LIVALCA - Alle ore 22,46 di Giovedì 8 giugno 2023 ricevo dal professore Gaetano
Veneto un whatsapp: «Olio, petrolio, benzina minerale per battere la Bari ci vuole la
Nazionale…», proprio nel mentre il mio generoso cuore ancora in arresto emotivo
(… quello che spingeva la signora Pavone, abbandonata la ‘partita di pallone’ poco
adatta alle sue ‘corde’, ad emettere un flebile suono «… cuore tu stai soffrendo,
cosa posso fare per te…»), accadimento che possono testimoniare le persone che
mi hanno ospitato per vedere la partita, cercava di contenere l’esuberanza di una
gamba che, tutta protesa nel tentativo di accompagnare Mirco Antenucci a
realizzare il rigore più importante della sua intensa e prestigiosa carriera, non
rispondeva ai comandi di tornare al proprio posto… probabilmente memore che,
nella mia mediocre carriera di calciatore, ero colui designato a battere rigori e
punizioni. Penso che mister Mignani e Gianni Picaro abbiano ancora nelle orecchie il
mio tassativo invito, giunto via etere presso lo stadio Unipol Domus, a far entrare il
nostro specialista e ho sofferto molto, cosa di cui mi scuso con l’interessato, nel
vedere Folorunsho con il pallone fra le mani, desideroso di assumersi una
responsabilità che, avrebbe reso, forse, ancora più esaltanti le parate di uno
strepitoso Radunovic.
Il tifoso Gaetano Veneto e il sottoscritto ricordano ancora il vecchio stadio Amsicora (attenzione per i non sardi è difficile pronunciarlo bene, e, come dimenticare, l’inflessibile Roberto Bortoluzzi che, dallo studio centrale di “Tutto il calcio minuto per minuto”, riprendeva i colleghi ‘scivolati’ sulla pronuncia) l’impianto che, nel 1970, l’anno dello scudetto del Cagliari, lasciò il posto al Sant’Elia: struttura che da subito rivelò notevoli deficit strutturali, in parte sanati per i mondiali di Italia ’90. In seguito vi sono stati vari tentativi di interventi straordinari che hanno visto il presidente Massimo Cellino trovare soluzioni, come ad esempio la riduzione della capienza. Dichiarato la stato di inagibilità del Sant’Elia, si è deciso per la demolizione totale e ricostruzione, per cui nel 2017 si è montato uno stadio provvisorio denominato Sardegna Arena, che dal 2021 si chiama Unipol Domus, struttura in cui si è giocata l’andata dell’ultima partita dei playoff per la A (chiaramente vi ho narrato una storia in sintesi).
La mia mente è volata alla stagione 1966-‘67 in cui divenne allenatore del Bari, in serie C, uno sconosciuto e giovane Lauro Toneatto, raccomandato dal mago di Turi Oronzo Pugliese. Fu subito B e nella stagione ‘67-’68 arrivammo in quarta posizione sfiorando la serie A e schierando Lucio Mujesan che fece ben 19 gol, uno in meno dell’anno precedente in C, che in coppia con Galletti furono il binomio principe del torneo per realizzazioni di reti. Fu l’anno dell’addio di Bruno Cicogna al Bari dopo 10 stagioni consecutive in cui totalizzò oltre 250 presenze. Il 18 giugno 1968 ero allo stadio con Enzo, Raffaele, Gianni e Filippo: il Bari incontrava il Verona nella penultima di campionato e con la vittoria saremmo andati in A. Segnò subito Galletti (dodici le sue reti nell’annata, suo record in una stagione) e Mujesan sbagliò gol incredibili per lui. Il Verona segnò due gol nel secondo tempo ‘indecifrabili’ e noi nell’ultima di campionato pareggiammo a Perugia. Pisa e Verona andarono in A con 48 punti, il Bari rimase in B con 47. Quell’incontro ancora oggi disturba le mie notti dedicate al calcio di mezza vita fa. Nel ’68-69 Toneatto portò il Bari finalmente in A.
