MILANO - Martina Franca piange per la scomparsa di un uomo eccezionale: il notaio Alfredo
Aquaro, buono, generoso, disponibile, discreto, rispettoso. Lo conobbi anni fa ad una delle
manifestazioni di Nico Blasi e lo rividi alla presentazione, al Piccolo Teatro di Milano, del
Festival della Valle d’Itria, dove offriva la degustazione al numeroso pubblico. Anni fa andai
a trovarlo nel suo studio di Foro Bonaparte a Milano e mi regalò cinque copie della
“brochure” edita il 22 ottobre del ‘94 da Villaggio In, con testi di Blasi, disegni a china del
pittore Vincenzo Milazzo, “Masciari e monacelli nel folklore di Martina Franca”.
Mi ricevette con tanta cordialità e conversando mi chiese tra l’altro i motivi della mia grande passione per la città dei trulli, dimostrata in vari articoli su settimanali e periodici. Un colloquio di poco più mezz’ora, violando qualche impegno che sicuramente aveva. L’ho incontrato più volte a Martina: a Villaggio In, dove mi avvolse una pace ristoratrice; e alla processione della Madonna della Consolata, sulla vecchia strada per Noci, in qualche tratto fiancheggiata da un bosco, da vigneti e case incappucciate che vincono il tempo.
In una di queste occasioni mi accennò a due bambini disabili, ai quali era affezionalo (ogni volta acquistava per loro un sacchetto di arachidi, nocelle e di altro ammucchiati su una bancarella). Rimanemmo un bel po’ a discutere della festa rurale, prima che si aggiungesse, dietro la statua, ai fedeli con in mano una candela. La processione era aperta da un ragazzo, Vito, che reggeva una croce. L’anno scorso alla festa non ci andai e chiesi a Vito Argese se lo avesse visto. Non lo aveva visto. La volta precedente avevo avuto l’impressione che non stesse bene. Lì ascoltai alcune voci: “Che brava persona, il notaio Aquaro”. “Segue gli umili come fosse uno di loro”. “E’ una persona di eccezionale umanità ”. Dopo un giro lungo nella campagna, la Madonna tornò nel piccolo tempio, mentre calava il buio e la gente aspettava i fuochi, più modesti di quelli per San Martino.
Alfredo Aquaro, 76 anni, esprimeva dolci sorrisi, mettendo gli altri a proprio agio. Era pacato, magnanimo, discreto. Qualche anno fa una signora gli si avvicinò, rivelando il desiderio di vedere ospitati nella sua auto bella e curiosa la di lei sorella e il marito al termine della cerimonia per il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio. Arrivò Alfredo, prese a bordo la coppia, Antonella e Nicola, e fece un breve “tour” sul piazzale della chiesa di San Francesco. Fu un corollario gioioso, memorabile, forse unico per i festeggiati, che probabilmente il notaio non conosceva.
Ho chiesto a Benvenuto Messia, poeta dialettale, attore, fotografo e appassionato ciclista, noto come Ben, martinese doc, di parlarmi di Alfredo; e ho riempito cinque o sei fogli di appunti. “Gli dedicai una poesia in dialetto, dovrò leggertela io, perché il nostro dialetto, come sai, è difficile. Sono tanti i ricordi che ho di lui, e se sturo la memoria facciamo sera. Era lui, u’ nutère’ che sovvenzionava e organizzava la ciclopasseggiata del plenilunio di agosto, che si concludeva con una spaghettata in piazza. Faceva regali ai partecipanti e a me una bicicletta pieghevole. Un anno dette a ciascuno di noi un casco. Enorme la sua generosità ”.
Vado a Martina dall’età di 11 anni, ma capisco poche parole del vernacolo, i cui suoni comunque mi affascinano. E in quei versi Ben ringrazia “u’ nutère, che si prende sempre fastidio e da Milano non viene mai con le mani vuote: porta sempre un regalo a tutti quanti noi appassionati della bicicletta, ma non per questo preghiamo che campi cent’anni. Vuole assai bene a Martina, quest’uomo dal cuore grande. Un anno ci consegnò una maglietta con lo stemma di Martina con la cavalla”, la grande Martina, la splendida Martina, la meravigliosa Martina. “A Villaggio In e al notaio saremo sempre grati e ci auguriamo che alla passeggiata del plenilunio dell’anno venturo sia ancora con noi”, sulla sua due ruote.
Nico Blasi mi ha sorpreso: lui, apparentemente dalla scorza dura, si è commosso ricordando Alfredo Aquaro, un nobiluomo vero. “La ciclopasseggiata d’agosto ha avuto 25 edizioni ed è sempre stata molto seguita. Al momento della partenza non ti dico la gente che si riuniva vicino al Villaggio In. Faceva tutto lui, attento ai minimi dettagli. Anche lui amava pedalare e lo faceva a Martina e sul lago di Garda, dove aveva una villa. Decine di chilometri al giorno, un corridore dilettante ed entusiasta. Era intellettualmente curioso, faceva spesso domande”. Di Nico Blasi Alfredo aveva una grande stima. “Eravamo molto amici, sinceri”.
