'Borges mi ha molto influenzato...', parla lo scrittore argentino Horacio Czertok


FRANCESCO GRECO
- Argentino di origine polacco spagnolo, trapiantato in Italia (Ferrara) dopo il golpe di Jorge Videla nel 1978 (la criminale “dottrina- Kissinger” che ha insanguinato e impoverito l’America Latina: il Psi e Craxi sostenevano in modo militante le democrazie di quel Continente), dove ha rifondato il “Teatro Nucleo”, Horacio Czertok trae dalla propria complessa biografia linfa per la sua arte polisemica.

Lo spettacolo “Contragigantes”, che ha scritto e recita (produzione dello stesso “Teatro Nucleo”, sostegno Regione Emilia Romagna e MIC) e il saggio dal titolo “Libertà vò cercando” (Il lavoro del “Teatro Nucleo” nel carcere della città emiliana) arriveranno in Puglia (Lecce) il 6 ottobre, così il pubblico meridionale potrà conoscere un autore originalissimo. Nato in Argentina nel 1947, fonda il “Grupo Teatro Experimental” nella Patagonia argentina, a Comodoro Rivadavia, nel 1968; a Buenos Aires nel 1970 la “Comuna Baires”; il “Teatro Nucleo” nel 1974, e poi arriva a Ferrara dal 1978.

Attore, regista, maestro. Viaggia con i suoi spettacoli e laboratori in tre continenti. Crea col “Teatro Nucleo” lo spazio teatrale intitolato a Julio Cortazar, a Pontelagoscuro.

Emerito studioso all’Università di Ferrara, fonda e dirige il laboratorio di teatro in salute mentale per il DSM di Ferrara. E successivamente il laboratorio teatrale presso il carcere di Ferrara.

Intensa anche l’attività letteraria: ha pubblicato il volume “Teatro in esilio”, Bulzoni editore, Roma 2000; in tedesco “Theater Erfahrungen” per Brandes&Apsel, Frankfurt 2000, in ungherese “Szinhàz szàmuzetésben”, Kijarat, Budapest 2013, in inglese “Theatre of Exile”, Routledge Londra-New York 2016, in spagnolo “Teatro Nucleo” Comunidad Editora Latinoamericana, Buenos Aires 2022, e il volume “Libertà vò cercando” aa.vv. per SEB27, Torino 2022.

Ma torniamo alla tappa pugliese del tour, nello specifico: prima lo spettacolo teatrale ai Cantieri Teatrali Koreja (ore 20.30) e, a seguire, la presentazione del libro (prefazione di Andrea Pugiotto), introdotto dalla scrittrice Cristina Martinelli (Presìdi del Libro di Casarano). Il tutto nel contesto della XIX edizione della Festa dei Lettori (1-8 ottobre) che quest’anno ha per titolo “Nessun uomo è un’isola”.

Czertok è appena tornato da una tournée in Argentina, dove ha portato anche il “Don Chisciotte”, naturalmente in spagnolo, sua lingua madre e dove "doveva esserci" per le manifestazioni legate al golpe.

Ci parla del “Teatro Nucleo”?

“E’ l’unica struttura teatrale professionale di produzione nella Città e Provincia di Ferrara, è una cooperativa teatrale fondata nel 1978. Ha sede a Pontelagoscuro, in riva al Po, in un ex- cinema proprietà del Comune che ci ha concesso in convenzione.

Lo stabile è stato restaurato con un contributo regionale, perché il ‘Teatro Nucleo’ è riconosciuto dalla Regione Emilia-Romagna quale Organismo Stabile Regionale ed è stato inaugurato nel 2005 con il nome di Teatro Julio Cortazar”.

Quali le peculiarità?

“Si è contraddistinto sin dalla fondazione per alcune caratteristiche particolari, l'insieme delle quali ne fanno un caso unico in Italia. Prima di tutto, la composizione internazionale del gruppo, poi la scelta linguistica: un teatro non più costretto alla rappresentazione di testi, ma in grado di espandere al massimo la capacità di comunicazione scenica, oltre la parola. Quindi tanta attenzione all'immagine e alla musica e la voce, alla qualità del gesto e del movimento. La ricerca è guidata da alcune certezze...”.

Tipo?

“Che il teatro é in grado di esprimersi ed esistere oltre la parola, che la qualità dell'atto teatrale risiede nell'intensità delle relazioni che riesce a creare tra attori e spettatori, che lo spettatore contemporaneo, formato in una civiltà elettronica e multimediale, ha bisogni, parametri e processi mentali diversi da quello cui era rivolto il teatro consegnatoci dalla Storia. Che oltre agli spettatori che frequentano i Teatri del sistema, e che risultano una strenua minoranza in rapporto alla popolazione che sostiene il sistema con le proprie tasse, la maggioranza è pronta a diventare spettatore se e quando il teatro viene loro incontro”.

Sia lo spettacolo che il libro parlano di libertà, valore immortale, nello specifico le sue infinite declinazioni all’interno del carcere di Ferrara: cosa viene fuori, qual è il messaggio?

“Nel suo romanzo Cervantes pone tanti problemi filosofici e politici all’ordine del giorno. Don Chisciotte risulta essere, nella lettura del nostro spettacolo, non il vecchio fragile e perdente che finge di essere un cavaliere errante, tramandato dalla vulgata, bensì un uomo che decide, vista la miseria morale della vita nei tempi suoi, di passare dalle parole ai fatti.

Se nessuno vuole affrontare le innumerevoli ingiustizie che vede intorno, lo farà lui. E’ un segnale forte, che ci ricorda ‘odio gli indifferenti’, il lemma gramsciano.

E a ogni conflitto, vinto o perso che sia (e ne vince la metà, intanto) resta la costatazione: non basta un eroe, pur bravo, per cambiare le cose ci vuole altro.

In questo senso il lavoro nel carcere: lo sappiamo che col teatro non risolviamo il sostanziale fallimento dell’istituzione carceraria, col suo oltre 70% di recidive. Peraltro, ben consapevoli che nella nostra Costituzione, all’articolo 27 che si riferisce alle pene, non c’è menzione del carcere. Col teatro diamo il nostro contributo, ma il problema è altrove che va affrontato”.

La sua vita si è incrociata con quella di Jorge Luis Borges: quali le contaminazioni?

“Ho avuto il raro privilegio di conoscerlo e sicuramente il profondo contributo da lui dato alla lingua spagnola – e alla letteratura universale - mi hanno influenzato”.

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