Bari, fatture false e indebite compensazioni d'imposta: sequestrati 2,3 milioni a due aziende baresi
BARI - Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Bari hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo di beni, per un valore complessivo di circa 2,3 milioni di euro, nei confronti di due società, con sede nel capoluogo pugliese, esercenti l’attività di fabbricazione di prodotti per l’edilizia, nonché dei suoi 3 amministratori, quale profitto dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e indebita compensazione d’imposta.
Il provvedimento – emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta dell’ Ufficio giudiziario (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) – costituisce l’epilogo delle attività ispettive eseguite dalla locale Agenzia delle Entrate nei confronti delle predette società e dei successivi mirati approfondimenti delegati al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria barese.
In particolare, gli amministratori di diritto pro-tempore delle citate imprese avrebbero indicato nelle previste dichiarazioni fiscali – con riferimento agli anni d’imposta 2018 e 2019 – costi inesistenti (documentati da un consorzio di imprese romano), per un importo complessivo di € 3,7 milioni circa, relativi ad attività di ricerca e sviluppo, utilizzando, altresì, in compensazione, quali crediti d’imposta, quota parte dei suddetti oneri.
Secondo l’impostazione accusatoria di questo Ufficio giudiziario, accolta dal G.I.P. (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), tali prestazioni:
– da un lato, non avrebbero rispettato le condizioni normative necessarie per beneficiare del credito d’imposta, di cui all’art. 3 del decreto legge n. 145/2013, riconosciuto alle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, per mancanza dei requisiti di novità, creatività e incertezza, elaborati in ambito OCSE (nello specifico nel c.d. “Manuale di Frascati”) e recepiti dal legislatore nazionale;
– dall’altro, si sarebbero rivelate inesistenti sulla base di plurimi indici di anomalia (reiterati inadempimenti fiscali da parte del consorzio, insufficienti pagamenti delle prestazioni fatturate da quest’ultimo, omessa documentazione dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti, etc.).
Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, questa Procura della Repubblica – in virtù della normativa che prevede la possibilità di applicazione anche della “confisca per equivalente” – ha avanzato una richiesta di sequestro di beni e utilità, al fine di inibire il consolidamento del vantaggio economico derivante dalla presunta evasione. Il G.I.P., aderendo alla predetta richiesta, ha quindi emesso il decreto di sequestro preventivo dei beni nella disponibilità delle società baresi e, in subordine, dei suoi amministratori.
Il provvedimento – emesso dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta dell’ Ufficio giudiziario (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) – costituisce l’epilogo delle attività ispettive eseguite dalla locale Agenzia delle Entrate nei confronti delle predette società e dei successivi mirati approfondimenti delegati al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria barese.
In particolare, gli amministratori di diritto pro-tempore delle citate imprese avrebbero indicato nelle previste dichiarazioni fiscali – con riferimento agli anni d’imposta 2018 e 2019 – costi inesistenti (documentati da un consorzio di imprese romano), per un importo complessivo di € 3,7 milioni circa, relativi ad attività di ricerca e sviluppo, utilizzando, altresì, in compensazione, quali crediti d’imposta, quota parte dei suddetti oneri.
Secondo l’impostazione accusatoria di questo Ufficio giudiziario, accolta dal G.I.P. (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa), tali prestazioni:
– da un lato, non avrebbero rispettato le condizioni normative necessarie per beneficiare del credito d’imposta, di cui all’art. 3 del decreto legge n. 145/2013, riconosciuto alle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, per mancanza dei requisiti di novità, creatività e incertezza, elaborati in ambito OCSE (nello specifico nel c.d. “Manuale di Frascati”) e recepiti dal legislatore nazionale;
– dall’altro, si sarebbero rivelate inesistenti sulla base di plurimi indici di anomalia (reiterati inadempimenti fiscali da parte del consorzio, insufficienti pagamenti delle prestazioni fatturate da quest’ultimo, omessa documentazione dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti, etc.).
Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti dall’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, questa Procura della Repubblica – in virtù della normativa che prevede la possibilità di applicazione anche della “confisca per equivalente” – ha avanzato una richiesta di sequestro di beni e utilità, al fine di inibire il consolidamento del vantaggio economico derivante dalla presunta evasione. Il G.I.P., aderendo alla predetta richiesta, ha quindi emesso il decreto di sequestro preventivo dei beni nella disponibilità delle società baresi e, in subordine, dei suoi amministratori.