BARI - “Per analizzare e contrastare il fenomeno Neet con questo studio arriva la conferma che c’è necessità di un tavolo istituzionale per affrontare obiettivi precisi, sapendo verso quale orizzonte tendere per muoversi insieme nel mondo del lavoro e della formazione (università, scuola e centri di formazione), dei distretti produttivi, delle piccole e medie imprese, recuperando un’idea di sviluppo che porti con sé il valore di sostenibilità tout court: economica, abitativa e sociale. Importanti per la Cisl Puglia sono gli Sportelli lavoro istituiti, in sinergia con le federazioni e Cisl Territoriali, per offrire un ulteriore servizio di orientamento per accompagnare giovani, donne, uomini nella compilazione dei CV, informazioni su politiche attive e passive del lavoro, provando ad evitare di farli sentire abbandonati a sé stessi”. Così Antonio Castellucci Segretario della Cisl regionale a margine della presentazione sullo studio sui Neet in Puglia.
Il Segretario confederale nazionale, Giulio Romani, aggiunge che oltretutto “la problematica dei Neet si aggiunge ad una situazione complicata nel mondo del lavoro italiano. Il tasso di occupazione piuttosto basso, soprattutto quello femminile. Inoltre c’è una mancata crescita ed un altissimo tasso di lavoro sommerso e irregolare. Il fenomeno dei Neet sta dentro un meccanismo che scoraggia i più giovani, i soggetti meno formati, meno orientati al lavoro durante la loro vita scolastica e la vita successiva; evidentemente c'è un problema strutturale del mercato del lavoro italiano che non è soltanto imputabile a situazioni contingenti e individuali delle singole persone scoraggiate, svogliate o disorientate, ma che dovrebbe essere affrontato nel complesso, mettendo sotto attenzione anche il lavoro irregolare. Il fenomeno dei Neet si deve affrontare non solo rafforzando la formazione, l'orientamento scolastico, i centri per l'impiego e la capacità dei centri di fare rete fra regione e regione, ma anche dando prospettive diverse di legalità e sostenibilità al nostro Paese”.
Il prof. Alberto Fornasari, ha così commentato: “lo studio proposto, uno dei pochi di natura qualitativa, va nella direzione di comprendere a fondo le ragioni di un fenomeno, quello dei NEET in costante crescita nel nostro Paese. Il focus analizza la situazione a livello regionale offrendo spunti, proposte, azioni di contrasto efficaci per arginare il fenomeno partendo dal contributo del sindacato”.
Di seguito un estratto dello studio.
Il tema dei Neet, ovvero quello dei ragazzi che si trovano al di fuori dei contesti lavorativi, educativi e formativi è uno degli argomenti di grande interesse pubblico dell’ultimo decennio tanto da portare diversi attori della ricerca scientifica, della politica, parti sociali, istituzioni e del terzo settore ad attenzionare le dinamiche ad esso associate. Da diverso tempo la CISL Puglia continua a domandarsi: in che modo agire? Quali sono le azioni da realizzare per arginare il fenomeno facilitando i giovani nell’ingresso del mondo lavoro ben retribuito, stabile e sicuro?
Queste sono le domande che hanno dato avvio ad uno studio dal titolo “Cisl Puglia e fenomeno dei Neet. Quali azioni?” voluto dall’ Unione Sindacale CISL della Puglia (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) e affidata all’Università di Bari al Prof. Alberto Fornasari e al Dott. Matteo Conte. Per poter comprendere quali azioni realizzare ed in che modo i giovani Neet percepiscono la realtà territoriale, sono stati elaborati due strumenti di ricerca di diversa natura: da un lato, un questionario di matrice quantitativa, somministrato ad un campione di dirigenti e iscritti del sindacato CISL pugliese, dall’altro, un’intervista di matrice qualitativa sottoposta ad un campione ragionato nei diversi territori provinciali della Puglia. Dall’analisi del questionario somministrato al campione dei dirigenti e iscritti alla CISL Puglia si evince una profonda conoscenza del fenomeno Neet e delle dinamiche ad esso connesse. Infatti, tra le maggiori difficoltà che un giovane Neet incontra, il campione individua difficoltà di natura scolastica e formativa (24,2 di tipo lavorativo (23,5%) e familiari (17,4%); altre difficoltà sono riscontrabili nella demotivazione e disorientamento giovanile (13,4%), mentre, una piccolissima parte crede siano dovute a motivazioni economiche (1,5%), di socializzazione (1,5%) e all’accesso alle informazioni (1,5%). Emerge, inoltre, come per l’82,5% dei rispondenti il nostro territorio regionale sia particolarmente interessato da tale fenomeno denotando una conoscenza profonda del territorio pugliese che presenta una percentuale di Neet pari al 30,5% rispetto ad una media nazionale del 23,1%.
