FRANCESCO GRECO - C’è chi propone Otranto, storica porta fra Oriente e Occidente, chi Gallipoli (nel XVI secolo batteva il prezzo europeo dell’olio), poi Castro, S. Maria di Leuca, Vignacastrisi, perfino Maglie.
E se invece il G7 2024 avesse luogo a San Dana (Lecce), detta anche la piccola Davos del Mediterraneo? E dove dal 2017 ad agosto, in coincidenza della festa dell’omonimo santo di Valona arrivano gli albanesi ai massimi livelli (dal Cardinale Ernest Simoni al sindaco di Valona) e si parla di pace, storia, arte, letteratura, scambi commerciali, etc?
Da quando si è sparsa voce del G7 in itinere in Terra d’Otranto, i social fibrillano di opinioni sospese fra indifferenza, disincanto, esorcismi, critiche. “Non sono degni di calpestare questa terra!” (Alfredo Torsello). “Mannatini sti scazzamurreddhri” (Felice Bono). “Non ci illudiamo che col G7 possano esserci per noi dei vantaggi…” (Annalisa Cordella). “Pronti i pomodori” (Fabiola Chirivì). “A Leuca, allu mare spunnatu...” (Francesco Crispe). “Finalmente Emiliano è rimasto deluso” (Roberto Pisano). “Lecce, città d’arte, se ne fotte di chi arriva e di chi parte” (Antonio Orlando), citazione della risposta di un sindaco leccese, Oronzo Mansi, il 22 aprile 1797, a Ferdinando IV di Borbone, che non aveva apprezzato l’Arcu de Pratu. “Magari vedranno lo scempio che hanno combinato con gli ulivi” (Benno Caputo).
E che magari, chissà, pensa qualcuno, i “grandi” (dai canadesi ai giapponesi) anche il disastro della SS 275 a quattro corsie, se da qui a un anno dovessero farla sul serio, dopo la tragedia della Maglie-Otranto, altra opera devastante quanto inutile, anzi, utile alla carta di credito dei soliti noti.
Le reazioni dei territori evidenziano, ove ce ne fosse ancora bisogno, la diaspora, forse definitiva, fra élite e popolo. I social sono la cassa di risonanza, ma anche le urne, che vedono calare la percentuale dei votanti a ogni tornata elettorale.
Ma la crasi è anche generazionale: i giovani votano poco. E c’è anche una connotazione di classe: la stessa segretaria del Pd sostiene che i poveri disertano le urne. Deve esservi una distopia nella narrazione se ancora si definiscono “grandi” quelli del G7. Trattasi del famoso miliardo di abbienti ma ormai con crescita zero o quasi. Giorni fa negli Usa si parlava di default, momentaneamente scongiurato. Resta perciò l’autosuggestione, la grandeur.
Bisogna essere ciechi per non vedere che il pianeta sta riscrivendo i suoi equilibri geo-politici. Ottobre 2022, a San Pietroburgo Putin ha riunito oltre 130 Paesi, che hanno fatto scambi commerciali per un terzo del pil mondiale (“Il solito vittimismo di Putin”, Mentana, TgLa7). Il leader del Cremlino ha parlato di fine del monocentrismo e della necessità di una moneta in sostituzione del dollaro per gli scambi commerciali.
Infatti oggi molti Paesi usano il yuan.
40 Paesi africani (in tutto sono 54) si sono messi sotto la protezione della Federazione Russa. I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e altri (fra Africa, Asia e America Latina) chiedono di entrare: Iran, Palestina, Egitto, Argentina, Venezuela, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Indonesia, Bahrein, Palestina, Egitto, Turchia, Venezuela, etc. E pensano a una loro valuta. Il 2 giugno si vedranno a Città del Capo. Putin ci sarà.
In parole povere: il G7 pare una confraternita di vecchi nobili decaduti in una rsa, con la dentiera e i pannoloni, a ricordare i bei tempi, parlano delle cose più amene: il clima, il calcio, le donne. Sembra un meet-up fra i compagni della IIIC. Manca solo che tirino fuori le carte per la briscola. Al mondo delle loro dichiarazioni tonitruanti non gliene può fregar di meno. Anche quando al G7 dei ministri degli esteri Tajani si allaccia il tovagliolo per la pappa.
Intanto a San Dana apprendendo di essere in stand-bye, non stanno nella pelle all’idea di ospitare i 7. Sulla piazzetta c’è un agriturismo, a due passi il “Sikalindi” e, sempre per la logistica, gli hotel di Leuca, Torre S. Giovanni, Castro, Torre Vado.
