ph: John Rojas |
Si parte con il «Poema sinfonico per cento metronomi» di György Ligeti, brano del 1962 concepito per l’insolito organico di 100 metronomi con i musicisti incaricati di caricare completamente o parzialmente i metronomi e impostarli su periodi differenti. Una creazione con la quale il geniale compositore ungherese, diventato noto al grande pubblico attraverso le colonne sonore dei film di Stanley Kubrick, rimanda all’idea di caos e allo strumento musicale ordinatore per eccellenza, in un gioco di rimandi al concetto di entropia dell’universo in una fase artistica segnata dalle esperienze elettronico-musicali e dagli esperimenti visivo-gestuali.
Sempre di Ligeti si ascolterà «Fanfares» dal primo libro di «Studi» per pianoforte del compositore magiaro. Un pezzo che richiede un grande controllo tecnico, anche per la densità di colori che la scrittura mette in gioco. Mentre con Giovanni Sollima e la sua «Isola Ferdinandea (da Viaggio in Italia)» viene completamente stravolta l’idea del classico quartetto d’archi, dal quale il compositore e violoncellista siciliano, capace di coniugare John Dowland e Kurt Cobain, Bach e Webern, mutua la ferrea disciplina, lasciando però libertà improvvisativa ed interpretativa agli esecutori.
A sua volta, John Adams utilizza motivi brevi e altamente ritmici, facendoli rimbalzare avanti e indietro tra due pianoforti, in sequenze strettamente sincronizzate finalizzate a creare un effetto eco, in «Hallelujah Junction», composizione del 1996 dal quale ha poi preso il titolo l’autobiografia del musicista.
Quindi, la chiusura di concerto con il brano ispiratore dell’intero Ritratti Festival, «Clocks», lavoro nel quale Miguel Del Aguila gioca con l’esperienza percettiva delle durate e dei piani temporali, traducendo in suono e ritmo la scansione del tempo.
Tutti i dettagli su www.ritrattifestival.it.
Tags
Cultura e Spettacoli