Era il Bari costruito con la cessione di Mujesan al Bologna e vi furono gli arrivi di Mario Fara, Spalazzi, Galli, Tentorio e Tonoli: quella squadra ebbe come cannoniere, con nove gol, un mediano di nome Tentorio, giocatore dal tiro potentissimo sui calci di punizione. Ritengo, nella stagione 1969-70, di aver visto in azione il miglior fantasista, regista, uomo squadra di quella generazione (non sono il solo a pensarla in quel modo): Fara è uno dei tanti che hanno avuto meno di quello che meritavano e non ha mai incontrato un allenatore che fosse al servizio del suo immenso talento. Inoltre il ‘transatlantico’ (questo il termine affettuoso con cui era identificato) necessita di spazi e rotte oceaniche, non a tutti… accessibili. Toneatto, per libera scelta, non rimase con il Bari in A e arrivò Oronzo Pugliese che, dopo un esordio esaltante, con la vittoria sulla Roma per 1-0 con rigore di Canè, fu esonerato e arrivò al suo posto Matteucci; a fine anno l’ultimo posto in classifica fu nostro e Fara fu il cannoniere con 4 gol.
Tutta questa noiosa ricostruzione ha uno scopo ben preciso: le ossature delle squadre vanno potenziate, ma non cambiate. Avevo detto all’inizio del campionato che avremmo fatto come il Parma di Sacchi: scalata continua, dando vita ad innesti oculati con lo scopo di non ‘turbare’ lo spirito di squadra e l’ambiente. Toneatto andò via di sua iniziativa, Mignani ritengo avrebbe firmato anche ai primi di maggio.
Chiunque domani sera vedrà il nostro stadio, non potrà non recepire un colpo d’occhio difficile da dimenticare e, dal momento, che il nuovo acquirente è in mezzo a VOI (in coscienza dopo le delusioni con il Verona e Latina ho deciso che un mio turno di riposo-assenza fosse una medicina omeopatica per il bene di tutti) fate in maniera che apprezzi il coro, la passione, la disciplina e quella frase che dice che nulla giova alla felicità come sostituire il tifo barese ad ogni altra forma di ‘godimento’.
Tutti in Italia, anzi in Europa, hanno potuto notare quel piccolo spontaneo, ma intenso, abbraccio fra mister Mignani e il team manager Gianni Picaro. Tipico esempio in cui lo sport parteggia per quella PACE che deve albergare non solo nei cuori, ma in ogni azione quotidiana. Certo è stato un abbraccio di… ‘rigore’, ma non ha intaccato anche il rigore che tutti riconosciamo a quel signore del calcio che si chiama Claudio Ranieri: nell’evidenziare che il VAR dovrebbe intervenire solo per evitare errori da matita blu da parte del direttore di gara, non ha mancato di puntualizzare che, nel caso specifico, l’arbitro non aveva fermato il gioco… sottolineando solo una civile ‘sfumatura’ e precisando che, comunque, non era una ‘protesta’ la sua.
Un amico del calcio, Boskov, avrebbe detto ”Se il VAR interviene, rigore è”. Detto ciò la AAAAAAAAAAAA per noi è, finAlmente’ di ‘rigore’ sacroSANTO…
Il tifoso Gaetano Veneto e il sottoscritto ricordano ancora il vecchio stadio Amsicora (attenzione per i non sardi è difficile pronunciarlo bene, e, come dimenticare, l’inflessibile Roberto Bortoluzzi che, dallo studio centrale di “Tutto il calcio minuto per minuto”, riprendeva i colleghi ‘scivolati’ sulla pronuncia) l’impianto che, nel 1970, l’anno dello scudetto del Cagliari, lasciò il posto al Sant’Elia: struttura che da subito rivelò notevoli deficit strutturali, in parte sanati per i mondiali di Italia ’90. In seguito vi sono stati vari tentativi di interventi straordinari che hanno visto il presidente Massimo Cellino trovare soluzioni, come ad esempio la riduzione della capienza. Dichiarato la stato di inagibilità del Sant’Elia, si è deciso per la demolizione totale e ricostruzione, per cui nel 2017 si è montato uno stadio provvisorio denominato Sardegna Arena, che dal 2021 si chiama Unipol Domus, struttura in cui si è giocata l’andata dell’ultima partita dei playoff per la A (chiaramente vi ho narrato una storia in sintesi).
