(fernandozhiminaicela/Pixabay) |
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - L'immaginare non è uno stato mentale: è l'esistenza umana stessa. (W. Blake)
Evviva i “Robot”!!! Negli anni Ottanta, quando il Ministro Falcucci decise che dovessi occuparmi della Legge 517 per l’integrazione dei Soggetti in quel tempo definiti Handicappati e oggi con un eufemismo indicati come Soggetti diversamente abili, un Preside mi invitò generosamente ad un Corso per apprendere l’uso del Computer e di rudimentali Robot appena giunti. Uno di questi robot era stato programmato come psicologo in modo ovviamente stereotipato perché ognuno di noi è un universo nella psiche e nel corpo e non c’è robot che tenga….
Appresi subito ad usare i computer, ben consapevole della loro assoluta inefficienza senza la mano e l’intelletto di chi lo usa. Stessa affermazione vale per i robot che sono di ausilio a noi esseri umani ma necessitano di competenza , soprattutto in ambito chirurgico. Abilità, conoscenza e possibilità effettiva di intervenire manualmente. E’ a tutti noto che l'etimologia della parola chirurgo deriva dal greco χειρουργός (cheirourgos), formato da χείρ (cheir) = mano e da ἔργον (ergon) = opera; il chirurgo, quindi, è colui che opera con le mani, colui che cura, guarisce con l'uso delle mani.
Certo gli strumenti sono tutti estensioni del nostro corpo : i cannocchiali sono estensioni dell’occhio strumento a sua volta del cervello, i grandi telescopi vedono un numero maggiore di stelle ma queste sempre distanti rimangono, e così ogni strumento diagnostico quale ad esempio la risonanza magnetica o gli ecografi che vedono dentro il nostro corpo ma che non potranno mai sostituire la grande intuizione del clinico , del clinico che però sappia ancora osservare ….
Noi esseri umani, limitati, sempre siamo stati alla ricerca di potenziare noi stessi tramite strumenti. Il problema risiede, però, nel non affidarci totalmente a tali apparecchi, ma essere presenti a noi stessi coscienti che tali strumenti sono di aiuto in alcuni casi ma non sostituiscono. Per non dir poi del mutato rapporto Medico - Paziente: al posto del tocco amorevole e rassicurante del medico si pone il freddo braccio robotico …E duole dirlo si sta anche definendo, a livello immaginario, una sorta di mistica robotica : è come se prendesse corpo un ’essere superiore salvifico. Un moderno sciamano!
Perdonatemi, ma ogni tanto l’ironia rende larealtà più accettabile ma mi piace ripetere che le macchine sono di ausilio e certo non sostituiscono. Personalmente ritengo di essere molto tecnologica: ho sempre giocato con la tecnologia sin dall’età di 4 anni. Mi sono però accorta, per esempio, che utilizzando per rapidità sempre il programma scrittura del computer non riesco più a scrivere a penna in modo leggibile …
Sto sottolineando che immancabilmente, utilizzando solo gli ausili tecnologici, si perdono diverse abilità essenziali per l’ essere umano a cominciare dalla capacità di pensare in modo riflessivo e dunque profondo, di quell’immaginare proprio di noi umani e che l’eccessivo affidarsi alla tecnologia rischia di obnubilare rendendoci tutti un po’ automi, robot anche noi nelle mani di chi preferisce il non pensiero. Molto diversa è l’ideazione se si scrive a mano da quella che ne scaturisce se si usa sempre il computer .
La ben nota Maria Montessori ha più volte affermato che “la mano è l’organo dell’intelligenza “ . La coordinazione” mano cervello” è fondamentale: toccare è vedere, così come vedere è toccare , ma il problema si inscrive nel saper vedere… Le mani guardano ci insegna una famosa mostra degli anni Ottanta allestista a Parigi. Non a caso si dice che la conoscenza di strumenti musicali e l’esecuzione di brani musicali facilita lo sviluppo cognitivo.
Ehhhhh però Signori e Signore… il mood , gli umori , la tendenza , l’ illusione nell’ onnipotenza robotica, nella tecnologia in genere rischiano di rendere sempre più esile e fragile la nostra possibilità di essere scevri da condizionamenti e dunque liberi e ancor più coarta l’ identità medica nella sua pienezza, Oggi, tra l’altro, ogni ramo della Scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regga su entità impalpabili e invisibili. Diremmo minimali oppure grandiose…
Mi riferisco ai messaggi del DNA, agli impulsi dei neuroni, ai quark, ai neuroni che si interconnettono dinamicamente nelle strutture dell’ anatomia, nei processi della fisiologia o concentrati in una parte del corpo esclusiva e altamente specializzata quale il cervello, la cui produzione è l’immaterialità della mente.
