BARI - Mercoledì 17 maggio, a partire dalle ore 9.30, nella Casa Circondariale di Bari, ci sarà l'evento di esito e presentazione al pubblico e alla stampa del Laboratorio Teatrale “Il teatro che ripara. Il teatro che è riparo”, un progetto di formazione e accompagnamento alla pratica e alla visione del teatro a cura di Damiano Nirchio / Associazione Culturale SENZA PIUME, in collaborazione con Coop. CRISI. Un’iniziativa che punta a lavorare nelle carceri mettendo al centro l’arte e la cultura per favorire il riscatto personale e avviare percorsi per il reinserimento del detenuto nel mondo esterno.
Prenderanno parte all’evento l’assessora alla Cultura del Comune di Bari, Ines Pierucci, la direttrice della Casa circondariale di Bari, Veleria Pirè, la dirigente responsabile delle attività teatrali del Teatro Pubblico Pugliese, Giulia Delli Santi e il regista e drammatrugo Damiano Nirchio.
Il percorso “Il teatro che ripara. Il teatro che è riparo”, realizzato in collaborazione con la Casa Circondariale di Bari, che ha fortemente sostenuto l'attuazione del progetto, rientra nei “Laboratori Teatrali Urbani”, il più ampio progetto di formazione del pubblico legato alla stagione teatrale 2022/2023 del Comune di Bari. Un’attività che ha toccato anche i quartieri Libertà, San Pio e San Paolo, oltre alla Casa Circondariale di Bari, coinvolgendo attivamente abitanti di alcune zone periferiche della città che hanno avuto poche occasioni di approcciarsi al teatro, con la ferma convinzione che sia importante promuovere forme innovative di partecipazione, produzione ed espressione culturale.
Il 17 maggio si condividerà con il pubblico l’esperienza del progetto. In questo momento di dialogo dentro/fuori si aprirà un confronto col pubblico che assisterà alle letture dei testi realizzati nell’ambito dei laboratori, affidati alla voce degli attori professionisti Marinella Anaclerio, Marco Grossi, Anna de Giorgio e Marianna De Pinto.
Racconta Damiano Nirchio - “Otto (forse nove) testi vissuti, pensati e scritti per essere letti ad alta voce. Otto (forse nove) “autori”. E questa volta alla parola virgolettata non è associata la parola reato. Ma teatro. È una piccola grande rivoluzione. Non è cosa da poco. Cambiare di segno alle cose, dare nuovi significati alle parole, dare valore a ciò che non lo aveva, guardarsi e farsi guardare con occhi nuovi. Ecco una Giustizia che ripara. Ecco un’Arte che offre riparo. Arte e Giustizia dovrebbero avere un unico scopo ultimo: restituire all’uomo la sua capacità creativa, generativa. Otto (forse nove) racconti, monologhi, dialoghi che partono dalla riflessione realesu un danno, fatto o ricevuto, per poi fare un esercizio futuribile di fantasia, ottima palestra per la progettazione della vita reale. Testi non scontati con visioni complesse che richiamano il futuro pubblico ad un ascolto scomodo: si sorride – si ride persino -, ci si emoziona, ci si sorprende.E tocca, da lettore o spettatore, offrire una risposta alla richiesta di spostarsi almeno un po’ dalle solite certezze che ci si è portati faticosamente da casa. Tocca invece partecipare, in un rito comune, all’umana incertezza. Otto (forse nove) pezzi di teatro che troveranno altrettanti interpreti tra gli attori professionisti della nostra terra: Anna de Giorgio, Marianna de Pinto, Marinella Anaclerio, Marco Grossi… Voci che risuoneranno il 17 Maggio nel piano terra della Prima Sezione della Casa Circondariale per un pubblico “ristretto”… ovvero “intimo”, “ridotto”. Ma che con l’ausilio dei canali digitali, nelle settimane seguenti, raggiungerà un pubblico molto, ma molto più vasto.
Otto (forse nove) colombe mandate a volare oltre il Diluvio. Primo passo per un ponte di Pace tra il dentro e il fuori.”
Chi scrive per il Teatro racconta sempre di una “crisi”, un improvviso e inatteso cambiamento nella vita di un eroe o eroina, una famiglia, una città o un popolo. È qualcosa che si rompe nel filo del destino e prova a trovare una “riparazione”. O semplicemente un “riparo”.
Sono molti gli spettacoli e i testi che, inevitabilmente, affrontano questo tema declinandolo in maniere differenti: lo sbigottimento e il senso di straniamento dell’uomo davanti al cambiamento, spesso crudo e violento, della propria vita, o delle vite altrui si possono tradurre in spinta creativa, in una “riscrittura” della propria storia. Che è la forma più alta di libertà.
Il progetto condotto da Damiano Nirchio nella Casa Circondariale di Bari ha proposto due percorsi autonomi di avvicinamento ai temi del Teatro e si è rivolto ad un numero di dieci partecipanti per la Media Sicurezza: cinque incontri per gruppo, della durata di due ore, per avvicinarsi e praticare la scrittura per il teatro a partire dai suoi temi portanti e dalla propria storia personale.