BARI - Nella giornata odierna l’amministrazione comunale ha ricordato il 31^ anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, con la deposizione di corone d’alloro nei luoghi dedicati al ricordo dei martiri di questo tragico evento che ha segnato, al contempo, il risveglio della coscienza civile in tutto il Paese.
Alle 17.57, ora esatta della strage, presso la facciata di Palazzo di Città, il sindaco Antonio Decaro ha osservato un minuto di raccoglimento accompagnato dalle note de “Il silenzio”, indossando la fascia tricolore, simbolo dell’unità nazionale e dei valori costituzionali per difendere i quali Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta persero la vita.
A seguire Decaro ha preso la parola: “La strage di Capaci non è stata una strage che ha riguardato solo le mafie siciliane - ha detto -. La strage di Capaci è stata una strage italiana che ha ammazzato il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti della sua scorta Rocco di Cillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro e, con loro, ha tentato di ammazzare un’idea di Stato che ha combattuto la mafia a viso aperto. Perché questo ha fatto Giovanni Falcone per tutta la sua vita: ha guardato in faccia le mafie che rendevano prigioniera la sua terra e ha cercato di combatterle con le uniche armi che gli uomini delle istituzioni posseggono: le leggi.
Giovanni Falcone non ha indietreggiato. Così come non ha indietreggiato Paolo Borsellino nonostante l’accaduto, consapevole che quello di Capaci era un messaggio rivolto anche a lui e a tutti gli uomini e le donne di Palermo che avevano deciso di non abbassare la testa.
Ma abbassare la testa, lasciar morire lì a Capaci anche lo straordinario lavoro del giudice Falcone avrebbe significato farlo morire due volte. Perché è la paura il sentimento su cui la mafia fa leva attraverso le minacce, le intimidazioni, i cosiddetti avvertimenti. Ed è qui che dobbiamo intervenire noi, le istituzioni, e lavorare insieme alle scuole, le parrocchie, e le associazioni dobbiamo essere più forti nel costruire quella rete di protezione culturale e sociale che non lascia spazio alle loro voci. Anche a questo serve ricordare la giornata di oggi e l’esempio di Giovanni Falcone. A ricordarci che la paura è un sentimento naturale ma se si condivide con chi ti sta accanto ha meno forza e non ti impedisce di scegliere di stare dalla parte giusta.
A Giovanni Falcone, alla sua scorta, a Francesca Morvillo, a tutti i servitori dello Stato, oggi dedichiamo idealmente l’inizio dei lavori che permetteranno finalmente a Bari di avere una sede giudiziaria degna dell’importanza delle sue funzioni e del suo lavoro per la nostra comunità. A loro dedichiamo il nostro impegno per la realizzazione di quest’opera, affinché tutti gli operatori di giustizia sappiano che il loro lavoro per la città di Bari è importante, sebbene per troppo tempo non abbia ricevuto l’attenzione che merita. Grazie per quello che fate per la nostra città”.
Alle 17.57, ora esatta della strage, presso la facciata di Palazzo di Città, il sindaco Antonio Decaro ha osservato un minuto di raccoglimento accompagnato dalle note de “Il silenzio”, indossando la fascia tricolore, simbolo dell’unità nazionale e dei valori costituzionali per difendere i quali Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta persero la vita.
A seguire Decaro ha preso la parola: “La strage di Capaci non è stata una strage che ha riguardato solo le mafie siciliane - ha detto -. La strage di Capaci è stata una strage italiana che ha ammazzato il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti della sua scorta Rocco di Cillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro e, con loro, ha tentato di ammazzare un’idea di Stato che ha combattuto la mafia a viso aperto. Perché questo ha fatto Giovanni Falcone per tutta la sua vita: ha guardato in faccia le mafie che rendevano prigioniera la sua terra e ha cercato di combatterle con le uniche armi che gli uomini delle istituzioni posseggono: le leggi.
Giovanni Falcone non ha indietreggiato. Così come non ha indietreggiato Paolo Borsellino nonostante l’accaduto, consapevole che quello di Capaci era un messaggio rivolto anche a lui e a tutti gli uomini e le donne di Palermo che avevano deciso di non abbassare la testa.
Ma abbassare la testa, lasciar morire lì a Capaci anche lo straordinario lavoro del giudice Falcone avrebbe significato farlo morire due volte. Perché è la paura il sentimento su cui la mafia fa leva attraverso le minacce, le intimidazioni, i cosiddetti avvertimenti. Ed è qui che dobbiamo intervenire noi, le istituzioni, e lavorare insieme alle scuole, le parrocchie, e le associazioni dobbiamo essere più forti nel costruire quella rete di protezione culturale e sociale che non lascia spazio alle loro voci. Anche a questo serve ricordare la giornata di oggi e l’esempio di Giovanni Falcone. A ricordarci che la paura è un sentimento naturale ma se si condivide con chi ti sta accanto ha meno forza e non ti impedisce di scegliere di stare dalla parte giusta.
A Giovanni Falcone, alla sua scorta, a Francesca Morvillo, a tutti i servitori dello Stato, oggi dedichiamo idealmente l’inizio dei lavori che permetteranno finalmente a Bari di avere una sede giudiziaria degna dell’importanza delle sue funzioni e del suo lavoro per la nostra comunità. A loro dedichiamo il nostro impegno per la realizzazione di quest’opera, affinché tutti gli operatori di giustizia sappiano che il loro lavoro per la città di Bari è importante, sebbene per troppo tempo non abbia ricevuto l’attenzione che merita. Grazie per quello che fate per la nostra città”.