Su altre fonti ho scritto e mi si perdoni se lo ripeto in questa sede che “ L’ Arte Medica – nel suo significato di Techne- è antica quanto l’uomo poiché in vari modi questi ha tentato attraverso l’uso di strumenti vari di migliorare le condizioni di vita e di rivolgere il suo sguardo all’eternità.
Si ritrovano cognizioni mediche nel Canone di medicina interna dei Cinesi sin dal 2.800 a.C . Gli Egizi si occuparono dell’anatomia e, da quanto si conosce, riuscivano tra l’altro a curare le lesioni traumatiche e le ferite. Cleopatra conosceva elementi di medicina tanto da scrivere libri di medicina come risulta da un antico manoscritto di Al- Masudi (nel 956). Gli esempi nel corso della storia potrebbero essere tanti. Ma è in Grecia che la malattia incominciò ad essere considerata come il sintomo di uno squilibrio generale del paziente per cui il medico prese ad occuparsi dell’ammalato nella sua interezza. Ippocrate trasformò la medicina sciamanica in conoscenza dell’uomo e in scienza che non trascurava l’ambiente, l’anamnesi e l’ereditarietà.
Ehhhhh però Signori e Signore… il mood , gli umori , la tendenza , l’ illusione nell’ onnipotenza robotica, nella tecnologia in genere rischiano di rendere sempre più esile e fragile la nostra possibilità di essere scevri da condizionamenti e dunque liberi e ancor più coarta l’ identità medica nella sua pienezza, Oggi, tra l’altro, ogni ramo della Scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regga su entità impalpabili e invisibili. Diremmo minimali oppure grandiose…
Mi riferisco ai messaggi del DNA, agli impulsi dei neuroni, ai quark, ai neuroni che si interconnettono dinamicamente nelle strutture dell’ anatomia, nei processi della fisiologia o concentrati in una parte del corpo esclusiva e altamente specializzata quale il cervello, la cui produzione è l’immaterialità della mente.
Su altre fonti ho scritto e mi si perdoni se lo ripeto in questa sede che “ L’ Arte Medica – nel suo significato di Techne- è antica quanto l’uomo poiché in vari modi questi ha tentato attraverso l’uso di strumenti vari di migliorare le condizioni di vita e di rivolgere il suo sguardo all’eternità.
Si ritrovano cognizioni mediche nel Canone di medicina interna dei Cinesi sin dal 2.800 a.C . Gli Egizi si occuparono dell’anatomia e, da quanto si conosce, riuscivano tra l’altro a curare le lesioni traumatiche e le ferite. Cleopatra conosceva elementi di medicina tanto da scrivere libri di medicina come risulta da un antico manoscritto di Al- Masudi (nel 956). Gli esempi nel corso della storia potrebbero essere tanti. Ma è in Grecia che la malattia incominciò ad essere considerata come il sintomo di uno squilibrio generale del paziente per cui il medico prese ad occuparsi dell’ammalato nella sua interezza. Ippocrate trasformò la medicina sciamanica in conoscenza dell’uomo e in scienza che non trascurava l’ambiente, l’anamnesi e l’ereditarietà.
Nel Giuramento vi sono le fondazioni della natura del Rapporto Medico- Paziente che trascende la Scienza e ogni innovazione tecnologica avvalendosi in ogni modo di queste. Nel Giuramento incontriamo il Paziente nel rapporto con il suo Medico in grado comprendere il sintomo, l’intimo inevitabile rapporto tra il dolore fisico e la sofferenza psichica, all’interno del quale l’identità del medico appare l’elemento centrale per poter sostenere, contenere il paziente prendendosene cura.