E se invece il G7 2024 avesse luogo a San Dana (Lecce), detta anche la piccola Davos del Mediterraneo? E dove dal 2017 ad agosto, in coincidenza della festa dell’omonimo santo di Valona arrivano gli albanesi ai massimi livelli (dal Cardinale Ernest Simoni al sindaco di Valona) e si parla di pace, storia, arte, letteratura, scambi commerciali, etc?
Da quando si è sparsa voce del G7 in itinere in Terra d’Otranto, i social fibrillano di opinioni sospese fra indifferenza, disincanto, esorcismi, critiche. “Non sono degni di calpestare questa terra!” (Alfredo Torsello). “Mannatini sti scazzamurreddhri” (Felice Bono). “Non ci illudiamo che col G7 possano esserci per noi dei vantaggi…” (Annalisa Cordella). “Pronti i pomodori” (Fabiola Chirivì). “A Leuca, allu mare spunnatu...” (Francesco Crispe). “Finalmente Emiliano è rimasto deluso” (Roberto Pisano). “Lecce, città d’arte, se ne fotte di chi arriva e di chi parte” (Antonio Orlando), citazione della risposta di un sindaco leccese, Oronzo Mansi, il 22 aprile 1797, a Ferdinando IV di Borbone, che non aveva apprezzato l’Arcu de Pratu. “Magari vedranno lo scempio che hanno combinato con gli ulivi” (Benno Caputo).
E che magari, chissà, pensa qualcuno, i “grandi” (dai canadesi ai giapponesi) anche il disastro della SS 275 a quattro corsie, se da qui a un anno dovessero farla sul serio, dopo la tragedia della Maglie-Otranto, altra opera devastante quanto inutile, anzi, utile alla carta di credito dei soliti noti.
Le reazioni dei territori evidenziano, ove ce ne fosse ancora bisogno, la diaspora, forse definitiva, fra élite e popolo. I social sono la cassa di risonanza, ma anche le urne, che vedono calare la percentuale dei votanti a ogni tornata elettorale.
Ma la crasi è anche generazionale: i giovani votano poco. E c’è anche una connotazione di classe: la stessa segretaria del Pd sostiene che i poveri disertano le urne. Deve esservi una distopia nella narrazione se ancora si definiscono “grandi” quelli del G7. Trattasi del famoso miliardo di abbienti ma ormai con crescita zero o quasi. Giorni fa negli Usa si parlava di default, momentaneamente scongiurato. Resta perciò l’autosuggestione, la grandeur.
Bisogna essere ciechi per non vedere che il pianeta sta riscrivendo i suoi equilibri geo-politici. Ottobre 2022, a San Pietroburgo Putin ha riunito oltre 130 Paesi, che hanno fatto scambi commerciali per un terzo del pil mondiale (“Il solito vittimismo di Putin”, Mentana, TgLa7). Il leader del Cremlino ha parlato di fine del monocentrismo e della necessità di una moneta in sostituzione del dollaro per gli scambi commerciali.
Infatti oggi molti Paesi usano il yuan.
40 Paesi africani (in tutto sono 54) si sono messi sotto la protezione della Federazione Russa. I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e altri (fra Africa, Asia e America Latina) chiedono di entrare: Iran, Palestina, Egitto, Argentina, Venezuela, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Indonesia, Bahrein, Palestina, Egitto, Turchia, Venezuela, etc. E pensano a una loro valuta. Il 2 giugno si vedranno a Città del Capo. Putin ci sarà.
In parole povere: il G7 pare una confraternita di vecchi nobili decaduti in una rsa, con la dentiera e i pannoloni, a ricordare i bei tempi, parlano delle cose più amene: il clima, il calcio, le donne. Sembra un meet-up fra i compagni della IIIC. Manca solo che tirino fuori le carte per la briscola. Al mondo delle loro dichiarazioni tonitruanti non gliene può fregar di meno. Anche quando al G7 dei ministri degli esteri Tajani si allaccia il tovagliolo per la pappa.
Intanto a San Dana apprendendo di essere in stand-bye, non stanno nella pelle all’idea di ospitare i 7. Sulla piazzetta c’è un agriturismo, a due passi il “Sikalindi” e, sempre per la logistica, gli hotel di Leuca, Torre S. Giovanni, Castro, Torre Vado.