BARI - Il capogruppo del M5S Marco Galante ha partecipato oggi al 7° Forum del Mediterraneo in Sanità, nell’incontro dedicato a "L’infermiere e le professioni sanitarie nei nuovi modelli e standard dell’assistenza territoriale”, organizzato in partnership con gli OPI provinciali pugliesi.
“La Puglia - ha dichiarato Galante - è stata tra le prime regioni a presentare progetti per le cure domiciliari, che hanno portato risultati positivi sia in termini di prestazioni per i cittadini che economici. Progetti sperimentali che purtroppo non hanno avuto seguito con il potenziamento dell’assistenza territoriale, che sarebbe stato fondamentale durante la pandemia. Non possiamo ripetere gli errori del passato e ritardare ancora l’istituzione dell’infermiere di famiglia. Al centro c’è il ripensamento dei modelli organizzativi dell’assistenza territoriale in virtù dei cambiamenti sociodemografici del Paese. In Puglia dopo un percorso iniziato dal 2017, abbiamo finalmente approvato in commissione la proposta di legge che dà avvio al progetto pilota di sperimentazione per avere in tutte le Asl l’infermiere di famiglia e per la formazione degli operatori selezionati. Parliamo di una proposta per cui abbiamo lavorato con gli OPI già dalla scorsa legislatura, modellando il testo sulla base della normativa nazionale. Dobbiamo partire innanzitutto dalla formazione, perché questa figura, che deve lavorare all’interno di una equipe multidisciplinare, deve avere competenze gestionali oltre che cliniche e occuparsi di prevenzione e promozione dei corretti stili di vita. È importante anche far comprendere a tutti la definizione di infermiere di famiglia e di comunità, per cui si è a lungo lavorato e che è stata scritta nero su bianco nel 2020, così da avere un modello univoco da Nord a Sud”.
“La proposta di legge - continua Galante - che spero già il prossimo mese passi all’esame del consiglio, prevede che entro novanta giorni dall’approvazione, di concerto con le Università pugliesi e gli OPI, la Giunta approvi le Linee Guida con l’individuazione anche dei percorsi formativi per adeguare la didattica alle nuove esigenze assistenziali. È previsto l’avvio di un progetto sperimentale, almeno uno per ogni distretto, e dopo un anno la redazione di una relazione da presentare in Commissione consiliare competente e in Consiglio sugli interventi realizzati e sui risultati della sperimentazione. Inoltre nel testo è contenuta anche una clausola per valutare i risultati ottenuti in termini di sviluppo dell’assistenza territoriale e domiciliare, gli interventi attuati e i risultati della loro implementazione, indicando strumenti e modalità applicative, tempi dei procedimenti, risorse stanziate e utilizzate, eventuali criticità incontrate nell’attuazione degli interventi. Questo aspetto è centrale anche perché analizzando tutto il processo si potrà essere in grado di verificare punti di forza e criticità per consentire di mettere a regime un sistema regionale più attento alle esigenze e specificità dei territori. I risultati della sperimentazione, insieme alle risultanze scientifiche che emergeranno dalla metodologia applicata, dovranno essere non solo contestualizzate ma anche uno strumento per la politica che assume decisioni e definisce le politiche territoriali. Ricordiamo che nelle poche regioni in cui l’infermiere di famiglia è attivo da tempo, come la Toscana, c’è stato un miglioramento dell’efficienza, una riduzione degli accessi impropri nei pronto soccorso e delle ospedalizzazioni e un risparmio per le casse pubbliche. La politica, come ci è stato chiesto oggi, deve essere in grado di creare modelli organizzativi nuovi, concreti ed efficienti”.
“La Puglia - ha dichiarato Galante - è stata tra le prime regioni a presentare progetti per le cure domiciliari, che hanno portato risultati positivi sia in termini di prestazioni per i cittadini che economici. Progetti sperimentali che purtroppo non hanno avuto seguito con il potenziamento dell’assistenza territoriale, che sarebbe stato fondamentale durante la pandemia. Non possiamo ripetere gli errori del passato e ritardare ancora l’istituzione dell’infermiere di famiglia. Al centro c’è il ripensamento dei modelli organizzativi dell’assistenza territoriale in virtù dei cambiamenti sociodemografici del Paese. In Puglia dopo un percorso iniziato dal 2017, abbiamo finalmente approvato in commissione la proposta di legge che dà avvio al progetto pilota di sperimentazione per avere in tutte le Asl l’infermiere di famiglia e per la formazione degli operatori selezionati. Parliamo di una proposta per cui abbiamo lavorato con gli OPI già dalla scorsa legislatura, modellando il testo sulla base della normativa nazionale. Dobbiamo partire innanzitutto dalla formazione, perché questa figura, che deve lavorare all’interno di una equipe multidisciplinare, deve avere competenze gestionali oltre che cliniche e occuparsi di prevenzione e promozione dei corretti stili di vita. È importante anche far comprendere a tutti la definizione di infermiere di famiglia e di comunità, per cui si è a lungo lavorato e che è stata scritta nero su bianco nel 2020, così da avere un modello univoco da Nord a Sud”.
“La proposta di legge - continua Galante - che spero già il prossimo mese passi all’esame del consiglio, prevede che entro novanta giorni dall’approvazione, di concerto con le Università pugliesi e gli OPI, la Giunta approvi le Linee Guida con l’individuazione anche dei percorsi formativi per adeguare la didattica alle nuove esigenze assistenziali. È previsto l’avvio di un progetto sperimentale, almeno uno per ogni distretto, e dopo un anno la redazione di una relazione da presentare in Commissione consiliare competente e in Consiglio sugli interventi realizzati e sui risultati della sperimentazione. Inoltre nel testo è contenuta anche una clausola per valutare i risultati ottenuti in termini di sviluppo dell’assistenza territoriale e domiciliare, gli interventi attuati e i risultati della loro implementazione, indicando strumenti e modalità applicative, tempi dei procedimenti, risorse stanziate e utilizzate, eventuali criticità incontrate nell’attuazione degli interventi. Questo aspetto è centrale anche perché analizzando tutto il processo si potrà essere in grado di verificare punti di forza e criticità per consentire di mettere a regime un sistema regionale più attento alle esigenze e specificità dei territori. I risultati della sperimentazione, insieme alle risultanze scientifiche che emergeranno dalla metodologia applicata, dovranno essere non solo contestualizzate ma anche uno strumento per la politica che assume decisioni e definisce le politiche territoriali. Ricordiamo che nelle poche regioni in cui l’infermiere di famiglia è attivo da tempo, come la Toscana, c’è stato un miglioramento dell’efficienza, una riduzione degli accessi impropri nei pronto soccorso e delle ospedalizzazioni e un risparmio per le casse pubbliche. La politica, come ci è stato chiesto oggi, deve essere in grado di creare modelli organizzativi nuovi, concreti ed efficienti”.