Il 'Mondo nuovo' di D’Acquaviva: un ‘sogno americano’ visto da Mola di Bari

LIVALCA - Alcuni giorni fa mi ha telefonato Paolo con una richiesta, sono state le sue precise parole, perentoria: «Gianni non puoi rifiutarti di accompagnarmi fra meno di due ore in aeroporto … poi ti spiegherò». L’amico, che non vedevo da gennaio, è un soggetto serio, socio di tutti i ‘circoli’ di vera animazione culturale che si trovano in città e luoghi limitrofi, padre di tre figli e con un nipote già patentato, senza dire che spesso è venuto a trovarmi con la moglie al posto di guida. Comunque, avvisata la mia famiglia (lo faccio da quando, senza sapere dove, come e perché, ho perso un cellulare, mai più ritrovato) ho risposto: “Va bene”.

Arrivato da me con un taxi e due contenuti bagagli (non mi è passato assolutamente per la testa di chiedergli come mai, avendo già un taxi a disposizione, non avesse proseguito per la destinazione finale), appena salito sulla mia auto ha iniziato ad illustrarmi un episodio della sua vita recente: chiedendomi un pensiero-parere da ‘estraneo’. Nonostante quello che pensa mia moglie, fin dalle medie, amici e conoscenti mi hanno sottoposto loro problematiche, anzi procedendo negli studi, spesso, i docenti affermavano: «Sentiamo il pensiero di Cavalli…», non mi sono mai tirato indietro, concedendomi solo una particolare riflessione: non poter mai chiedere a nessuno, per cose personali, un ‘consiglio’ estraneo, visto che si rivolgevano a me… Questo non significa che abbia sempre sbagliato da solo: spesso i nostri errori dipendono da un palese ostruzionismo, più o meno ‘invidioso’, di altri… il cui comportamento non rispetta principi etici, cui tutti dovremmo attenerci sempre.

A Paolo non ho riferito come mi sarei comportato io, ma quello che lui voleva sentirsi dire da me per procedere secondo un tracciato che aveva già predisposto, confermando che, le decisioni prese con il cuore, hanno tutte una presunzione di innocenza. Paolo carissimo, dal momento che mi hai confessato che mi leggi sempre ‘divertendoti’, ti ricordo una frase che ti ‘elargì’ quello che tu chiamavi ‘filosofo da strapazzo’ (onestamente il tuo colorito linguaggio era più greve) nel mentre si discuteva di Cartesio: «Rifletti, prima di pensare». La vita è così anomala che una notte di molti anni fa ho sentito un professore ospite della trasmissione di Marzullo ripetere la stessa frase attribuendola a Jerzy Lec Stanislaw, poeta-scrittore famoso per i suoi aforismi. Stanislaw, nato ad inizio del secolo scorso a Leopoli in Ucraina, fu internato, durante la seconda guerra mondiale, in un campo in Germania; prima che tutti fossero sottoposti ad esecuzione di massa, riuscì a fuggire con una divisa sottratta ad un soldato tedesco. Rientrato in Polonia, dove viveva, si unì ai partigiani polacchi: morì a Varsavia nel 1966. Accompagnato a destinazione Paolo, stavo provando a guadagnare l’uscita, circondato da taxi in pieno fermento lavorativo, quando una voce amica mi ha gridato: “Gianni sei il mio salvatore”. Onestamente la voce era amica e stavo cercando lentamente di focalizzarla, onde risalire al volto, ma in un baleno, aperto lo sportello, si è materializzato al mio fianco Daniele. Qualche mese fa mi aveva chiesto telefonicamente alcune notizie per la realizzazione di schede che stava preparando su personaggi che io ho conosciuto e per e-mail era stata mia premura accontentarlo per quello che era il mio sapere. Tra le tante cose mi aveva rammentato che era sempre alla ricerca dei volumi “Cantata per una città’ di Vito Maurogiovanni e “Il mondo nuovo” di Vincenzo D’Acquaviva: onestà m’impone di specificare che lui stesso ha precisato che gli avevo donato tre copie di Vito e cinque di Vincenzo.

Come gli avevo puntualizzato per telefono a marzo di quest’anno, dei due libri, possiedo solo la copia d’archivio, per cui mi era impossibile accontentarlo. Mentre la mia macchina stava prendendo l’uscita per Bari città, mi ha chiesto la cortesia di lasciarlo a Polignano a Mare, altrimenti avrebbe ritirato l’appellativo di ‘salvatore’. Di certo non ho pensato che: la vita dell’uomo su questa terra, altro non è che continua guerra, per cui mi sono limitato a dirgli: “Perché non mi hai comunicato subito cosa intendevi per salvatore”?

