ROMA – E’ sempre pericoloso estrapolare da
fatti di cronaca considerazioni generali.
Tuttavia, siamo di fronte a un susseguirsi
impressionante di aggressioni, violenze,
stupri, omicidi per futili motivi che
coinvolgono ragazzi come vittime e come
carnefici.
Io credo che ci sia qualcosa di profondamente "storto" nel modo in cui vengono cresciuti tanti ragazzi, negli esempi che traggono dai social e nella convinzione che tutto gli sia consentito in nome di una libertà illimitata.
Si va diffondendo l'idea che esistano sempre meno barriere, divieti, proibizioni, codici di comportamento. Perché consentiamo a un preadolescente di 12 anni di seguire i video di chi sfida la morte su tik tok, conoscere il sesso attraverso siti porno che contengono ogni genere di atto sessuale, ascoltare le farneticazioni del "Pantera" o del "Brasiliano" su YouTube?
Esiste, a mio avviso, un'esplosiva contraddizione tra tentativo di farli rimanere piccoli il più a lungo possibile, dargli accesso a tutto ciò che vogliono e assumere una postura che da genitori porta a essere più che altro compagni di giochi.
La libertà dei genitori di evitare un lavoro faticoso e difficile e la libertà dei figli di non essere sottoposti a regole e forme, si traducono in un caos di ruoli. Ed è un problema che è diffuso al di fuori della famiglia. Una grande questione sociale e culturale.
L'assenza, per la prima volta nella storia umana, di un chiaro riferimento morale. Abbiamo una difficoltà ad accettare l'idea stessa di morale e dunque di limite. Ma la morale è stata non solo una costrizione, ma anche un guida semplice e universale al bene e al male che aiutava le famiglie a regolare l'educazione dei figli.
Senza morale tutto dipende dalla capacità di giudizio individuale.
Da liberale, ritengo questo passaggio fondamentale per l'uomo. Ma per compierlo occorre cultura, discernimento, tempo e preparazione. Chi viene da famiglie con pochi mezzi e poca istruzione è spesso più colpito da questa vuoto esistenziale. Spesso ma non sempre.
Se le famiglie non riescono, lo Stato deve farsi carico di limitare e proibire ciò che è dannoso per i ragazzi. Vale per l'accesso ai social, vale per la pornografia e per l'oscuramento dei contenuti pericolosi sulle piattaforme.
È un crinale difficile tra libertà ed etica che passa anche per un poderoso piano di istruzione civile e culturale. Mi rendo conto dei rischi. Ma su questo dovremmo tutti riflettere. Se non ora, quando?
Carlo Calenda, leader di Azione
Io credo che ci sia qualcosa di profondamente "storto" nel modo in cui vengono cresciuti tanti ragazzi, negli esempi che traggono dai social e nella convinzione che tutto gli sia consentito in nome di una libertà illimitata.
Si va diffondendo l'idea che esistano sempre meno barriere, divieti, proibizioni, codici di comportamento. Perché consentiamo a un preadolescente di 12 anni di seguire i video di chi sfida la morte su tik tok, conoscere il sesso attraverso siti porno che contengono ogni genere di atto sessuale, ascoltare le farneticazioni del "Pantera" o del "Brasiliano" su YouTube?
Esiste, a mio avviso, un'esplosiva contraddizione tra tentativo di farli rimanere piccoli il più a lungo possibile, dargli accesso a tutto ciò che vogliono e assumere una postura che da genitori porta a essere più che altro compagni di giochi.
La libertà dei genitori di evitare un lavoro faticoso e difficile e la libertà dei figli di non essere sottoposti a regole e forme, si traducono in un caos di ruoli. Ed è un problema che è diffuso al di fuori della famiglia. Una grande questione sociale e culturale.
L'assenza, per la prima volta nella storia umana, di un chiaro riferimento morale. Abbiamo una difficoltà ad accettare l'idea stessa di morale e dunque di limite. Ma la morale è stata non solo una costrizione, ma anche un guida semplice e universale al bene e al male che aiutava le famiglie a regolare l'educazione dei figli.
Senza morale tutto dipende dalla capacità di giudizio individuale.
Da liberale, ritengo questo passaggio fondamentale per l'uomo. Ma per compierlo occorre cultura, discernimento, tempo e preparazione. Chi viene da famiglie con pochi mezzi e poca istruzione è spesso più colpito da questa vuoto esistenziale. Spesso ma non sempre.
Se le famiglie non riescono, lo Stato deve farsi carico di limitare e proibire ciò che è dannoso per i ragazzi. Vale per l'accesso ai social, vale per la pornografia e per l'oscuramento dei contenuti pericolosi sulle piattaforme.
È un crinale difficile tra libertà ed etica che passa anche per un poderoso piano di istruzione civile e culturale. Mi rendo conto dei rischi. Ma su questo dovremmo tutti riflettere. Se non ora, quando?
Carlo Calenda, leader di Azione
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Politica