LIVALCA - Lucio Anneo Seneca il filosofo - figlio di Lucio Anneo Seneca il Vecchio e
di Elvia - nato in Spagna a Cordova il 5 a.C. e morto a Roma nel 65 d.C. , è famoso
per le «Epistulae morales ad Lucilium» scritte negli ultimi due anni di vita.
La sua frase «Non scholae, sed vitae discimus» (“Non impariamo per la scuola, ma
per la vita”: la traduzione è una precisa richiesta del direttore del “Giornale di
Puglia”) nel tempo ha modificato il suo significato, infatti, oggi viene adoperata per
ribadire il concetto che non si studia per superare gli eventuali esami, ma per essere
sempre pronti a gestire gli ‘intoppi’ che la vita riserva a tutti. In origine Seneca il
filosofo intendeva mettere in discussione l’efficienza-utilità della scuola, intesa come
insegnamento.
Ho pensato a questa frase quando mi è capitato fra le mani un libro dal titolo «RACCONTI POPOLARI PEUCETI- Raccolti a Mola di Bari» (‘Centro aiuto alla vita’ di Mola di Bari, pp. 128, ill., 2022), volume curato dall’insegnante Francesco Spilotros, che si è avvalso, per quanto concerne l’apparato didattico, della prof.ssa Lucia Fiume, mentre per i disegni che fanno da supporto al testo è stata determinante la perizia dell’insegnante Teresa Spagnuolo (Nei disegni in bianco nero ‘spiccano’ più colori di quelli nati colorati: ci vuole occhio e cuore per trovarli. La sfida è avvincente, provate e fatemi sapere …).
Francesco Spilotros, nato a Mola di Bari nel sempre citato anno 1968, è laureato in Lingue e Letterature Straniere e per molti anni è stato cultore di Letteratura giovanile presso la cattedra di Storia della Letteratura per l’Infanzia dell’Università di Bari. Ha collaborato con il professore Daniele Giancane per svariate pubblicazioni, ma mi piace segnalarne una, interessante quanto istruttiva, apparsa in un volume dal titolo “L’UTOPIA PEDAGOGICA- Sette grandi educatori del Novecento” (Levante Bari, 2012) in cui si occupava del pedagogista scozzese Alexander Sutherland Neil (Farfar 1883-Aldeburgh, Suffolk, 1973).
L’educatore scozzese è notissimo per il lavoro svolto, fin dal 1924, a favore della “comunità libertaria” di Summerhill, in cui si dispiegava una formazione-istruzione antiautoritaria. Consiglio la consultazione del libro a tutti i miei amici nonni e anche a quelli delle mie figlie e per fare ciò vi riporto il periodo finale con cui Daniele Giancane terminò una partecipata introduzione: «Epperò l’utopia, se l’intendiamo alla maniera marcusiana, è qualcosa che al momento pare irrealizzabile, ma che in realtà è in movimento. Che forse un giorno produrrà i suoi frutti. Anzi, che forse, li sta già producendo».
Tornando a Spilotros e al suo libro «RACCONTI POPOLARI PEUCETI» come non individuare un permanente valore educativo nella speranza che le giovani generazioni possano assaporare quella ‘crisi’ causata da “astinenza da lettura” e, magari, si trasformi in dipendenza dal libro (non possiamo negare che oggi la lettura on-line è privilegiata, per cui gli amanti della carta sono destinati, al momento, a soccombere, ma i libri ‘non stampati in Cielo stanno, per cui prima o dopo torneranno sulla… Terra).
