VITTORIO POLITO - Lo scorso mese, l’Emilia-Romagna, regione a maggiore
rischio idrogeologico, nel giro di qualche giorno, è stata invasa dalle acque
meteoriche e quindi alluvionata con tutti i danni che ha causato e che sono
stati oggetto di ampie cronache, morti, migliaia di persone evacuate e danni
incalcolabili.
La Puglia ha un rischio “medio” o “moderato”, ma nei lontani 1905, 1915 e 1926 anche Bari fu inondata a causa di piogge e da copiose correnti alluvionali provenienti da paesi della Murgia, ecc.
Il 23 febbraio 1905, nelle prime ore del mattino, Bari si trasformò in una immensa pozzanghera per aggravarsi intorno alle ore 13 a causa di un torrente alluvionale proveniente dalla zona Picone che si indirizzò verso via Manzoni e verso il mare, travolgendo con inaudita violenza tutto ciò che incontrava. La furia delle acque si riversò pure nelle vie parallele Sagarriga Visconti, Quintino Sella, De Rossi, Crisanzio, Garruba, Dante Alighieri, Putignani, Calefati, ecc., per diversi chilometri quadrati, costringendo gli abitanti delle zone interessate a trasferirsi in altri quartieri della città non colpite dall’inondazione. Anche il successivo 3 marzo, una nuova piena dovuta a piogge torrenziali invase la città e grazie ai volontari e ai militari del genio, si riuscì ad alleviare le difficoltà ed a porre rimedio alla furia delle acque.
Anche il successivo 3 settembre 1915, due impetuosi torrenti alluvionali provenienti da Cassano Murge, Noci e Putignano, si riversarono su Bari, investendo costruzioni e causando 23 morti e oltre 50 feriti. Le stesse strade citate, con in più via Candia (l’attuale corso Italia), si allagarono, in occasione delle quali si ebbero crolli, danni agli opifici insistenti lungo la via percorsa dall’acqua. Nell’incrocio tra Via Principe Amedeo e Ravanas fu addirittura divelta parte della strada e quindi fu necessario costruire un ponticello di legno per consentire la comunicazione fra quartieri e far affluire i soccorsi. Anche la Polizia Urbana svolse una lodevole opera a favore delle persone colpite in quella tragica notte.
Una ennesima alluvione colpì Bari fra venerdì e sabato del 6 novembre 1926 che ricoprì l’intera città, per fortuna e per le opere eseguite dopo le precedenti alluvioni i danni furono limitati, ma data l’inaudita violenza delle acque creò anch’essa parecchi danni. Si contarono 20 morti, nonostante gli interventi di volontari che si adoperarono al soccorso e l’aiuto di Vigili del Fuoco giunti da Mola, Capurso, Ceglie, Carbonara, Triggiano, ecc., i quali fornirono anche squadre di operai che ripulirono le strade dalle acque e dal fango. Il Governo inviò il ministro dei Lavori Pubblici per valutare la situazione e predisporre le più urgenti misure per consentire lo sbocco verso il mare delle acque meteoriche.
Le notizie di cui sopra sono riprese dal testo “Storie Baresi” (Levante), di Vito Antonio Melchiorre (1922-2010).
La Puglia ha un rischio “medio” o “moderato”, ma nei lontani 1905, 1915 e 1926 anche Bari fu inondata a causa di piogge e da copiose correnti alluvionali provenienti da paesi della Murgia, ecc.
Il 23 febbraio 1905, nelle prime ore del mattino, Bari si trasformò in una immensa pozzanghera per aggravarsi intorno alle ore 13 a causa di un torrente alluvionale proveniente dalla zona Picone che si indirizzò verso via Manzoni e verso il mare, travolgendo con inaudita violenza tutto ciò che incontrava. La furia delle acque si riversò pure nelle vie parallele Sagarriga Visconti, Quintino Sella, De Rossi, Crisanzio, Garruba, Dante Alighieri, Putignani, Calefati, ecc., per diversi chilometri quadrati, costringendo gli abitanti delle zone interessate a trasferirsi in altri quartieri della città non colpite dall’inondazione. Anche il successivo 3 marzo, una nuova piena dovuta a piogge torrenziali invase la città e grazie ai volontari e ai militari del genio, si riuscì ad alleviare le difficoltà ed a porre rimedio alla furia delle acque.
Anche il successivo 3 settembre 1915, due impetuosi torrenti alluvionali provenienti da Cassano Murge, Noci e Putignano, si riversarono su Bari, investendo costruzioni e causando 23 morti e oltre 50 feriti. Le stesse strade citate, con in più via Candia (l’attuale corso Italia), si allagarono, in occasione delle quali si ebbero crolli, danni agli opifici insistenti lungo la via percorsa dall’acqua. Nell’incrocio tra Via Principe Amedeo e Ravanas fu addirittura divelta parte della strada e quindi fu necessario costruire un ponticello di legno per consentire la comunicazione fra quartieri e far affluire i soccorsi. Anche la Polizia Urbana svolse una lodevole opera a favore delle persone colpite in quella tragica notte.
Una ennesima alluvione colpì Bari fra venerdì e sabato del 6 novembre 1926 che ricoprì l’intera città, per fortuna e per le opere eseguite dopo le precedenti alluvioni i danni furono limitati, ma data l’inaudita violenza delle acque creò anch’essa parecchi danni. Si contarono 20 morti, nonostante gli interventi di volontari che si adoperarono al soccorso e l’aiuto di Vigili del Fuoco giunti da Mola, Capurso, Ceglie, Carbonara, Triggiano, ecc., i quali fornirono anche squadre di operai che ripulirono le strade dalle acque e dal fango. Il Governo inviò il ministro dei Lavori Pubblici per valutare la situazione e predisporre le più urgenti misure per consentire lo sbocco verso il mare delle acque meteoriche.
Le notizie di cui sopra sono riprese dal testo “Storie Baresi” (Levante), di Vito Antonio Melchiorre (1922-2010).