Carbonara: nella parrocchia Beata Vergine SS Rosario in San Nicola, in scena il ‘Battesimo’ secondo don Mario Persano


LIVALCA    «Il  Battesimo è il sacramento su cui si fonda la nostra stessa fede e che ci innesta, come membra vive, in Cristo e nella sua Chiesa» queste parole sono state pronunciate in una  gremita  udienza generale nel 2014 da Papa Francesco, quel cardinale  Jorge Mario Bergoglio che il 13 marzo del 2013 era stato eletto  266° Papa della Chiesa cattolica.

Bergoglio è nato nel 1936 nel ‘barrio’ (quartiere) di  Flores a Buenos Aires, primogenito di cinque figli di Mario, imbarcatosi nel 1928 dal porto di Genova per cercare ‘fortuna’ a Buenos Aires, e di Regina Maria Sivori, lontana parente di quel calciatore Omar Sivori argentino  che sarà il primo argentino, nel 1961, a vincere il ‘Pallone d’oro’ (per i tanti amici giornalisti sportivi, di chiara notorietà,  preciso che so bene che l’argentino Alfredo  Di Stefano  - classe 1926 del barrio Barracas di Buenos Aires - ha vinto il trofeo nel 1957 e nel 1959, ma, dal momento che era stato naturalizzato spagnolo, tutti gli annali riportano di nazionalità spagnola come giocatore del Real Madrid… con enorme ‘cruccio’ di quel Luisito Suarez, scomparso da pochi giorni, ‘Pallone d’oro’ nel 1960, che andrebbe annoverato come primo spagnolo in assoluto.  Contento grande Antonio G.  della doverosa precisazione?).

Solo per la statistica sia Papa Bergoglio,  sia Omar Sivori  vantano parenti a Santa Giulia di Centaura, frazione di Lavagna in Liguria.

In breve: le Chiese cristiane considerano il Battesimo un sacramento e la Chiesa cattolica lo amministra ai neonati per infusione, ossia l’acqua viene versata sul capo del battezzando; alle origini del Cristianesimo venivano battezzati solo gli adulti che sceglievano, consapevolmente e liberamente, il sacramento che veniva accompagnato da una dichiarazione di fede.

Alcuni giorni fa nella parrocchia “Beata Vergine del SS Rosario in San Nicola” - ubicata in Carbonara di Bari in via A. Manzoni, 15  - don Mario Persano, parroco della stessa dal lontano 1986, ha battezzato Alice e Giovanni. Voi direte che la cosa è normale, per cui sono costretto a precisare che il maschietto battezzato è un mio nipote e porta il mio nome Giovanni Battista.    

San Giovanni Battista è uno dei santi più venerati al mondo e molteplici sono le chiese a lui dedicate.  E’  patrono dei sarti (probabilmente perché indossava un ‘abito’ di pelle di cammello da lui stesso confezionato) e di coloro che si occupano di attività alberghiera (forse perché la sua tragica fine si deve al banchetto di Erode) e viene appellato il ‘precursore’ perché si racconta che,  mentre era ancora nel ventre materno, annunciò la venuta di Cristo: Elisabetta, la madre di Giovanni, già incinta incontrò Maria che aspettava Gesù,  e si salutarono e a questo ossequio  il nostro, non ancora Battista, ebbe un sussulto nel ventre materno. Giovanni Battista nasce a Ein Cherem nel 7 a.C. e muore a Macheronte nel 30: i suoi genitori Zaccaria e Elisabetta, sterile si racconta, anziani e senza figli seppero da un angelo del Signore che avrebbero avuto un figlio di nome Giovanni.  Intorno all’anno 27 troviamo Giovanni  che viveva nel deserto come un  eremita e lungo le rive del fiume Giordano, annunciando l’arrivo del Messia, incoraggiava la conversione e diffondeva la penitenza.  Per purificare dai peccati Giovanni faceva immergere nelle acque coloro che lo consideravano un profeta  e perciò ebbe il nome di Battista.  Chiaramente battezzò anche Gesù. La morte di Giovanni fu causata da Erode Antipa: il nostro aveva criticato severamente il figlio di Erode il Grande per aver ripudiato la moglie e sposato la cognata Erodiade, per cui fu fatto arrestare;  in seguito Erode, su richiesta di Salomè che era figlia di Erodiade, fece decapitare Giovanni e il pretesto fu il famoso banchetto in cui ballò Salomé.   Ecco spiegato perché San Giovanni viene identificato come il ‘decollato’: il suo martirio viene celebrato dalla Chiesa il 29 agosto.