Peuceti: chi erano costoro? Si tratta di una popolazione italica antichissima, illirica come origine, che occupava il territorio situato tra il Gargano e Capo Santa Maria di Leuca e che aveva come principali città: Barium, Egnatia, Rudiae e Silvium. Un vecchio proverbio brindisino recitava: «Un investimento in sapienza, paga l’interesse migliore» e mi dicono fu ideato per convincere i genitori ad investire sulla cultura dei figli, piuttosto che mettere i soldi in banca per far maturare … ‘l’interesse’. Potremmo trarne da ciò una piccola genuina morale: il paziente lavoro di raccolta operato da Spilotros, dai tanti ‘protagonisti’ che hanno raccontato il loro sapere e dagli encomiabili volontari che hanno raccolto il tutto in maniera che quei ‘fatterelli’, tramandati da padre in figlio, potessero un giorno trasformarsi in cultura ufficiale, impropriamente detta popolare, va considerato una dote affidata al futuro della Puglia e del paese Italia.
Spilotros ha delegato la prefazione del suo libro a Palumbo Antonio, una piccola ‘istituzione’ a Mola non solo in ambito del dialetto, ma anche dei canti popolari: Palumbo vanta studi presso gli Istituti d’Arte di Bari e Lecce e ciò gli ha permesso di essere un ‘artista’ completo.
Palumbo, che nel suo forbito scritto spazia da Antonio Gramsci a Ernesto De Martino, da Cecilia Mangini al filosofo-scrittore del Mali Amadou Hampaté (accento acuto!) Ba, ci svela una verità: la storia che studiamo a scuola quasi sempre è quella scritta dai vincitori, ma è un difetto che nasce nella notte dei tempi. Ciò mi permette di divulgare una VERITA’ che affligge i cittadini di Mola: per loro vale il proverbio “L’ozio fisico e mentale rende l’uomo un vegetale”, ma così facendo dimenticano che spesso considerano l’altro con cui si approcciano solo un ‘vegetale’. Mi spiego: giustamente Palumbo fa sua nella prefazione una famosa frase (in verità è un vecchio proverbio africano erroneamente attribuito a colui che lo ha soltanto citato più volte) dell’antropologo africano A. H. Ba: «Quando muore un anziano è come se bruciasse una città» (in Puglia e Basilicata molti sono in proverbi che hanno affermato e affermano lo stesso concetto con parole diverse), ma in realtà vi è un pensiero dello stesso Ba che forse si adatta meglio allo ‘spirito’, nello specifico molese, con cui trattiamo la VERITA’: «Utile concedere al prossimo un pizzico di verità e non dire tutta la verità è mia, quella del mio ‘paese’, della mia razza e religione». I miei vecchi AMICI molesi di un tempo intenderanno in maniera obiettiva la ‘sottigliezza’, mentre i nuovi, forse anche perché più giovani, penseranno a «Chi di ferro ferisce, di ferro perisce» (un invito per la classe medica molese: la carenza di ‘ferro’ va combattuta con compresse specifiche e non con un metallo tenace e pur ‘malleabile’). Onde evitare spreco di ‘ferro’ ( che non possiamo permetterci), e lasciando da parte “Chi vuol vivere in pace: vede, sopporta e tace”, eccovi un pensiero di Papa Paolo VI: «Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro e, ricordate ai vecchi, che esisterà anche dopo di loro».
La riflessione di Paolo VI mi permette di parlarvi del racconto più formativo- istruttivo-pedagogico-educativo che apre il libro con il titolo “Di padre in figlio” e risulta essere stato registrato dalla viva voce di nonno Nicola Spilotros: una famiglia con un anziano in casa, padre del capo-famiglia, decide di portare l’anziano all’interno delle strutture denominate ‘case di riposo’, nonostante il vecchio contribuisse con la sua pensione alla convivenza familiare. Durante il tragitto un semplice ‘incidente’ di percorso fa in modo che trionfi la vita: amici lettori a voi l’onere della lettura e vi ricordo che il volume può essere richiesto presso il “Centro di Aiuto alla Vita di Mola”, presieduto dal prof. Giovanni Gallo. Vi racconto un episodio personale: anni fa una zia di mia moglie, vedova e senza figli, fu collocata in una casa di riposo in cui era trattata bene, essendo una buona struttura: dopo aver parlato con lei, essendo andato a trovarla, decisi di non tornare più. I figli che hanno la fortuna di avere i genitori devono adeguarsi, nei limiti delle loro possibilità … oggi, per necessità di bilancio, tutte le donne lavorano e far quadrare il vecchio cerchio non è facile. Gli slanci del cuore, non tenendo conto della ragione, sono sempre molto espliciti: che ci siano significa ipotecare un futuro. Sempre di nonno Nicola Spilotros è la narrazione “Il sugo della prima moglie”: un classico in cui un vedovo si risposa e, nonostante gli sforzi della seconda moglie, i pranzi da questa preparati sono sempre inferiori a quelli cucinati dalla scomparsa. Un giorno che la nuova moglie, per errore, dimentica sul fuoco il cibo preparato, bruciandolo più del dovuto, avviene il miracolo: il marito la copre di elogi … affermando che ha quasi superato la perizia della prima.
