BARI – Anche in Puglia si lotta ogni giorno per combattere il mieloma multiplo, il secondo tumore del sangue in Italia dopo il linfoma non-Hodgkin. Quasi 6 mila casi all’anno. Oggi a raccogliere il successo è una cura sperimentata grazie a uno studio internazionale cui ha partecipato anche l’UOC di Ematologia e Terapia Cellulare dell’IRCCS “Istituto Tumori Giovanni Paolo II” diretta al dr. Attilio Guarini. Si tratta di un farmaco ‘coniugato’, cioè composto da un anticorpo monoclonale e un chemioterapico, che si conferma efficace sul lungo periodo in pazienti ‘difficili’ (refrattari, in termine medico), che non rispondono cioè ai trattamenti standard di prima, seconda e terza linea, assolutamente innovativo. Si chiama belantamab mafodotin, e agisce sinergicamente: l’anticorpo (belantamab) riconosce e raggiunge in maniera selettiva le cellule malate, dove poi agisce il chemioterapico (mafodotin), non interferendo con le cellule sane. A confermarne l’efficacia anche sul lungo periodo sono i dati dell'analisi finale dello studio DREAMM-2, con un follow-up di circa 3 anni, presentati recentemente al 64° congresso annuale dell'American Society of Hematology (ASH), a New Orleans. Questo innovativo approccio terapeutico è disponibile in Italia ormai da tre anni ed oggi si vedono i primi entusiasmanti risultati. Per ogni informazione è attiva la campagna “Mieloma multiplo e tu” (https://www.multiplemyelomaandyou.com/it/), importante per conoscere la malattia e affrontarla in modo condiviso.
La cura
“Il Belantamab – spiega il dr. Guarini – è indicato nei pazienti con la forma più avanzata di mieloma multiplo, cioè ricaduto/refrattario fortemente pretrattati e già esposti alle tre principali classi di farmaci attualmente in uso (immunomodulanti, inibitori del proteasoma e anticorpi monoclonali anti-CD38). Il trattamento con questo anticorpo coniugato, praticamente un ‘cavallo di troia’ che riconosce la plasmacellula e libera nel citoplasma della stessa il chemioterapico (mafodotin) distruggendola, può produrre risposte rapide, profonde, durature e clinicamente significative, a fronte di un profilo di sicurezza gestibile. Nel nostro centro – prosegue Guarini – utilizziamo da circa 2 anni questa cura su 8 pazienti con mieloma multiplo, con ottimi risultati che ci aiutano ad una gestione migliore. Cura che ha dimostrato non solo negli studi clinici, ma nella ‘real life’ di controllare malattia, migliorando la qualità della vita e di aumentare la sopravvivenza in pazienti già sottoposti a molti trattamenti e per i quali fino a poco tempo fa non esistevano ad altre possibilità terapeutiche”.
La storia
A dimostrarlo, proprio nella cosiddetta ‘real life’ è la storia di Girolamo. “Girolamo A., 75 anni, definirlo paziente è ormai riduttivo – racconta il prof. Guarini –. È uno di quei pazienti che conosci da anni, che diventa un amico, che ti porta il caffè ogni volta che svolge la terapia in ambulatorio. La sua storia clinica ematologica è iniziata circa quattro anni e mezzo fa. La terapia di prima linea gli ha concesso una remissione di 1 anno, cui è seguita la prima ricaduta. La terapia di seconda linea ha consentito di ottenere un periodo inferiore rispetto a quanto ipotizzato nello studio registrativo. Iniziavamo dunque la terapia di terza linea con la consapevolezza che la biologia di questa malattia fosse oramai ad alto rischio. Ed infatti anche la risposta alla terza linea di terapia è durata meno di un anno, e la terapia di quarta linea solo 6 mesi. Quando negli ultimi 2 mesi, in corso di terapia di quarta linea, ha iniziato a lamentare dolori a carico del bacino e in ambito scapolare a sinistra, tali da impedirgli di camminare in autonomia e anche di avere un riposo notturno impedito dal dolore, Girolamo non riusciva più a portarmi il caffè al mattino. Lo spauracchio dell'ennesima recidiva si è concretizzato quando abbiamo effettuato la rivalutazione TC total body che ha documentato una recidiva multidistrettuale in ambito scheletrico ma ancora peggio la presenza di malattia extramidollare, con impegno massivo della piccola pelvi e della scapola. Confesso di aver pensato che per il mio amico fosse arrivato l'ultimo round, ma fortunatamente in quel periodo è arrivato a disposizione il Belantamab. Sono bastate due somministrazioni e Girolamo ha ripreso a camminare, a riposare la notte, ma soprattutto a viziare il suo dottore con il caffè, e senza stampelle”.
I nuovi dati di efficacia
Nel dettaglio i nuovi dati hanno permesso di confermare i risultati in termini di efficacia e di efficacia. Il 58% dei pazienti ha infatti raggiunto una risposta parziale molto buona o superiore e in alcuni casi addirittura completa. “La sopravvivenza globale nei pazienti che hanno ottenuta una risposta molto buona è stata di 30,7 mesi, un periodo di tempo mai riscontrato prima con una sola terapia su questi pazienti altamente compromessi – aggiunge Guarini –. Secondo i dati presenti in letteratura, i pazienti con malattia ricaduta/refrattaria in fase avanzata hanno un'aspettativa media di vita intorno ai 6 mesi. Con belantamab mafodotin, invece, l’aspettativa di sopravvivenza raddoppia per un periodo di tempo lungo circa 3 anni”.
Belantamab mafodotin è stato approvato dalle agenzie regolatorie, e dal dicembre 2021 è disponibile anche in Italia come trattamento per pazienti adulti con mieloma multiplo già trattati con almeno quattro terapie precedenti, risultati refrattari ad almeno un inibitore del proteasoma, un immunomodulatore e un anti-CD38, e andati in progressione durante l’ultima terapia. L’approvazione si è basata proprio sui risultati dello studio DREAMM-2.
Il mieloma multiplo
Per il mieloma multiplo non c’è ancora una cura che ci consente di parlare di “guarigione” ma i nuovi approcci diagnostici e terapeutici ci consente di aggiungere sopravvivenza e speranza a migliaia di persone. Il mieloma multiplo è responsabile dell’1-2% di tutte le neoplasie e del 10-15% dei tumori ematologici. Ogni anno si stimano circa 5700 nuovi casi.