Ricostruzione del paesaggio in Salento, Casili: 'Non si può parlare solo di reimpianto. La questione va affrontata prendendo in esame tutti gli aspetti'


"Nel dibattito in atto sulla ricostruzione del paesaggio in Salento si registrano tanti buoni propositi che però non prendono in considerazione diversi aspetti fondamentali per conoscere le questioni nella loro complessità. Ricostruire il paesaggio non è solo una questione legata al reimpianto degli alberi attraverso coperture finanziarie". Lo dichiara il vicepresidente del consiglio regionale Cristian Casili.

"Fino ad oggi - continua Casili - molti dei reimpianti di olivo realizzati con soldi pubblici sono andati persi per mancanza di cure e abbandono senza che nessuno controllasse il buon esito di questi investimenti. Solo gli imprenditori agricoli effettivamente attivi in questa provincia hanno portato avanti gli impianti. L’abbandono cronico delle nostre terre è sotto gli occhi di tutti, e la ricostruzione del paesaggio è un processo collettivo dove a più livelli partecipano diversi attori. Se manca l’attore principale, cioè colui che ha interesse a coltivare il suo ‘fazzoletto di terra’, come è possibile pensare ad una ricostruzione di un territorio la cui superficie agricola complessiva è per l’80 % fortemente frammentata e polverizzata, cioè costituita da piccoli appezzamenti di meno di 1 ettaro, e nella maggior parte dei casi inferiore alle 50 aree. Sono ormai 3 anni che insisto nel non fare confusione e dividere le questioni di settore, cioè legate alla produttività delle aziende, dalle questioni ambientali e paesaggistiche. Si dovrebbe parlare di rigenerazione del potenziale produttivo dell’olivo da una parte, dando respiro ad una filiera che ha una grande opportunità storica di recupero della strada persa affrontando le sfide del futuro, e dall’altra puntare a ciò che è ben definito nel nostro piano paesaggistico, il PPTR, che può dare risposte territoriali concrete per la ricostruzione del paesaggio. Se vogliamo contrastare l’abbandono, non possiamo pensare di farlo trovando 1,5 miliardi di euro per il solo reimpianto, ma serve puntare a diversificare e incentivare le azioni. Penso per esempio al recupero della rete dei muretti a secco o di 'furnieddhi' e 'pagghiare' diroccate che assolvono a funzioni ambientali e idrologiche molto importanti. Non si può sfuggire dai processi di lungo periodo che nella storia hanno prodotto i nostri paesaggi, da questo dato si deve partire se non vogliamo cadere nella retorica della semplificazione delle problematiche. Sono passati 10 anni e tra annunci e ricette non vedo purtroppo un progetto territoriale che metta insieme le azioni di cui il nostro territorio ha bisogno. Possiamo spendere bene le risorse pubbliche a disposizione solo se abbiamo le idee chiare, altrimenti continueremo solo a reimpiantare alberi che verranno abbandonati il giorno dopo".

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