 Mentre mi recavo velocemente a piedi verso la chiesa - la cerimonia era fissata per le 19,30 ed erano già le 19,27 - avendo parcheggiato al primo spiazzo disponibile,  abbastanza lontano comunque, mi sono sentito apostrofare  con  il soprannome che oltre mezzo secolo fa mi era stato imposto’ dal gruppo di cui ero parte attiva:  “… cosa fai con questo caldo ancora in giro, per giunta fuori della tua zona abituale…”. Spiegato velocemente il  motivo per cui mi trovavo in quel luogo,  l’amico Gino mi ha precisato che si stava recando dal figlio, che aveva preso casa  alle spalle della chiesa e portava in mano una guantiera di paste per festeggiare l’acquisto recente dell’ap- partamento.  Lui, più giovane di me di quasi due mesi, mi ha regalato “sembro tuo figlio”, aggiungendo che verrà a trovarmi perché, il compagno della figlia che vive a Varese, vuole un parere su un romanzo ‘giallo’ che ha scritto.  Solo alle 19,45 abbiamo ‘scoperto’ che potevamo fare lo stesso percorso  assieme e lui mi ha lasciato proprio sulla porta d’ingresso della parrocchia.  Constatando come ‘Luigi il ‘Botticelli’, questo l’epiteto con cui era ‘noto’, fosse ora accostabile alle opere di Alberto Giacometti per linea ritrovata, non posso negare che mi ha fatto piacere ‘rivederlo’.  Riflessione che mi porta a riconsiderare  un pensiero che Alessandro Manzoni ci ha dispensato  nel suo romanzo “I promessi sposi” : «… Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per preparare loro una più certa e più grande» (Per vecchia prassi consolidata,  un mio modo per mantenermi in ‘esercizio’ consiste nel ricordare le ‘opere’ dei personaggi cui sono dedicate le strade cui devo recarmi… a piedi).

Entrato in chiesa ho notato  che era gremita e, mentre mi stavo accomodando in ultima fila,  ho incrociato lo sguardo dell’Amico  don Mario Persano che, con la sua abituale mimica spontanea, mi ha comunicato che avanti vi era posto, accanto a mia moglie Angela, la quale subito mi ha messo al corrente che da pochi minuti era iniziata la cerimonia.  Ancora Manzoni, con  il suo capolavoro,  mi viene in soccorso: «Talvolta, nel volto e nel contegno d’un uomo, vi è un’espressione così immediata, si direbbe quasi un’effusione dell’animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio sopra quell’uomo sarà uno solo».  Chiaramente don Mario con quel suo modo di celebrare che rende tutti protagonisti dell’evento, senza nulla togliere alla sacralità della funzione, ha ottenuto che, nonostante un caldo micidiale specialmente per gli ‘anta-anta’, nessuno si avventurasse in pensieri ‘dispersivi’.



La ‘predica’ di don Mario mi ha fatto venire in mente un pensiero di Papa Francesco rivolto proprio al santo che festeggia il 24 giugno: «Come San Giovanni Battista, il cristiano deve saper abbassarsi perché il Signore cresca nel suo cuore».  Don Mario - per carità cristiana è solo un esempio e come tale non vuole essere irriverente verso ‘nessuno’ - nel suo quotidiano ‘annunciare’ la FEDE agisce ispirandosi a realizzare opere che possano aiutare a vivere meglio la comunità di cui si sente espressione. Nel caso specifico don Persano ha trasformato alcuni  bambini presenti in suoi aiutanti di campo, non disdegnando di ‘riprendere’ due individui  che, presi da altri problemi, dimostravano una ‘svogliata’ partecipazione.  Lo ha fatto,  con quel sorriso misto di  maestria e bravura-esperienza, servendosi di un garbo che ha portato i destinatari degli amorevoli ‘strali’ a dover  ammettere le proprie ‘colpe’.

Persano è pur sempre il docente di Storia e Filosofia che tanti liceali di qualche anno fa ricordano con fraterno affetto e che gli studenti universitari di Bari  (Pedagogia Generale e Sociale della Facoltà di Medicina corso di Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive) avevano elevato a ‘consigliere’ privilegiato per ogni richiesta attinente non solo gli studi, ma anche il percorso di vita da intraprendere.  Fare una passeggiata con don Mario significa vederlo salutare tante persone che sono entrate in contatto con lui: per alcuni può anche essere ‘stravagante’, per altri una ‘mina vagante’, ma per tutti un sacerdote ‘accattivante’.   Don Mario ha pubblicato anche dei libri, tra cui mi piace ricordare: “La ricerca della bellezza”, “Autorità e tradizione nel processo educativo: il contributo di Luigi Giussani” e “Il senso della ricerca in educazione tra orientamenti di fondo, teorizzazioni e indagini empiriche”, tutti con Levante-Bari ed ultimamente un opuscolo molto bello dedicato alla sua parrocchia in Carbonara che, negli anni, in virtù di un dinamismo manageriale, ha saputo rendere sempre più accogliente e confortevole, non ospitale perché qualsiasi Chiesa lo è sempre. 

Proprio l’ultima volta che sono entrato nella chiesa di don Mario ho controllato attentamente i dipinti dei volti dei Santi che scorrono lungo la  parete con vista sull’altare maggiore, notando che è presente San Giovanni Evangelista e manca il Battista: proverò, con l’approvazione di don Mario,  a pregare il mio amico Carlo Fusca di  rimediare… Carlo che, da quando è docente a Venezia,  dimentica chi lo ha  reso ‘immortale’ con un’opera che resterà nel quarto millennio.

Don Mario ogni inizio di settimana invia ad alcuni amici - di solito tra le 5,30 e  le 5,50 - alcuni pensieri suoi o di personaggi famosi (spesso, molto spesso,  di don Luigi Giussani: Desio 1922-Milano 2005) che possono illuminarci nel percorso partendo da alcune premesse ‘giussane’: «La casa è il luogo della memoria», «Tutto quello che ho riferito a voi stasera l’ho imparato» e «L’intelligenza non è capacità creativa, ma riconoscitiva dal momento che riconosce qualcosa che un Altro fa».

Nipotino Giovannino il tuo nome vuol dire: «Dio fa grazia ora»… nonno GRAZIAto ringrazia.


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