Quante volte noi diciamo alle nostre donne: mia madre cucinava in maniera insuperabile (spesso vero, ma anche a volte non sincero) dimenticando che è solo una forma di affetto filiale. La donna intelligente, da mamma, capisce che è una ruota dettata da quell’affetto, sentimento che a volte ‘deborda’ in “Nessuna nuora, buona nuora”. Consiglio tutti di leggere il breve racconto “Il sogno americano”: una vita migliore si conquista con sacrifici, non a caso un proverbio pugliese dedicato all’attività marinara ci illumina “Inutile andare a pesca, se l’amo non ha l’esca”, dove la parte indispensabile è il famoso olio meridionale, conosciuto in tutto il mondo, come … ‘olio di gomito’.
Spilotros ha coinvolto anche la professoressa Giovanna Fralonardo, presidente dell’Università della Terza Età di Mola di Bari, la qual cosa ci fa pensare ad una frase di Platone che, grosso modo, questa ‘medicina’ propagava: «Un individuo di natura tranquilla, calma e serena sente appena il peso dell’età. Ma per coloro di opposta natura sono un gravoso fardello sia la giovinezza, che la vecchiaia». Per problemi di privacy, quella che Platone chiamava riservatezza, non andiamo oltre ma è evidente che Pietro Trapassi avrebbe osservato: «Se nelle verdi etate alcun trascura/ di lodato saper ornar la mente,/ quando arriva per lui l’età matura/ d’aver perduto un sì gran ben si pente./ Cercalo allor, ma trovasi a man vuote:/ Potea, non volle, or che vorria, non puote» (Metastasio).
Ho pensato a questa frase quando mi è capitato fra le mani un libro dal titolo «RACCONTI POPOLARI PEUCETI- Raccolti a Mola di Bari» (‘Centro aiuto alla vita’ di Mola di Bari, pp. 128, ill., 2022), volume curato dall’insegnante Francesco Spilotros, che si è avvalso, per quanto concerne l’apparato didattico, della prof.ssa Lucia Fiume, mentre per i disegni che fanno da supporto al testo è stata determinante la perizia dell’insegnante Teresa Spagnuolo (Nei disegni in bianco nero ‘spiccano’ più colori di quelli nati colorati: ci vuole occhio e cuore per trovarli. La sfida è avvincente, provate e fatemi sapere …).
Francesco Spilotros, nato a Mola di Bari nel sempre citato anno 1968, è laureato in Lingue e Letterature Straniere e per molti anni è stato cultore di Letteratura giovanile presso la cattedra di Storia della Letteratura per l’Infanzia dell’Università di Bari. Ha collaborato con il professore Daniele Giancane per svariate pubblicazioni, ma mi piace segnalarne una, interessante quanto istruttiva, apparsa in un volume dal titolo “L’UTOPIA PEDAGOGICA- Sette grandi educatori del Novecento” (Levante Bari, 2012) in cui si occupava del pedagogista scozzese Alexander Sutherland Neil (Farfar 1883-Aldeburgh, Suffolk, 1973).