Quanto il sindacato può incidere sul fenomeno Neet? Oltre l’80% del campione ritiene che possa incidere in modo significativo annoverando tra le diverse attività espletate quattro cluster tematici; conoscenza del territorio e dei suoi bisogni attraverso l’analisi e il rilancio del territorio da un lato, e di ascolto e orientamento attraverso anche gli sportelli lavoro CISL, dall’altro. Quanto sono funzionali ai giovani gli sportelli lavoro del sindacato? Il 69,8% dei dirigenti territoriali e degli iscritti Cisl dichiara che lo sono; da sottolineare come tali sportelli abbiano visto piena implementazione, in raccordo con le Agenzie per il Lavoro aderenti, solo da pochissimi mesi per cui sarà necessario analizzare più avanti questo dato al termine di un attento monitoraggio. Più nel dettaglio emergono quattro temi maggiormente ricorrenti: orientamento, informazione, formazione ed incontro fra domanda e offerta. Con le loro risposte il campione fa emergere il lavoro – spesso sottovalutato – dell’orientamento, dell’in-formazione al lavoro e dell’incontro tra domanda ed offerta come tematica su cui molto si sta scommettendo, specialmente dopo il periodo appena trascorso che ci ha visti interessati da una pandemia mondiale. Il 92% del campione crede che sia fondamentale intervenire sul tema creando reti tra i diversi attori coinvolti per arginare il fenomeno; in questo senso, in più occasioni il sindacato CISL ha manifestato il proprio interesse sul tema partecipando a tavole rotonde sull’argomento, creando reti e network con l’amministrazione regionale e con gli enti del territorio.
Le proposte che emergono dal campione si diramano in tre direzioni: corsi di formazione interni per poter meglio comprendere ed attenzionare i fattori di rischio e di prevenzione consentendo l’acquisizione di una maggiore consapevolezza sul tema e di poter realizzare future azioni concrete; sportello Lavoro Cisl Puglia: la proposta è di una maggiore strutturazione degli sportelli lavoro con l’organizzazione di un database che consenta di monitorare l’efficacia degli stessi ed, infine, l’implementazione di attività di orientamento al lavoro. L’idea di base della CISL Puglia, oltre a raccogliere il punto di vista dei dirigenti locali e degli iscritti, è stata anche quella di riflettere e ricavare il punto di vista dei giovani coinvolti in prima persona nella condizione Neet. Per questa ragione è stato immaginato uno strumento di matrice qualitativa che ha permesso di acquisire dati interessanti e che danno contezza delle difficoltà che in questa condizione si incontrano, le opportunità da cogliere e la visione per il futuro.
Il campione distinto per età 15-19, 20-24, 25-29 – è stato distinto anche per titolo di studio - il 56,2% possedeva un diploma di scuola secondaria di secondo grado, il 28,2% un diploma di laurea e il 15,6% diploma di scuola secondaria di primo grado; di questi il 71,9% si dichiara disoccupato e il 28,1% inattivo. L’analisi dei dati generati delle interviste è stata analizzata attraverso il software T-Lab; nel dettaglio si è scelto di utilizzare l’analisi delle specificità e l’associazione di parole. L’associazione di parole consente di verificare le relazioni di co-occorrenza e di similarità che, all'interno del corpus o di un suo sottoinsieme, determinano il significato locale delle parole chiave selezionate; in questo caso sono stati analizzati i lemmi covid, impegno e sfiducia. Per quanto riguarda il lemma covid i giovani Neet parlano di aziende che chiudono, che non assumono, di una peggiore condizione generale gravata dalla crisi. Ciò è vero tanto per la parte giovanile del campione tanto quanto per gli adulti per cui sorge spontanea una domanda: le occorrenze associate a tale lemma sono il frutto di una narrazione, martellante in alcuni casi, che ritraeva aziende che chiudevano i battenti, di giovani che subivano le mura domestiche, delle difficoltà che avrebbero dovuto incontrare una volta finita la pandemia oppure potremmo affermare che col passare del tempo questa condizione (Neet) porta ad attenzionare solo uno degli ambiti che la compongono? In altri termini, è difficile per un Neet pensare di ritornare sui banchi della formazione? Le occorrenze legate al lemma impegno, invece, restituiscono significati riferibili a due nodi concettuali; impegno come raggiungimento di un traguardo scolastico e impegno derivante dal sostegno familiare e che volge lo sguardo al futuro.
Infine, le occorrenze associate al lemma sfiducia fanno riferimento al disimpegno, al futuro, alla realtà: è davvero questo il percorso di vita (spesso disilluso) che vogliamo far fare alle giovani generazioni? Alla disillusione bisogna associare la speranza, infatti, richiamando Ernest Bloch «questa non è una disposizione spontanea, impulsiva o istintiva, ma va compresa e appresa, cioè va acquisita attraverso lo studio e l'esperienza» per cui il compito degli adulti dovrebbe essere quello di presentarsi concretamente come validi punti di riferimento con i quali condividere i propri percorsi, anche molto articolati come nel caso dei Neet; in questo senso, assumendo tutto ciò come un ulteriore pezzo di un puzzle, la Cisl Puglia sta continuando a lavorare in tale direzione. L’analisi delle specificità del campione considerato mostra come il diverso posizionamento dei soggetti rispetto al mondo del lavoro (disoccupati e inattivi) modifichi trasversalmente sia la narrazione che il discorso in generale dei soggetti coinvolti. Prendendo in analisi le specificità relative ai disoccupati si evince come problematizzino maggiormente la propria condizione, cercando, in sostanza di collocarsi nel mondo lavorativo e della formazione. Gli inattivi, invece, elaborano una narrazione diametralmente opposta: emerge, nel complesso, un’attenzione al hic et nunc, una sfiducia più marcata rispetto a chi è attivamente alla ricerca di un lavoro o di un programma di formazione. Argomentare sul tema lavoro, oggi, in un’epoca di rivoluzioni formali e sostanziali a livello societario, appare alquanto azzardato: significa scontrarsi non solo con la volontarietà della ricerca lavorativa, ma anche con dinamiche personali, sociali ed economiche.
