2/2023 è
addirittura più ampia di quella, già oggetto di approfondito dibattito,
approvata con il d.l. 1/2015, il cui art. 2 disponeva l’ammissione
dell’ILVA (nel frattempo giunta ad una situazione di profondo dissesto
finanziario) alla procedura di amministrazione straordinaria per le
grandi imprese in stato di insolvenza. Ma è il comma 6 dell’art. 2 a
divenire pietra dello scandalo, introducendo lo “scudo penale”; recita
infatti la disposizione che «le condotte poste in essere in attuazione
del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a
responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e
dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono
adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di
tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul
lavoro.»
Immediatamente dopo l’introduzione dello scudo penale (che ad esse è
strumentale) hanno avuto inizio le complesse procedure volte alla
cessione degli impianti di ILVA (in amministrazione straordinaria) a
terzi acquirenti; la procedura di cessione è stata completata con
l’aggiudicazione (del contratto di affitto di azienda) da parte della
cordata ArcelorMittal nell’estate 2017. Dal 1° novembre 2018 (dopo la
conclusione dei singoli contratti di affitto di azienda) la gestione di
ILVA è dunque ufficialmente passata ad ArcelorMittal. Nelle more
dell’aggiudicazione, e proprio al fine incentivare i potenziali
acquirenti, veniva poi disposta «l’estensione dello scudo penale» ad
affittuario od acquirente, e ai soggetti da loro delegati.
Successivamente, l’art. 46 del d.l. 30.4.2019 n. 34, conv. in l. con la
l. 29 giugno 2019 n. 58, pare limitare fortemente le potenzialità dello
scudo pur senza abolirlo.
Da un lato chiarisce (attraverso l’eliminazione di parte del comma 6)
che le condotte di adempimento del piano ambientale costituiscono
adempimento delle migliori regole preventive per la sola materia
ambientale, e non più anche di quelle concernenti la tutela della
salute, dell’incolumità pubblica e della sicurezza sul lavoro.
Dall’altro lato appone un termine finale certo a tale “scudo”, vale a
dire il 6 settembre 2019.
L’attuale testo dello “scudo penale” in versione Governo Meloni,
evidentemente approvato anche da Azione ed IV, invece arriva a sancire
che: “1. Chiunque agisca al fine di dare esecuzione ad un
provvedimento che autorizza la prosecuzione dell'attivita' di uno
stabilimento industriale o parte di esso dichiarato di interesse
strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 3
dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
dicembre 2012, n. 231, non e' punibile per i fatti che derivano dal
rispetto delle prescrizioni dettate dal provvedimento dirette a
tutelare i beni giuridici protetti dalle norme incriminatrici, se
ha agito in conformita' alle medesime prescrizioni.”
E’ del tutto evidente che vi è una previsione molto più estensiva di
quella già oggetto di grande critica in passato e poi cancellata, anche
in ragione del lungo tempo trascorso, e che non vi è alcuna
differenziazione tra i reati possibili, senza alcuna specificazione
circa i reati ambientali ovvero quelli connessi alla sicurezza dei
lavoratori.
Una norma che arriva, come un fulmine a ciel sereno, nel 2023, quando
già si era posta in sede di Corte Costituzionale la questione se la
proroga dello “scudo” sino al 2019 fosse consentita dalle norme vigenti.
Insomma un ennesimo papocchio, nel quale, ancora una volta i due
partitini di Renzi e Calenda assumono, attraverso i propri
rappresentanti pugliesi, una posizione sbagliata, così come era
sbagliata in passato.”
Così, in una nota congiunta, Ubaldo Pagano, deputato pugliese e
Capogruppo del PD in Commissione Bilancio a Montecitorio e Massimo
Moretti, giurista tarantino.
Ex Ilva, Pagano-Moretti (Pd): "Iv-Azione sbagliano, scudo penale più grave che in passato"
diGiornale di Puglia
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