L’educatore scozzese è notissimo per il lavoro svolto, fin dal 1924, a favore della “comunità libertaria” di Summerhill, in cui si dispiegava una formazione-istruzione antiautoritaria. Consiglio la consultazione del libro a tutti i miei amici nonni e anche a quelli delle mie figlie e per fare ciò vi riporto il periodo finale con cui Daniele Giancane terminò una partecipata introduzione: «Epperò l’utopia, se l’intendiamo alla maniera marcusiana, è qualcosa che al momento pare irrealizzabile, ma che in realtà è in movimento. Che forse un giorno produrrà i suoi frutti. Anzi, che forse, li sta già producendo».
Tornando a Spilotros e al suo libro «RACCONTI POPOLARI PEUCETI» come non individuare un permanente valore educativo nella speranza che le giovani generazioni possano assaporare quella ‘crisi’ causata da “astinenza da lettura” e, magari, si trasformi in dipendenza dal libro (non possiamo negare che oggi la lettura on-line è privilegiata, per cui gli amanti della carta sono destinati, al momento, a soccombere, ma i libri ‘non stampati in Cielo stanno, per cui prima o dopo torneranno sulla… Terra).
Peuceti: chi erano costoro? Si tratta di una popolazione italica antichissima, illirica come origine, che occupava il territorio situato tra il Gargano e Capo Santa Maria di Leuca e che aveva come principali città: Barium, Egnatia, Rudiae e Silvium. Un vecchio proverbio brindisino recitava: «Un investimento in sapienza, paga l’interesse migliore» e mi dicono fu ideato per convincere i genitori ad investire sulla cultura dei figli, piuttosto che mettere i soldi in banca per far maturare … ‘l’interesse’. Potremmo trarne da ciò una piccola genuina morale: il paziente lavoro di raccolta operato da Spilotros, dai tanti ‘protagonisti’ che hanno raccontato il loro sapere e dagli encomiabili volontari che hanno raccolto il tutto in maniera che quei ‘fatterelli’, tramandati da padre in figlio, potessero un giorno trasformarsi in cultura ufficiale, impropriamente detta popolare, va considerato una dote affidata al futuro della Puglia e del paese Italia.
Spilotros ha delegato la prefazione del suo libro a Palumbo Antonio, una piccola ‘istituzione’ a Mola non solo in ambito del dialetto, ma anche dei canti popolari: Palumbo vanta studi presso gli Istituti d’Arte di Bari e Lecce e ciò gli ha permesso di essere un ‘artista’ completo.
Palumbo, che nel suo forbito scritto spazia da Antonio Gramsci a Ernesto De Martino, da Cecilia Mangini al filosofo-scrittore del Mali Amadou Hampaté (accento acuto!) Ba, ci svela una verità: la storia che studiamo a scuola quasi sempre è quella scritta dai vincitori, ma è un difetto che nasce nella notte dei tempi. Ciò mi permette di divulgare una VERITA’ che affligge i cittadini di Mola: per loro vale il proverbio “L’ozio fisico e mentale rende l’uomo un vegetale”, ma così facendo dimenticano che spesso considerano l’altro con cui si approcciano solo un ‘vegetale’. Mi spiego: giustamente Palumbo fa sua nella prefazione una famosa frase (in verità è un vecchio proverbio africano erroneamente attribuito a colui che lo ha soltanto citato più volte) dell’antropologo africano A. H. Ba: «Quando muore un anziano è come se bruciasse una città» (in Puglia e Basilicata molti sono in proverbi che hanno affermato e affermano lo stesso concetto con parole diverse), ma in realtà vi è un pensiero dello stesso Ba che forse si adatta meglio allo ‘spirito’, nello specifico molese, con cui trattiamo la VERITA’: «Utile concedere al prossimo un pizzico di verità e non dire tutta la verità è mia, quella del mio ‘paese’, della mia razza e religione». I miei vecchi AMICI molesi di un tempo intenderanno in maniera obiettiva la ‘sottigliezza’, mentre i nuovi, forse anche perché più giovani, penseranno a «Chi di ferro ferisce, di ferro perisce» (un invito per la classe medica molese: la carenza di ‘ferro’ va combattuta con compresse specifiche e non con un metallo tenace e pur ‘malleabile’). Onde evitare spreco di ‘ferro’ ( che non possiamo permetterci), e lasciando da parte “Chi vuol vivere in pace: vede, sopporta e tace”, eccovi un pensiero di Papa Paolo VI: «Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro e, ricordate ai vecchi, che esisterà anche dopo di loro».
