Ensemble chitarristico di respiro internazionale, il Guitalian Quartet ha fatto il giro del globo, dalla Triphony Hall di Tokyo al Teatro Coliseo di Buenos Aires, passando per la Salle Cortot di Parigi. E sabato 27 maggio (ore 21) approda al Teatro van Westerhout di Mola di Bari per la primavera dell’Agìmus, forte anche di una produzione discografica caratterizzata dalla pubblicazione per l’etichetta newyorchese Bridge Record di «Contemporary Italian Music for Guitar», progetto nel quale sono convogliati molti degli autori eseguiti in prima assoluta in quasi vent’anni di attività. Il quartetto, composto da Guido Fichtner, Claudio Marcotulli, Stefano Palamidessi e Adriano Walter Rullo, si è infatti caratterizzato per l’attenzione alle nuove frontiere musicali, diventando punto di riferimento per molti autori italiani contemporanei che hanno scritto appositamente per quest’ensemble, da Paolo Arcà a Giovanni Sollima a Francesco Pennisi, solo per citarne alcuni.
Spesso i programmi da concerto del Guitalian Quartet sono costruiti tematicamente. E non sfugge alla regola l’impaginato di quest’appuntamento intitolato «Fireworks», fuochi d’artificio. In effetti, i brani scelti sono davvero scoppiettanti, a partire dal corpo del programma interamente dedicato alla musica sudamericana, in cui la chitarra notoriamente riveste un ruolo di primaria importanza e di costante riferimento nello sviluppo della ideazione. «Alfonsina y el mar», che apre questo mini-ciclo, è una malinconica e commovente canzone del compositore Ariel Ramirez, ispirata al tragico suicidio in mare della poetessa argentina Alfonsina Storni, cui seguirà «Brésils» di Roland Dyens, il chitarrista francese di origini tunisine che ha fatto della contaminazione (soprattutto con la musica latino-americana e il jazz) uno dei punti cardine del proprio stile, tanto da essere stato l’unico chitarrista classico a partecipare nel 2010 al concerto organizzato nel Théâtre du Châtelet di Parigi per celebrare il grande gipsy Django Reinhardt. Si ascolterà anche un medley tutto carioca con il fado brasiliano «Brejero» di Ernesto Nazareth e i choro «Doce de coco» di Jacob do Bandolim e «Um a zero» di Pixinguinha.
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