GIANLUCA VIRGILIO - Il titolo dell’ultimo romanzo di Paolo Vincenti, “I segreti di Oppido Tralignano” (Agave Edizioni, Tuglie, Lecce, 2023), avverte il lettore che la fatica della lettura avrà una ricompensa: gli saranno svelati i segreti di questa città immaginaria, misteriosa e inquietante, eppure a noi così familiare: Oppido Tralignano, una città di mare del Sud, chiusa in se stessa come spesso sono le nostre città di mare, una città fortificata (lat. oppidum), non tanto da essere immune a mille condizionamenti che il semplice vivere nel mondo globalizzato porta con sé.
Tralignano suona come un’apposizione che accosta e attribuisce all’oppidum il senso del tralignamento, ovvero dell’allontanamento da una condizione originaria ormai perduta: una città degenerata… Ma a chi appartiene la voce che parla di questo luogo insolito e misterioso, eppure a noi così familiare?
Si tratta della voce di un narratore che conosce bene i fatti, pur non essendone in alcun modo implicato. Egli è uno spettatore esterno, che sa tutto e si compiace di raccontare ciò che sa agli altri, senza minimamente censurarsi e anzi rivendicando di essere politicamente per nulla corretto.
Nella Nota dell’autore, posta in calce al libro, Vincenti, evidentemente complice del narratore (questi in fondo non è che un suo diretto alter ego), non esista a concludere: “Mi dispiace, infine, se queste storie potranno urtare la suscettibilità dei lettori ma non per questo farò le mie scuse” (p. 86)
Oppido Tralignano è un luogo sonnolento, dove i giovani non hanno nulla di meglio da fare che seguire corsi “sull’intreccio dei panieri per i fichi”, mentre periodicamente i turisti dell’orrore vengono a saccheggiare le contrade oppidane e a occupare le loro “villette dell’orrore” (p. 8).
Vincenti induce il lettore a credere che si stia parlando del Salento, la terra in cui egli vive e opera, ma forse questa è una mia illazione… In realtà , il racconto si addice a tutta l’Italia meridionale, e non solo. In siffatto luogo, dove costantemente “mosche e zanzare ronzano e gironzolano”, come un’inquietante musica di sottofondo (infatti, è questo un vero e proprio refrain del racconto), si agitano i personaggi della storia: il cannibale barista Barbarino, Lele il ragazzo lupo, Michele Morbio il vampiro, Irene che ama darsi con estrema facilità a chi le pare, Abramo Panebianco il professore incline all’allieva, don Roberto Guccione il parroco sempre dedito a “piacevoli sollazzi”, ecc.
Come volevasi dimostrare: a Oppido Tralignano non possono che vivere personaggi tralignati! Il narratore ne segue i destini tragici con una tecnica scrittoria che assicura all’autore una perfetta estraneità rispetto ai fatti narrati: la tecnica della continua citazione e allusione agli universi narrativi più disparati: Esopo e Fedro, l’Eneide di Virgilio, le Metamorfosi di Ovidio, il Satyricon di Petronio, ma anche i cartoni di Walter Disney, il celebre musical Jesus Christ Superstar, l’Uomo Ragno e le saghe dei super eroi di Marvel ecc.
Nessuna gerarchia tra questi riferimenti testuali, tutti sono sullo stesso piano e tutti concorrono allo stesso fine: l’affermazione che, in definitiva, la storia raccontata è fiction (con qualche concessione allo splat), ed è bene che sia contaminata dai miti della fiction antica. moderna e postmoderna, non importa.
Se è così, perché mai l’autore dovrebbe scusarsi col supposto perbenista lettore? La tecnica della citazione e dell’allusione, che consiste nel far dire ad altri quanto in realtà (non) si vuol dire in proprio, lo esime da ogni responsabilità , poiché l’autorevolezza dei riferimenti sia implicita nella loro classicità sia dovuta al successo mediatico contemporaneo, è sempre assicurata.
Tornano utili, a questo proposito, le citazioni musicali, ben riassunte da Raffaele Astore in una recensione dal titolo Paolo Vincenti e il suo nuovo romanzo “I segreti di Oppido Tralignano”, ne “Il Galatino” del 7 aprile 2023, p. 3, e su cui, dunque, non ritorno.
Cultura classica e cultura pop e rock convivono nello scrittore di Ruffano (Lecce) e la loro compresenza conferma l’estraneità dell’autore rispetto alla materia trattata. Tutto infatti è fiction.
Il lettore è avvertito anche su come l’autore lavora nella sua officina: “Questi testi sono stati scritti molti anni fa”, egli afferma a p. 86 e poi: “Ho rimaneggiato il materiale di due mie vecchie pubblicazioni, ovvero i romanzi Nero/Notte Romanza di amore e morte (2013) e L’Ombra della madre (2015)”.
Un lavoro di ripresa e integrazione di quanto già scritto, in vista di un racconto che si viene definendo nel tempo. I futuri filologi, se ne avranno voglia, non mancheranno di esplorare questo lavoro d’officina. Ciò che ora importa è che Vincenti sia riuscito a rappresentare in un modo tutto particolare, ovvero con la tecnica straniante delle citazioni, l’inferno della città (salentina, meridionale, italiana, d’ogni luogo del cosiddetto Occidente), nel quale il tralignamento è la condizione diffusa.
L’orrore che ne deriva è il sentimento comune, il fondo (“mosche e zanzare ronzano e gironzolano”) dello stato d’animo di ciascuno di noi, mentre rimaniamo in attesa del prossimo evento che non potrà che farci accapponare la pelle: una violenza, un omicidio, una strage; sempre che non si sia rassegnati a tutto questo come a uno stato di cose normale. Se la narrativa ha un nesso con la realtà – mi chiedo - è questo il senso della nostra vita?
Il romanzo breve sarà presentato venerdi 26 maggio 2023 presso lo Spazio Espositivo AD Arte e Design, di Alezio (Lecce). A dialogare con l’autore sarà il medico e scrittore Roberto Lupo. Interventi musicali dell’artista Michele Bovino, bibliotecario. Introdurrà l’architetto pittrice Anna Maria Sicilia. Start alle ore 19.00.