La riflessione di Paolo VI mi permette di parlarvi del racconto più formativo- istruttivo-pedagogico-educativo che apre il libro con il titolo “Di padre in figlio” e risulta essere stato registrato dalla viva voce di nonno Nicola Spilotros: una famiglia con un anziano in casa, padre del capo-famiglia, decide di portare l’anziano all’interno delle strutture denominate ‘case di riposo’, nonostante il vecchio contribuisse con la sua pensione alla convivenza familiare. Durante il tragitto un semplice ‘incidente’ di percorso fa in modo che trionfi la vita: amici lettori a voi l’onere della lettura e vi ricordo che il volume può essere richiesto presso il “Centro di Aiuto alla Vita di Mola”, presieduto dal prof. Giovanni Gallo. Vi racconto un episodio personale: anni fa una zia di mia moglie, vedova e senza figli, fu collocata in una casa di riposo in cui era trattata bene, essendo una buona struttura: dopo aver parlato con lei, essendo andato a trovarla, decisi di non tornare più. I figli che hanno la fortuna di avere i genitori devono adeguarsi, nei limiti delle loro possibilità … oggi, per necessità di bilancio, tutte le donne lavorano e far quadrare il vecchio cerchio non è facile. Gli slanci del cuore, non tenendo conto della ragione, sono sempre molto espliciti: che ci siano significa ipotecare un futuro. Sempre di nonno Nicola Spilotros è la narrazione “Il sugo della prima moglie”: un classico in cui un vedovo si risposa e, nonostante gli sforzi della seconda moglie, i pranzi da questa preparati sono sempre inferiori a quelli cucinati dalla scomparsa. Un giorno che la nuova moglie, per errore, dimentica sul fuoco il cibo preparato, bruciandolo più del dovuto, avviene il miracolo: il marito la copre di elogi … affermando che ha quasi superato la perizia della prima.
Quante volte noi diciamo alle nostre donne: mia madre cucinava in maniera insuperabile (spesso vero, ma anche a volte non sincero) dimenticando che è solo una forma di affetto filiale. La donna intelligente, da mamma, capisce che è una ruota dettata da quell’affetto, sentimento che a volte ‘deborda’ in “Nessuna nuora, buona nuora”. Consiglio tutti di leggere il breve racconto “Il sogno americano”: una vita migliore si conquista con sacrifici, non a caso un proverbio pugliese dedicato all’attività marinara ci illumina “Inutile andare a pesca, se l’amo non ha l’esca”, dove la parte indispensabile è il famoso olio meridionale, conosciuto in tutto il mondo, come … ‘olio di gomito’.
Spilotros ha coinvolto anche la professoressa Giovanna Fralonardo, presidente dell’Università della Terza Età di Mola di Bari, la qual cosa ci fa pensare ad una frase di Platone che, grosso modo, questa ‘medicina’ propagava: «Un individuo di natura tranquilla, calma e serena sente appena il peso dell’età. Ma per coloro di opposta natura sono un gravoso fardello sia la giovinezza, che la vecchiaia». Per problemi di privacy, quella che Platone chiamava riservatezza, non andiamo oltre ma è evidente che Pietro Trapassi avrebbe osservato: «Se nelle verdi etate alcun trascura/ di lodato saper ornar la mente,/ quando arriva per lui l’età matura/ d’aver perduto un sì gran ben si pente./ Cercalo allor, ma trovasi a man vuote:/ Potea, non volle, or che vorria, non puote» (Metastasio).
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Cultura e Spettacoli