Quando si telefonavano, le prime parole erano: “Ehi, amico”. La parola amicizia tra loro non era sprecata, non era una scatola vuota. Smetto di fare domande, sospettando che Nico stia per cedere all’emozione. E non gli piacerebbe. Il dolore va vissuto in silenzio.
La bruttissima notizia della morte di Alfredo Aquaro l’ho avuta da un altro amico del notaio: Francesco Lenoci, che quando l’ho incalzato, commosso a mia volta, mi ha detto: “Ogni nostro incontro, sia a Milano che a Martina, era motivo di grande gioia. Entrambi innamorati del Festival della Valle d’Itria, i cui consensi spaziano in tutto il mondo; entrambi devoti di don Tonino Bello; entrambi consapevoli della straordinaria valenza di un sorriso”.
E sul sorriso di Alfredo è tornata la figlia Claudia: “Nonostante tu abbia lottato in modo encomiabile senza mai perdere il tuo sorriso, l’ottimismo, la tua forza e la forza di vivere che ti hanno sempre contraddistinto, ad un certo punto il fisico ha dovuto cedere”. E ha aggiunto: “Queste e altre tue virtù ti accompagneranno in Paradiso. Per la famiglia, l’amicizia e la tua adorata professione, raggiunta con tantissimi sacrifici, rinunce e sofferenza, erano pilastri fondamentali della vita”. I tasti del computer su cui scriveva questi pensieri si sono probabilmente inumiditi e Claudia ha messo il punto.
Ma chi ha stimato, amato, ammirato, preso ad esempio Alfredo non metterà sicuramente il punto ai ricordi, terrà sempre davanti a sé la sua figura di uomo ricco di valori, primo fra tutti l’amore per gli altri. Mentre scrivo, Benvenuto Messia mi ha mandato una foto della bici pieghevole e di altri oggetti donatigli da Alfredo. “Sono per me delle reliquie, meritano un posto d’onore”. La figlia Claudia ha annunciato che dopo quella di domenica scorsa nella chiesa di San Francesco Saverio, in via Monte Rosa 81, a Milano, sarà celebrata un’altra messa nella chiesa dei Santi Generoso e Protasio a Giovenzano.
Insomma, dopo Franco Punzi, presidente del Festival della Valle d’Itria, ogni anno applaudito al Piccolo di via Rovello a Milano (fondato con Giorgio Strehler da Paolo Grassi il 15 maggio ‘47), soprattutto dal direttore del teatro Sergio Escobar, se n’è andato un altro pezzo di Martina, della Valle d’Itria; un pezzo importante che adesso brilla altrove, tra miliardi di stelle. Addio, Alfredo, non ti dimenticheremo, resterai sempre un modello. (Franco Presicci)
Mi ricevette con tanta cordialità e conversando mi chiese tra l’altro i motivi della mia grande passione per la città dei trulli, dimostrata in vari articoli su settimanali e periodici. Un colloquio di poco più mezz’ora, violando qualche impegno che sicuramente aveva. L’ho incontrato più volte a Martina: a Villaggio In, dove mi avvolse una pace ristoratrice; e alla processione della Madonna della Consolata, sulla vecchia strada per Noci, in qualche tratto fiancheggiata da un bosco, da vigneti e case incappucciate che vincono il tempo.
In una di queste occasioni mi accennò a due bambini disabili, ai quali era affezionalo (ogni volta acquistava per loro un sacchetto di arachidi, nocelle e di altro ammucchiati su una bancarella). Rimanemmo un bel po’ a discutere della festa rurale, prima che si aggiungesse, dietro la statua, ai fedeli con in mano una candela. La processione era aperta da un ragazzo, Vito, che reggeva una croce. L’anno scorso alla festa non ci andai e chiesi a Vito Argese se lo avesse visto. Non lo aveva visto. La volta precedente avevo avuto l’impressione che non stesse bene. Lì ascoltai alcune voci: “Che brava persona, il notaio Aquaro”. “Segue gli umili come fosse uno di loro”. “E’ una persona di eccezionale umanità ”. Dopo un giro lungo nella campagna, la Madonna tornò nel piccolo tempio, mentre calava il buio e la gente aspettava i fuochi, più modesti di quelli per San Martino.
Alfredo Aquaro, 76 anni, esprimeva dolci sorrisi, mettendo gli altri a proprio agio. Era pacato, magnanimo, discreto. Qualche anno fa una signora gli si avvicinò, rivelando il desiderio di vedere ospitati nella sua auto bella e curiosa la di lei sorella e il marito al termine della cerimonia per il loro venticinquesimo anniversario di matrimonio. Arrivò Alfredo, prese a bordo la coppia, Antonella e Nicola, e fece un breve “tour” sul piazzale della chiesa di San Francesco. Fu un corollario gioioso, memorabile, forse unico per i festeggiati, che probabilmente il notaio non conosceva.