Di qui la necessità assoluta del Medico di saper ascoltare profondamente le parole del Paziente, i gesti, lo sguardo, l’espressione del volto, la postura, il non- detto e quant’altro appartenga a quel determinato Paziente e non ad altri. Il che vuol dire che nella nostra contemporaneità , per alcune patologie l’estraneità della malattia diventa un oggetto concreto nel proprio corpo: mi riferisco alla grande tematica dei trapianti d’organo, sia interni che esterni, agli innesti di tessuto, alle protesi e così via…
La Scienza Medica dilata sempre di più le frontiere del possibile e l’Arte Medica, nel suo più autentico significato, si ritrova oggi tra problematiche complesse di relazione, tecnologiche e organizzative. Tutto ciò determina una risonanza emotiva profondissima del Paziente con l’emergere di inaspettati vissuti e aspetti latenti e/o rimossi. Le innovazione tecnologiche, quali tra le altre anche i robot, che applicano nella realtà le conoscenze scientifiche non sono senza effetti sulla persona del Paziente e del Medico nonché del loro rapporto. Delegare totalmente le diagnosi alle “ macchine” significa e parcellizzare il Paziente e abdicare alla propria funzione di Medico così come non tenerne conto può significare credere nella propria onnipotenza narcisistica: in entrambi i casi il Paziente viene negato nella sua realtà di persona (burn out).
Quale futuro attende la Scienza Medica e l’Uomo? Si tratta di pensare il non ancora che ci appare già presente. L’intrusività della tecnologia vìola, in ogni caso, l’intimità del Paziente che oggi più che in altri tempi necessita di una relazione con il Medico in cui la fiducia diventa davvero un elemento cardine dell’intera relazione. Di qui, nonostante il sostegno della tecnica , a volte forse eccessivamente sostenuta dal mercato ma non mi permetto a tal proposito alcuna considerazione , appare oltremodo la necessità di ripensare alla propria identità di Medico per riconsiderare il Paziente nella sua complessità di Persona. Il che non significa evidentemente assolutamente rinunciare a quanto la tecnica, la robotica o altro nella realtà tecnologica ci indicano perché sono un ausilio.
Quale futuro attende la Scienza Medica e l’Uomo? Si tratta di pensare il non ancora che ci appare già presente. L’intrusività della tecnologia vìola, in ogni caso, l’intimità del Paziente che oggi più che in altri tempi necessita di una relazione con il Medico in cui la fiducia diventa davvero un elemento cardine dell’intera relazione. Di qui, nonostante il sostegno della tecnica , a volte forse eccessivamente sostenuta dal mercato ma non mi permetto a tal proposito alcuna considerazione , appare oltremodo la necessità di ripensare alla propria identità di Medico per riconsiderare il Paziente nella sua complessità di Persona. Il che non significa evidentemente assolutamente rinunciare a quanto la tecnica, la robotica o altro nella realtà tecnologica ci indicano perché sono un ausilio.
La Medicina pone le sue radici nelle discipline umanistiche e in tal senso è conoscenza dell’essere umano. Alla luce di tali considerazioni il rapporto Medico-Paziente pone in costante relazione le conoscenze del Medico e i vissuti del Paziente in una reciprocità in cui le emozioni, al di là delle macchine, transitano dal Paziente al Medico e viceversa. E non mi dilungo sulle attese dovute ad altro ma che certo bene non fanno... E tutto ciò credo che valga al di là di qualsiasi robot, utile ma non certo da diventare sostitutivo della mano e della abilità chirurgica, E spero che non ci si dimentichi dello sguardo ( necessario per una semiotica opportuna) della Parola terapeutica del Medico e le sue tecniche di accudimento”.
L’avvio di nuove modalità di approccio per eseguire l’intervento chirurgico non cambia il tipo di procedura chirurgica perche’ questo è determinato dalle conoscenze fisiopatologiche e non certo dalla facilità o meno di eseguire un atto chirurgico. La migliore visione robotica non elimina pertanto la necessità delle conoscenze anatomiche al massimo grado. Introdurre una modalità diversa di eseguire lo stesso intervento è un modo come un altro onde perseguire sempre risultati che si ritengano migliori. Ma sia ben chiaro a tutti che lo strumento non sostituisce ne’la decisione terapeutica, ne’ la mano ne’ l’occhio del chirurgo.
Oppure i robot dovranno anche accarezzare il Paziente con il loro braccio metallico ?
L’avvio di nuove modalità di approccio per eseguire l’intervento chirurgico non cambia il tipo di procedura chirurgica perche’ questo è determinato dalle conoscenze fisiopatologiche e non certo dalla facilità o meno di eseguire un atto chirurgico. La migliore visione robotica non elimina pertanto la necessità delle conoscenze anatomiche al massimo grado. Introdurre una modalità diversa di eseguire lo stesso intervento è un modo come un altro onde perseguire sempre risultati che si ritengano migliori. Ma sia ben chiaro a tutti che lo strumento non sostituisce ne’la decisione terapeutica, ne’ la mano ne’ l’occhio del chirurgo.
Oppure i robot dovranno anche accarezzare il Paziente con il loro braccio metallico ?