Non nascondo che il mio ancora funzionante intelletto ha partorito l’idea di passare da Mola di Bari e ritirare direttamente dal ‘parsimonioso’ Vincenzo D’Acquaviva una copia del volume “Il MONDO NUOVO”, ma subito dopo Torre a Mare, un traffico a passo d’uomo, causa incidente per fortuna senza conseguenze rilevanti per i passeggeri, ci ha costretti a temporeggiare. Mentre Daniele stava rivedendo i suoi appunti per un intervento che avrebbe dovuto sostenere la sera a supporto di un libro di una sua collega, non ho potuto fare a meno di considerare che la mancata visita da Vincenzo D’Acquaviva, forse, era da considerarsi un aiuto, discreto, della dea bendata: fortuna e umori governano parte della nostra esistenza. Vincenzo, nel caso dovesse regalare una copia del suo libro, sottopone lo sventurato ad un fuoco di fila di domande che mettono a dura prova la pazienza del ‘malcapitato’: nel caso riuscisse a procurarsi cellulare e-mail dello stesso darebbe vita alla più grande caccia all’uomo-lupo mai vista dalla notte dei tempi…

Daniele terminato il suo ‘ripasso’ mi ha comunicato il luogo ove era diretto (posto che conosco bene grazie al mio vecchio AMICO scomparso Savino, che di Polignano era il ‘democratico re’) e mi ha fatto una confessione inaspettata: del libro di Vincenzo era interessato alle due pagine che seguono la presentazione di Antonio Rossano e che riportano una filastrocca chiamata “La protesta cecoslovacca”. Carissimo Daniele mi ha riferito che tuoi amici hanno collaborato a quello spettacolo: chi scrive lo ha ideato, redatto, interpretato e presentato; scegliendo tutti i singoli ‘attori’ e quei nomi che mi hai fatto li ricordo e li abbraccio idealmente con riconoscenza. Le critiche furono tante, perché in pochi seguirono la logica della nostra proposta: erano abituati al complesso che accompagnava cantanti più o meno intonati. Tornando a noi quelle due paginette del libro di D’Acquaviva avevano un titolo “Viva la Libertà”, ispirato ad una mediocre canzone di Bruno Lauzi per quanto riguarda il testo, ma valida come principio: Se tu non recepisci quello che voglio dire, meglio ognuno per la sua strada e ‘viva la libertà’. I tuoi nuovi amici, vecchi per me, sanno bene quanto significasse per il sottoscritto quell’impegno: essere tornato, nonostante tutti i fondati dubbi della medicina ufficiale, il Gianni di sempre.

Per loro e per tutti i miei lettori del “Giornale di Puglia” ora riproporrò le due paginette che scrissi per Vincenzo D’Acquaviva a novembre 2010: non erano previste, ma Antonio Rossano, cui avevo chiesto una presentazione, lasciando quattro pagine per il suo intervento, conosciuto Vincenzo in un incontro da me organizzato, fu parco-parsimonioso e, nonostante il corpo 14 impiegato per la stampa, ci volle abilità a coprire due pagine. Pur di non lasciare altre due pagine in bianco scrissi quello che riporterò integralmente sotto, firmando GioCa (Giovanni Cavalli: uno dei miei tanti, detto alla Mirabella, ‘nom de plume’ che mi sono regalato negli anni).