Ho chiesto a Benvenuto Messia, poeta dialettale, attore, fotografo e appassionato ciclista, noto come Ben, martinese doc, di parlarmi di Alfredo; e ho riempito cinque o sei fogli di appunti. “Gli dedicai una poesia in dialetto, dovrò leggertela io, perché il nostro dialetto, come sai, è difficile. Sono tanti i ricordi che ho di lui, e se sturo la memoria facciamo sera. Era lui, u’ nutère’ che sovvenzionava e organizzava la ciclopasseggiata del plenilunio di agosto, che si concludeva con una spaghettata in piazza. Faceva regali ai partecipanti e a me una bicicletta pieghevole. Un anno dette a ciascuno di noi un casco. Enorme la sua generosità ”.
Vado a Martina dall’età di 11 anni, ma capisco poche parole del vernacolo, i cui suoni comunque mi affascinano. E in quei versi Ben ringrazia “u’ nutère, che si prende sempre fastidio e da Milano non viene mai con le mani vuote: porta sempre un regalo a tutti quanti noi appassionati della bicicletta, ma non per questo preghiamo che campi cent’anni. Vuole assai bene a Martina, quest’uomo dal cuore grande. Un anno ci consegnò una maglietta con lo stemma di Martina con la cavalla”, la grande Martina, la splendida Martina, la meravigliosa Martina. “A Villaggio In e al notaio saremo sempre grati e ci auguriamo che alla passeggiata del plenilunio dell’anno venturo sia ancora con noi”, sulla sua due ruote.
Nico Blasi mi ha sorpreso: lui, apparentemente dalla scorza dura, si è commosso ricordando Alfredo Aquaro, un nobiluomo vero. “La ciclopasseggiata d’agosto ha avuto 25 edizioni ed è sempre stata molto seguita. Al momento della partenza non ti dico la gente che si riuniva vicino al Villaggio In. Faceva tutto lui, attento ai minimi dettagli. Anche lui amava pedalare e lo faceva a Martina e sul lago di Garda, dove aveva una villa. Decine di chilometri al giorno, un corridore dilettante ed entusiasta. Era intellettualmente curioso, faceva spesso domande”. Di Nico Blasi Alfredo aveva una grande stima. “Eravamo molto amici, sinceri”.
Quando si telefonavano, le prime parole erano: “Ehi, amico”. La parola amicizia tra loro non era sprecata, non era una scatola vuota. Smetto di fare domande, sospettando che Nico stia per cedere all’emozione. E non gli piacerebbe. Il dolore va vissuto in silenzio.
La bruttissima notizia della morte di Alfredo Aquaro l’ho avuta da un altro amico del notaio: Francesco Lenoci, che quando l’ho incalzato, commosso a mia volta, mi ha detto: “Ogni nostro incontro, sia a Milano che a Martina, era motivo di grande gioia. Entrambi innamorati del Festival della Valle d’Itria, i cui consensi spaziano in tutto il mondo; entrambi devoti di don Tonino Bello; entrambi consapevoli della straordinaria valenza di un sorriso”.
E sul sorriso di Alfredo è tornata la figlia Claudia: “Nonostante tu abbia lottato in modo encomiabile senza mai perdere il tuo sorriso, l’ottimismo, la tua forza e la forza di vivere che ti hanno sempre contraddistinto, ad un certo punto il fisico ha dovuto cedere”. E ha aggiunto: “Queste e altre tue virtù ti accompagneranno in Paradiso. Per la famiglia, l’amicizia e la tua adorata professione, raggiunta con tantissimi sacrifici, rinunce e sofferenza, erano pilastri fondamentali della vita”. I tasti del computer su cui scriveva questi pensieri si sono probabilmente inumiditi e Claudia ha messo il punto.
Ma chi ha stimato, amato, ammirato, preso ad esempio Alfredo non metterà sicuramente il punto ai ricordi, terrà sempre davanti a sé la sua figura di uomo ricco di valori, primo fra tutti l’amore per gli altri. Mentre scrivo, Benvenuto Messia mi ha mandato una foto della bici pieghevole e di altri oggetti donatigli da Alfredo. “Sono per me delle reliquie, meritano un posto d’onore”. La figlia Claudia ha annunciato che dopo quella di domenica scorsa nella chiesa di San Francesco Saverio, in via Monte Rosa 81, a Milano, sarà celebrata un’altra messa nella chiesa dei Santi Generoso e Protasio a Giovenzano.
Insomma, dopo Franco Punzi, presidente del Festival della Valle d’Itria, ogni anno applaudito al Piccolo di via Rovello a Milano (fondato con Giorgio Strehler da Paolo Grassi il 15 maggio ‘47), soprattutto dal direttore del teatro Sergio Escobar, se n’è andato un altro pezzo di Martina, della Valle d’Itria; un pezzo importante che adesso brilla altrove, tra miliardi di stelle. Addio, Alfredo, non ti dimenticheremo, resterai sempre un modello. (Franco Presicci)