La mia mente è volata alla stagione 1966-‘67 in cui divenne allenatore del Bari, in serie C, uno sconosciuto e giovane Lauro Toneatto, raccomandato dal mago di Turi Oronzo Pugliese. Fu subito B e nella stagione ‘67-’68 arrivammo in quarta posizione sfiorando la serie A e schierando Lucio Mujesan che fece ben 19 gol, uno in meno dell’anno precedente in C, che in coppia con Galletti furono il binomio principe del torneo per realizzazioni di reti. Fu l’anno dell’addio di Bruno Cicogna al Bari dopo 10 stagioni consecutive in cui totalizzò oltre 250 presenze. Il 18 giugno 1968 ero allo stadio con Enzo, Raffaele, Gianni e Filippo: il Bari incontrava il Verona nella penultima di campionato e con la vittoria saremmo andati in A. Segnò subito Galletti (dodici le sue reti nell’annata, suo record in una stagione) e Mujesan sbagliò gol incredibili per lui. Il Verona segnò due gol nel secondo tempo ‘indecifrabili’ e noi nell’ultima di campionato pareggiammo a Perugia. Pisa e Verona andarono in A con 48 punti, il Bari rimase in B con 47. Quell’incontro ancora oggi disturba le mie notti dedicate al calcio di mezza vita fa. Nel ’68-69 Toneatto portò il Bari finalmente in A.
Era il Bari costruito con la cessione di Mujesan al Bologna e vi furono gli arrivi di Mario Fara, Spalazzi, Galli, Tentorio e Tonoli: quella squadra ebbe come cannoniere, con nove gol, un mediano di nome Tentorio, giocatore dal tiro potentissimo sui calci di punizione. Ritengo, nella stagione 1969-70, di aver visto in azione il miglior fantasista, regista, uomo squadra di quella generazione (non sono il solo a pensarla in quel modo): Fara è uno dei tanti che hanno avuto meno di quello che meritavano e non ha mai incontrato un allenatore che fosse al servizio del suo immenso talento. Inoltre il ‘transatlantico’ (questo il termine affettuoso con cui era identificato) necessita di spazi e rotte oceaniche, non a tutti… accessibili. Toneatto, per libera scelta, non rimase con il Bari in A e arrivò Oronzo Pugliese che, dopo un esordio esaltante, con la vittoria sulla Roma per 1-0 con rigore di Canè, fu esonerato e arrivò al suo posto Matteucci; a fine anno l’ultimo posto in classifica fu nostro e Fara fu il cannoniere con 4 gol.
Tutta questa noiosa ricostruzione ha uno scopo ben preciso: le ossature delle squadre vanno potenziate, ma non cambiate. Avevo detto all’inizio del campionato che avremmo fatto come il Parma di Sacchi: scalata continua, dando vita ad innesti oculati con lo scopo di non ‘turbare’ lo spirito di squadra e l’ambiente. Toneatto andò via di sua iniziativa, Mignani ritengo avrebbe firmato anche ai primi di maggio.
Chiunque domani sera vedrà il nostro stadio, non potrà non recepire un colpo d’occhio difficile da dimenticare e, dal momento, che il nuovo acquirente è in mezzo a VOI (in coscienza dopo le delusioni con il Verona e Latina ho deciso che un mio turno di riposo-assenza fosse una medicina omeopatica per il bene di tutti) fate in maniera che apprezzi il coro, la passione, la disciplina e quella frase che dice che nulla giova alla felicità come sostituire il tifo barese ad ogni altra forma di ‘godimento’.
Tutti in Italia, anzi in Europa, hanno potuto notare quel piccolo spontaneo, ma intenso, abbraccio fra mister Mignani e il team manager Gianni Picaro. Tipico esempio in cui lo sport parteggia per quella PACE che deve albergare non solo nei cuori, ma in ogni azione quotidiana. Certo è stato un abbraccio di… ‘rigore’, ma non ha intaccato anche il rigore che tutti riconosciamo a quel signore del calcio che si chiama Claudio Ranieri: nell’evidenziare che il VAR dovrebbe intervenire solo per evitare errori da matita blu da parte del direttore di gara, non ha mancato di puntualizzare che, nel caso specifico, l’arbitro non aveva fermato il gioco… sottolineando solo una civile ‘sfumatura’ e precisando che, comunque, non era una ‘protesta’ la sua.
Un amico del calcio, Boskov, avrebbe detto ”Se il VAR interviene, rigore è”. Detto ciò la AAAAAAAAAAAA per noi è, finAlmente’ di ‘rigore’ sacroSANTO…