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FRANCESCO GRECO - Nato a Praga, cresciuto a Roma (popolare quartiere San Giovanni), moscovita di adozione. Il padre si laureò in filologia slava a Mosca. Mark ci vive nuovamente da ben 21 anni, fa l’interprete e il traduttore, il giornalista e il blogger. Fino al 2014 ha lavorato alla radio di Stato “La voce della Russia”, ma dal febbraio 2022, sui social, cerca di spiegare quel complesso universo: la sua storia, il popolo, la cultura, l’economia, l’arte e quant’altro contribuisce a comporne il suo dna.
Più che un Paese, un continente: esteso quattro volte la Cina fra Nord Europa, Baltico, Mediterraneo, Crimea, Europa a Ovest e Asia a Est, con 11 fusi orari, oltre 200 etnie che ci convivono, tutte le religioni del mondo, Mosca ha 13 linee della metro, etc.
Da oltre 500 giorni l’Italia è in guerra contro la Russia, ma non si può dire: come sono visti gli italiani in questo momento particolare?
Per quanto possa sembrare strano e immeritato, i sentimenti russi nei confronti degli italiani restano tradizionalmente affettuosi. C’è delusione e dolore, ma non ostilità.
In questi mesi ne abbiamo lette di ogni, persino Čajkovskij perseguitato da Stalin…
Ho più di sessant’anni, ne ho lette di ogni. Un anno fa, è stato annullato un corso di lezioni alla Statale di Milano su Dostoevskij perché non ha condannato l’operazione militare speciale di Putin. Fosse stata una disposizione del governo, sarebbe già grave, ma no! Di un qualche zelante funzionario del ministero della cultura (della cultura, sottolineo), che non si sa con quali raccomandazioni sia finito al suo posto, poiché Dostoevskij è morto nel 1881. Vista la malaparata persino tra i sostenitori italiani del regime di Zelenskij, hanno corretto il tiro con una scusa che è addirittura peggiore: prima bisognerebbe trovare un autore ucraino dello stesso calibro. Non c’è, se non altro perché non esisteva l’Ucraina.
I Russi a noi italiani piacevano quando si immolavano a milioni per contrastare e sconfiggere la belva nazista ricacciata sino a Berlino, ora non più, tant’è che approviamo sanzioni e diamo armi agli ucronazi: la Storia riderà del deep state italiano?
Purtroppo, ne dubito. Dubito che i Russi piacessero anche allora. Italia, Romania, Bulgaria, Francia, Spagna, Albania, Croazia, Montenegro, Norvegia, Serbia, Slovacchia, Grecia, Ungheria, erano tutti con Hitler e hanno inviato truppe contro l’Unione Sovietica. All’indomani della II Guerra Mondiale, poco e nulla è cambiato, semplicemente il male assoluto era il comunismo, e dunque sempre la Russia come suo massimo esponente. I massimi esponenti (basti pensare alla campagna di McCarthy) erano Stati Uniti e Gran Bretagna. Non c’è più l’URSS, non ci sono più i comunisti, eppure il nemico è sempre lo stesso, fin da prima della Rivoluzione d’Ottobre.
Per coerenza storica, paradossalmente, forse noi dovremmo dare le armi a Putin per contrastare il neonazismo prima che si riprenda di nuovo l’Europa…
Basterebbe non darne a nessuno, rispettando la Costituzione italiana, tuttora vigente. La Russia per certo non ne ha bisogno, ed ogni ulteriore invio all’Ucraina non cambia gli esiti della guerra, semplicemente la prolunga, con tutte le vittime civili conseguenti.
In Occidente si continua con la narrazione densa di pregiudizi e luoghi comuni della Russia, mentre rispetto agli anni Novanta oggi è altro da sé: com’è cambiata con l’avvento di Putin?
Il punto è proprio questo. La Russia di El’cin (che al Congresso USA intervenne col proverbiale “Dio protegga gli Stati Uniti”) era un territorio da colonizzare per sfruttarne le risorse naturali. Obama la definì una utile “pompa di benzina”. Più la Russia riprendeva il proprio ruolo mondiale, più diventava il nemico da eliminare, pericolo per quello che recentemente Josep Borrell ha definito “miliardo d’oro” e “giardino fiorito” assediato dalla “giungla”, un branco di selvaggi.
