ROMA - L’autunno 2023 si classifica fino ad ora in Italia al terzo posto tra gli anni più caldi dal 1800 con una temperatura di settembre superiore di ben 2,17 gradi la media storica del mese (1991-2020). E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sui nuovi dati Isac Cnr nel sottolineare che l’anomalia climatica è stata addirittura di +2,57 gradi al nord dove settembre appena trascorso si classifica al secondo posto.
La natura è in tilt con i cicli delle produzioni sconvolti ed i raccolti decimati ma sui banchi sono ancora ampiamente presenti – rileva Coldiretti – prodotti tipicamente estivi come le albicocche, le pesche e le nettarine, le susine, i meloni (non solo quelli invernali, ma anche quelli lisci e retati), fino alle angurie, ma anche le fragole.
I cambiamenti climatici hanno provocato quest’anno – precisa la Coldiretti – un taglio del 15% del raccolto di riso, del 10% del grano, del 60% per le ciliegie e del 63% delle pere mentre il miele è sceso del 70% rispetto allo scorso anno e si registra un calo anche per la vendemmia (-12%). Ma la tendenza al surriscaldamento ha scatenato anche l’invasione di pericolose specie aliene, dalla cimice asiatica al granchio blu, dal cinipide del castagno alla Xylella, dal moscerino dagli occhi rossi al calabrone asiatico fino alla vespa velutina che attacca gli alveari, con danni complessivi per oltre un miliardo nei campi come nei mari distruggendo coltivazioni e allevamenti.
Si accentua dunque quest’anno – sottolinea la Coldiretti – la tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. L’aumento delle temperature – continua la Coldiretti – è stato accompagnato in Italia dal moltiplicarsi di eventi estremi tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore e tempeste di vento che hanno provocato vittime e danni sia nelle città che nelle campagne.
Siamo di fronte – sottolinea la Coldiretti – ad una evidente tendenza alla tropicalizzazione con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal caldo al maltempo con effetti devastanti.
Oltre al taglio dei raccolti il cambiamento climatico sta modificando anche la distribuzione delle coltivazioni lungo la Penisola dove – continua la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, mentre i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette mentre al sud è boom per le coltivazioni tropicali, dall’avocado al mango fino alle banane.
L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma è anche il settore più impegnato per contrastarli – continua la Coldiretti – si tratta di una nuova sfida per le imprese agricole che devono interpretare le novità segnalate dalla climatologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque. Servono – conclude la Coldiretti – investimenti anche grazie al PNRR per la manutenzione, risparmio, recupero e regimazione delle acque, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni resistenti.