ROMA - Il pistacchio diventa l’ingrediente preferito degli italiani con la sua presenza specificata sugli scaffali nelle etichette di ben 512 prodotti tra creme spalmabili, dolci, cioccolato e gelati, fino ai sughi pronti, con un’offerta in crescita del 27% nel 2022. Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti su dati dell’Osservatorio Immagino diffusa in occasione della Giornata mondiale del Pistacchio che si celebra il 26 febbraio. In risultato – sottolinea la Coldiretti – è un giro d’affari annuale di oltre 175 milioni di euro per il pistacchio venduto al naturale o come componente dei più diversi prodotti, in aumento nel 2022 dell’11% rispetto all’anno precedente.
Una domanda trainata dalla nuova passione degli italiani per i superfood, con il pistacchio che vanta importanti proprietà salutistiche – ricorda la Coldiretti -, poiché contiene elevate quantità di ferro e rame, che aiutano a prevenire l’anemia, ma abbassa anche il colesterolo attivo grazie al contenuto di fitosteroli, protegge la pelle e la vista e mantiene in salute il sistema nervoso, oltre ad avere effetti afrodisiaci.
L’incremento della richiesta ha portato però con sé un aumento anche delle importazioni dall’estero che rispetto a dieci anni fa sono più che raddoppiate, passando da 10 milioni di chili ai 23 milioni arrivati nel nostro Paese nel 2022, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. Un terzo proviene dagli Stati Uniti, che sono anche il primo produttore mondiale e che nell’ultimo anno hanno scalzato l’Iran in cima alla classifica dei principali fornitori dell’Italia, dove al terzo posto si piazza la Turchia.
Un “fiume” di prodotto spesso destinato a diventare Made in Italy a causa della mancanza dell’obbligo dell’etichettatura di origine sull’ortofrutta trasformata – ricorda Coldiretti – tanto più preoccupante se si considera che soprattutto i pistacchi turchi e iraniani sono finiti ripetutamente nel mirino del Sistema di allerta rapido europeo (Rasff) sulla sicurezza degli alimenti a causa dell’alta presenza di residui di sostanze tossiche come le aflatossine.
Il consiglio è dunque quello di scegliere dove possibile prodotto italiano – rileva la Coldiretti -, magari a denominazione di origine dopo che alla storica Dop del Pistacchio di Bronte, in Sicilia, si è recentemente aggiunta quella del Pistacchio di Raffadali, anch’esso made in Trinacria. Proprio sul territorio siciliano si trova – ricorda la Coldiretti – la quasi totalità dei circa 4mila ettari coltivati, da cui si ottengono oltre 4 milioni di chili di pistacchi.
Originaria della Persia, la pianta del pistacchio – conclude la Coldiretti – venne introdotta dagli arabi in Sicilia, dove si è diffusa grazie alla sua capacità di resistere a condizioni difficili tanto da essere coltivata nei terreni più difficili, a partire da quelli vulcanici. La particolarità della pianta del pistacchio è che produce ogni due anni, necessitando di un periodo di riposo necessario ad immagazzinare le energie per la stagione successiva.