Quando a maggio a Roma è giunto il pianista di Kiev, Vespa ha fatto il cicerone e Mentana si è lagnato per i social fuori mainstream: abbiamo dato prova di un provincialismo devastante, giornalismo a luci rosse: cosa si è detto a Mosca?
Se devo essere franco, per quanto sgradevole, non se n’è proprio parlato. In un contesto internazionale, in cui il sedicente presidente ucraino passa più tempo all’estero che in Patria, davvero si pensa che una sortita in Italia sia in cima ai pensieri della Russia?
Lo stesso Mentana, appena uno esce fuori dal suo mainstream, dice che in Russia sarebbe in carcere (lui non corre questo rischio…), poi vediamo le immagini che turisti e blogger, da Mosca a San Pietroburgo, mettono sui social in tempo reale, gente che prende la metro, che passeggia con i suoi bambini e capiamo che dipingono un mondo distopico…
Esatto. In epoca recente ma insospettabile, ricordate il campionato di calcio mondiale del 2018? Decine di migliaia di tifosi da tutto il mondo, nonostante i tentativi di impaurirli, constatarono che si trattava di un Paese ben più amichevole di quelli di provenienza, diventando al rientro i migliori messaggeri della verità.
Zelenskij è narrato come un baluardo della democrazia e della libertà, mentre ha chiuso partiti, sindacati, giornali, radio, tv, persino chiese…
In questo, ha gioco facile. In Italia, sul digitale terrestre, la buonanima di mio padre, per allenare la lingua, seguiva il Primo Canale, RTR Planeta, Russia 24 e svariati altri. Fosse vivo, sarebbe sorpreso di vedere l’effetto “neve”. Naturalmente, questo non succede con la CNN, la BBC o France 24. Viceversa, in Russia vediamo, senza ulteriori artifizi, tutti i canali italiani in chiaro: RAI 1, 2 e 3, RAI News 24, eccetera. Quello che non vediamo è quanto viene messo a pagamento dalle stesse emittenti, tipo RAI 4 e 5, tutti i canali Mediaset e La 7. Per quanto riguarda quest’ultima, essa trasmette in chiaro negli Stati Uniti e per soldi in Russia. Emblematico.
Forse ciò che un Occidente ormai secolarizzato non sopporta di questo popolo, è il suo senso del sacro, la sua spiritualità primordiale, che forse coincide con quella dell’Universo, come aveva intuito Benedetto XVI...
Sicuramente, è vero anche questo. Tuttavia, il problema è a monte. Vent’anni fa, ricordo le delegazioni ministeriali europee che venivano in Russia e dicevano, manco tanto per scherzo: “vedrete che prima o poi chiederete di entrare a far parte dell’Europa”. I russi rispondevano, anch’essi scherzando mica tanto: “meglio voi come soggetti della Federazione Russa”. E’ una questione psicologica. L’Unione Europea non è l’Europa, ma una sua parte, neanche tanto coesa. Spero bene che nessuno voglia negare che anche Svizzera, Norvegia e Gran Bretagna siano europee. Ebbene, la sola Russia europea, fino agli Urali, con i suoi quasi quattro milioni di kmq (tutta la Russia occupa 17 milioni 100 mila kmq) è grande da sola quasi quanto tutta l’UE messa insieme, quattro milioni 200 mila kmq. Anche come popolazione, nella Russia europea risiedono 106 milioni di abitanti (più di 150 milioni in totale), mentre il Paese più popolato dell’Europa occidentale, la Germania, ne ha 84 milioni. Intollerabile, secondo taluni.
L’Occidente punta a fare della Russia il 53mo Stato degli USA, una colonia?
Più colonie, con lo smembramento dello Stato unitario: prima si vociferava, ora lo si dichiara apertamente. Ma non uno Stato degli USA, per carità, sarebbe troppo onorevole. Una pompa di benzina, appunto, e poi del gas, un granaio e quant’altro: la Russia dispone di tutta la tabella di Mendeleev, se qualcuno ricorda ancora cosa sia.