“Giovani e lavoro” è un connubio che, da sempre, fa discutere: periodicamente si assistono a dibattiti, politici e non, che investono questa tematica. Dalla lettura delle specificità sul tema lavoro sembrerebbero polarizzarsi differenti percezioni: Una visione del lavoro come autorealizzazione; può essere vista come la massima aspirazione, la possibilità di diventare tutto ciò che si desidera in conformità con i propri valori, principi etici e morali. La condizione di questi giovani, la visione del mondo, la percezione delle difficoltà non è omogenea e ciò, dunque, richiede la progettazione di politiche di supporto differenti, targettizzate e che tengano conto dei diversi percorsi. Una idea di lavoro come strumento per vivere o per sopravvivere, che condiziona, quando lo fa, solo secondariamente le scelte che riguardano altre dimensioni della vita, ma per il quale non si è disposti a spendere più di quanto non torni utile secondo una razionalità strumentale di breve periodo. Infine, il cosiddetto “lavoro povero”, persone che pur lavorando stabilmente vivono in condizioni di povertà; ne consegue che tale condizione inietta nell’immaginario giovanile l’idea che “se lavorare significa rinunciare ai propri sogni e per di più rimanere comunque poveri, tanto vale non lavorare”. In sintesi, dunque, servono politiche effettivamente attive per spingere chi si trova in cerca di occupazione, non studia e non si forma e ancor di più chi non si impegna a cercare lavoro perché disamorato e scoraggiato, a ritrovare il senso del lavoro, il gusto del sentirsi utili agli altri attraverso il proprio impegno quotidiano. Per poterlo fare c’è molto su cui impegnarsi tra cui: la partecipazione come modalità concreta per affermare l’emancipazione del lavoro e realizzare un protagonismo positivo del lavoratore, fatto di responsabilità e coinvolgimento, i contratti nazionali e di secondo livello da applicare rigorosamente, la giusta retribuzione, la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro da garantire, punti di riferimento che generino fiducia in un mondo particolarmente precario. Solo così chi davvero è disaffezionato nei confronti della società potrà trovare le ragioni per tornare a sentirsene parte.
“Giovani e lavoro” è un connubio che, da sempre, fa discutere: periodicamente si assistono a dibattiti, politici e non, che investono questa tematica. Dalla lettura delle specificità sul tema lavoro sembrerebbero polarizzarsi differenti percezioni: Una visione del lavoro come autorealizzazione; può essere vista come la massima aspirazione, la possibilità di diventare tutto ciò che si desidera in conformità con i propri valori, principi etici e morali. La condizione di questi giovani, la visione del mondo, la percezione delle difficoltà non è omogenea e ciò, dunque, richiede la progettazione di politiche di supporto differenti, targettizzate e che tengano conto dei diversi percorsi. Una idea di lavoro come strumento per vivere o per sopravvivere, che condiziona, quando lo fa, solo secondariamente le scelte che riguardano altre dimensioni della vita, ma per il quale non si è disposti a spendere più di quanto non torni utile secondo una razionalità strumentale di breve periodo. Infine, il cosiddetto “lavoro povero”, persone che pur lavorando stabilmente vivono in condizioni di povertà; ne consegue che tale condizione inietta nell’immaginario giovanile l’idea che “se lavorare significa rinunciare ai propri sogni e per di più rimanere comunque poveri, tanto vale non lavorare”. In sintesi, dunque, servono politiche effettivamente attive per spingere chi si trova in cerca di occupazione, non studia e non si forma e ancor di più chi non si impegna a cercare lavoro perché disamorato e scoraggiato, a ritrovare il senso del lavoro, il gusto del sentirsi utili agli altri attraverso il proprio impegno quotidiano. Per poterlo fare c’è molto su cui impegnarsi tra cui: la partecipazione come modalità concreta per affermare l’emancipazione del lavoro e realizzare un protagonismo positivo del lavoratore, fatto di responsabilità e coinvolgimento, i contratti nazionali e di secondo livello da applicare rigorosamente, la giusta retribuzione, la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro da garantire, punti di riferimento che generino fiducia in un mondo particolarmente precario. Solo così chi davvero è disaffezionato nei confronti della società potrà trovare le ragioni per tornare a sentirsene parte.