Ciao Giusto, quel caffè resta 'sospeso'…


FRANCESCO GRECO -
“La morte non è niente. / Non conta. / Sono solo scivolato via nella stanza / accanto./ Non è successo niente.” (Henry Scott- Holland, 1847-1918).

La stanza accanto della sua splendida domus pulsante di vita, di luce, di energia positiva, di buoni odori, di storie e visioni. Infatti la chiamava la casa del sole. Che aveva preso quasi diroccata, aveva restaurato curandone ogni dettaglio e di cui era orgoglioso. Al forestiero era segnalata da una grande carrubo all’imbocco della stradina.

La casa in una pianura fra le grotte di Macurano, le vigne di Sargirò, la ferrovia col ponte che passa sopra, sempre invasa dal sole e dal respiro caldo del mar di Novaglie, le ultime aspre scogliere colme di sale dell’Adriatico che poi va a bagnarsi nel Mediterraneo delle epopee, le civiltà passate, le culture, il mistero, i miti. La casa che ben conosco. Faccio parte di quella numerosa community di artisti, intellettuali, imprenditori, professionisti, gente del cinema, qualche giovane sindaco, che incontravo a pranzo o a cena che Giusto, all’ombra del porticato o davanti al fuoco d’inverno. La meglio gioventù. Ogni tanto faceva capolino il figlio Nur, un ragazzo bellissimo e l’adorata, geniale nipotina.

Quella varia umanità portatrice di storie, affabulazioni, immaginari, visioni accolta dal gatto Cagliostro. Giusto e Tamara anni prima avevano lasciato Roma per immergersi nelle viscere profonde di Terra d’Otranto, dove potevi incontrare Carmelo Bene e Maria Corti, i gechi ubriachi e le tarantate folli, i briganti arrabbiati a cui era stata rubata la patria e i folletti dispettosi, le vecchie zingare con le cucèdde e le macàre con le erbe.

Giusto Puri Purini architetto è scivolato d’improvviso nella stanza accanto in un giorno d’estate. Figlio di un ambasciatore, forse era anche nobile, ma quando glielo chiedevo glissava con un sorriso infantile: voleva essere percepito come uno di noi, uno del popolo. Coltissimo, geniale, intelligenza viva, conoscitore del mondo, gli uomini, le culture, modesto. Parlava un sacco di lingue, ma spesso rispondeva nel dialetto di Terra d’Otranto.

Intorno al ‘68, studiava Architettura a Roma (Valle Giulia), incontrò Roberto Rossellini e lavorò con lui come scenografo nei film che girò per la tv (da “Socrate” agli “Atti degli Apostoli”). Si laureò a Venezia. Si inventò i “Vivai del Sud”, rimodulando, in chiave originale, personalissima, i codici dell’architettura XXI secolo.

Lo avevo incontrato a Salve (masseria Santu Lasi), il 3 febbraio 2018, alla prima mostra (tema: il pane dei Santi, lo trovate sulla rete) che la moglie Tamara Triffez, la raffinata, famosa fotografa di origine belga (e di madre russa, una nobildonna mancata, se ben ricordo, nell’autunno del 2020).

Mi ci portò l’architetto Luigi Nicolardi che aveva trovato loro casa. Ne vennero altre, a Maglie, Tricase. Intervistai anche Giusto, su Rossellini, il cinema, Roma e dintorni... Spesso sui social postava foto di quel tempo, dall’archivio delle storie. Ultimamente si era messo a coltivare la terra intorno alla casa e come tutti quelli che cominciano, era orgoglioso dei pomodori, le zucchine, i peperoni che vedeva crescere: l’anno scorso in autunno trovai un tavolo pieno di belle noci. Ci eravamo sentiti a fine luglio, ci eravamo lasciati con la promessa di un caffè, “organization” aveva detto Tamara.

Ce la prendiamo sempre comoda in questo tempo contratto e ispido, che ci assorbe e ci divora. Pensiamo di averne a sufficienza. Non sempre è così. Quel caffe “sospeso”, caro Giusto, è solo rinviato, lo prenderemo più in là, da un’altra parte; chissà quante storie hai ancora da raccontarci…

“Va tutto bene. / Niente è ferito; niente è perduto. / Un breve momento e tutto sarà come / prima”.

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