Prima però voglio ricordare Antonio Rossano, non il Maestro di giornalismo universalmente noto, ma il Maestro di vita in punta di piedi, quello che ‘gelò’ il mio entusiasmo per il suo libro «L’italiano (ieri e oggi)», pubblicazione di Levante Bari dell’ottobre 2010, perché non mi permise di inserire una presentazione che avrebbe reso ancora più nobile il suo accorato appello: “Salvate il ciarpame”. Lui che era il giornalista che per il libro di D’Acquaviva ricordò con dignitoso realismo lo stato d’animo di coloro che inseguivano il ‘sogno americano’: «Le pagine più ricche di umanità, non a caso, quelle che raccontano senza retorica ma con struggente realismo l’esperienza di chi lascia la sua terra “alla ricerca della felicità”: la partenza dalla piccola stazione di Mola, con il mito dell’accompagnamento da parte di chi resta. L’arrivo in un mondo che appare subito caotico e duro: per molti ci fu l’incubo della sua sosta forzata ad Ellis Island (oggi una sorta di museo che dà i brividi)». Antonio tu che, per amore di padre orgoglioso, hai visitato bene l’America e che, nelle nostre lunghe telefonate mattutine sei riuscito a descriverla senza enfasi in modo da evitarmi un viaggio ‘faticoso’, non ritieni che la dedica del libro ai nipotini poteva anche contemplare quella presentazione che ritenevo… (Carissimo Antonio dopo la tua ‘partenza’ ho avuto tre nipotini e posso confermarti quello che mi dicevi sempre: “Gianni sono il regalo che rende speciale e benedetta la nostra vecchiaia”) Dalla presentazione de «IL MONDO NUOVO» di Vincenzo D’Acquaviva, Levante Bari, 2010, firmata da GioCa: «Antonio Rossano, giornalista di successo e di lungo corso, che ha redatto la pagina che precede questa, si definisce “… manovale della penna quale la mia antica professione mi autorizza a dichiararmi …”. Lo fa con maestria da consumato attore, togliendo la scena allo scrittore, in una sagace introduzione stilata per il suo libro dal titolo «L’ITALIANO (ieri e oggi) tra rimembranze, contaminazioni e prove di scrittura» da pochi giorni pubblicato con il n. 40 nella collana Bibliotechina di Tersite. Il n. 41 della stessa collana è proprio questo libro. Questa introduzione mi è servita per rammentare all’autore del «IL MONDO NUOVO» che Gianni mantiene sempre quanto promesso: la terza volta che ho incontrato Vincenzo, infatti, gli ho anticipato che il libro avrebbe avuto una testimonianza di un noto giornalista che, negli anni in cui lui era in America, si era interessato con passione e professionalità a queste tematiche. Rossano nel 1974 ha vinto il premio Saint Vincent per un’inchiesta sull’immigrazione pugliese pubblicata sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”, della quale è stato capocronista prima di approdare in RAI.

Veniamo ai ‘fatti nostri’. Quando l’affezionato Sabino mi ha chiamato da Mola per preannunciarmi la venuta di un suo amico che voleva propormi una pubblicazione, ho solo ribattuto per gettare acqua sul fuoco - messaggio in codice riservato ai molesi doc - e ristabilire la consueta confidenza: “Speriamo sia più allegro di te”.

Qualche giorno dopo Vincenzo si è messo in contatto e dalla voce pacata e pur autorevole ho dedotto che si trattasse di un uomo solido, sicuro del fatto suo e quindi una vera testa… in sintonia con il paese natio. Quando ci siamo conosciuti il nostro scrittore ha subito messo in atto la tipica manfrina che inscenano quasi tutti per farmi capire che hanno rinunciato a Mondadori e Rizzoli perché legati al territorio e Levante ecc. ecc. Ascoltata la storia di Vincenzo, esposta con sobrietà pari all’effetto scenico perseguito da un legale nel corso dell’arringa, mi sono concesso la libertà e il piacere di anticipargli l’epilogo. Esito realmente verificatosi: mesi dopo.

Lascio alla fervida immaginazione del lettore risalire alla cose da me dette … sono le frasi che ripeto da anni e anni agli amici molesi Stefano, Waldemaro, Pietro, Antonio e, andando indietro nel tempo, fino agli ultimi anni ’60 del secolo scorso, a tutti i ragazzi e le ragazze molesi che mi hanno aiutato a superare un momento particolarmente critico e difficile della mia vita; per dirla in termini attuali: i poteri forti mi avevano annichilito. A voler essere sincero furono le ragazze molesi in quegli anni, ambasciatrici di quella geniale e intelligente businesswoman che rispondeva al nome di Mary Quant, a contribuire alla mia rinascita. Indossavano con classe e gioia di vivere, senza alcuna sfrontatezza, e con innata eleganza quel pezzo di stoffa famoso in tutto il mondo come minigonna. Grazie alla loro genuina e schietta amicizia ripresi a considerare meravigliosa la vita. Per loro ci sarà sempre un riconoscente grazie e, per una in particolare, un posto perenne nel mio cuore. E come direbbe, con Clemente patriottismo, Amatore Sciesa “tirem innanz”.

