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I suoi legali, gli avvocati Massimo Chiusolo e Claudia Terlizzi, hanno presentato ricorso per violazione di 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ovvero la disposizione sul diritto a un equo processo.
Secondo quanto si apprende nel ricorso “il processo celebrato a carico del ricorrente ha violato il diritto del De Simine di essere giudicato in tempi ragionevoli, con il rispetto delle garanzie difensive e del contraddittorio”. La difesa lamenta nella fattispecie come l’udienza d’appello sia stata fissata non solo a quasi 10 anni dalla prima condanna, ma anche “in assenza della disponibilità del fascicolo”: era infatti sparito il materiale del primo grado. La ricostruzione parziale del fascicolo avvenne solo due giorni prima dell’udienza, poi conclusasi con una nuova condanna.
“I pochi atti ricostruiti – prosegue il ricorso – non erano presenti che due giorni pima, essendo giunti il 2 dicembre a fronte di una udienza celebratasi il 4 dicembre” 2020. Atti che, secondo quanto rilevato dagli avvocati, “non erano certi quanto a contenuto con riguardo ai motivi d’appello, mentre risultavano mancanti totalmente” dell’interrogatorio difensivo dell’incolpato, strumento con cui De Simine aveva cercato di spiegare i motivi dell’aggressione. Le decisioni della Corte d’Appello di Bari e della Cassazione, quindi, avrebbero “determinato una gravissima ed irreparabile lesione del diritto di difesa del De Simine sotto diversi profili”. “Non solo il processo non si è svolto in termini di ragionevole durata ma altresì l’imputato non ha potuto disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa”.