D’Acquaviva a pagina 58 afferma: «Avevo dato per scontato tante cose. Mi resi conto, però, che nulla ti è dovuto. Niente ti viene concesso senza qualcosa in cambio. Ero stato indotto in errore dalla propaganda che si faceva dell’America al paese». Carissimo Vincenzo vuoi vedere che tu hai partecipato alla spedizione di Colombo e non ci hai detto niente? Hai fatto la scoperta dell’acqua calda o dell’America? Tu che da ragazzo, essendo uno degli otto figli di una coppia innamorata e onesta, hai lavorato sulle navi in giro per il mondo; tu che hai lucidato macchine , lavato piatti, pitturato porte e finestre; tu che, sempre salendo nella scala dei valori, sei approdato in banca e poi nell’ufficio pubblicità di un giornale e, poi, tornato in Italia ti sei impiegato, nota bene non ho detto imboscato, e, sfruttando le giuste leggi per gli studenti lavoratori, sei arrivato fino alla laurea; tu che più volte nel tuo libro, con una integrità morale che ti fa onore, ci vieni a dire che una piccola raccomandazione ti è servita sempre; tu che sei nato in un paese libero e sei andato a lavorare in un paese libero che premia l’impegno, pur con tutti i difetti che da avanti Cristo il mondo si porta appresso; tu che hai potuto notare come in America non esiste il trattamento di fine rapporto di lavoro e come, per determinate categorie, le ferie si limitano a due settimane, proprio tu ci vieni a dire “ niente ci viene concesso senza qualcosa in cambio”. Credi alla Befana? Sai che la Befana, ossia, eccetto i genitori, perché l’eventuale befana dovrebbe pensare a te e non a un bambino del terzo mondo? E se nel 1968 ti fossi trovato in Cecoslovacchia? In quel periodo io imparai a memoria, per uno spettacolo da me ideato, una poesia filastrocca più eloquente di qualsiasi altro commento, mi pare si chiamasse “La protesta cecoslovacca”:

HO INTERROGATO L’ERBA, SIGNOR PRESIDENTE.

RISPONDEVA SENZA ESITAZIONE CHE NESSUNO SI E’ SDRAIATO SU DI LEI, CHE NESSUNO L’HA ODORATA, CHE NON L’HANNO CALPESTATA A PIEDI NUDI. IMPICCARLA? SONO DELLO STESSO PARERE.

L’INDOMANI MATTINA ALL’ALBA PER ESSERE PIU’ SICURI, L’HANNO BRUCIATA. DOPO NEMMENO UNA SETTIMANA UN UOMO ANDAVA URLANDO: SOLDATI, QUELL’ERBA GIA’ DOMANI SARA’ DI NUOVO VERDE!

I ragazzi di allora, proprio perché rivendicavano riforme più imparziali per tutti, capirono il valore della parola libertà e tu, inoltre, sei uno di quelli che l’ha sperimentata, assaggiata, gustata, digerita e, sarebbe bello oltre che giusto, che la trasmettessi intatta ai tuoi figli.

Peccato che non tutti conoscono il compianto cantautore Bruno Lauzi, il quale in una canzone dedicata alla moglie scriveva: “ E’ arrivata stanotte dal Sud una donna di nome Maria, ha portato due labbra corallo, ha portato qualcosa di più …” e in un’altra ripeteva ossessivamente “Viva la libertà, viva la libertà, viva la libertà” e, per la cronaca va riferito che, essendo genovese, era portato a risparmiare.

Ebbene proprio perché ti stimo infinitamente, per quello che hai realizzato e tentato di realizzare, caro amico Vincenzo mi permetto di ricordarti, a viva voce e in assoluta libertà, che sei un uomo fortunato: una donna del Sud l’hai sposata, la libertà di crearti un futuro diverso, da quello che si prospettava, l’hai conquistata ed ora ti permetti di attentare alla nostra libertà di liberi lettori prospettandoci addirittura un eventuale nuovo libro … ma questo non è il “MONDO NUOVO” e la… ».

In questo modo terminava l’intervento di Gio.Ca per il libro di D’Acquaviva. In questi anni Vincenzo ha pubblicato altri libri, ma non ha ritenuto opportuno farmeli ‘conoscere’, anche se si è recato, non ho detto a mio nome, da gente che io gli avevo presentato: ma questa consideriamola una ‘reliquia’ del soggiorno americano e lasciamo tutti i pregi alla genuinità molese. D’Acquaviva nel 2000 ha ricevuto il premio “Maria e Francesca Marangelli” in Conversano dalle mani di Raffaele Nigro, il quale, non sempre facile agli entusiasmi, gli espresse sincero apprezzamento.

Raffaele ricorderà per tutta la vita Mario Cavalli, Vincenzo i Cavalli in genere: spesso dimentichiamo che la vita contempla il dipendere, appendere è altra cosa.

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