Gazzetta in crisi, ma la carta non è morta
FRANCESCO GRECO - Tutto virale. Gli algoritmi sono incalzanti, esponenziali. Nulla si evolve più in fretta del giornalismo e dello stile, il modo do farlo. Twitter (ora X) ha inventato una forma di comunicazione di appena 160 caratteri. E funziona. Significherà pure qualcosa?
Nuovi linguaggi premono all’orizzonte, tematiche inedite imposte dalla realtà polisemica, fitta come una boscaglia vergine, altri soggetti sociali appaiono sulla scena e chiedono un’informazione diversa, nuova, adeguata ai tempi. Non capirlo significa consegnarsi all’archeologia. Se non si cambia pelle è finita.
I giornali sono in crisi, e non da oggi. Ma lo sono anche i tg, che pèrdono audience e non è colpa della Rete, come frettolosamente si dice forse come forma di esorcismo.
Oggi i giornali oggi si riempiono, non si scrivono: la differenza non è poca. Pandemia e guerra, affrontate accovacciati nel mainstream, sono state il colpo di grazia. Il mondo si rimescola ma sui giornali non appare. Soliti compitini, marchette e fake news. Non si può far morire Putin una dozzina di volte e chiamare terroristi tutti i palestinesi...
Dal Sole 24 Ore alle Stampa, dal Corriere della Sera a Repubblica. Licenziano. E ora anche la Gazzetta. Tutti pieni di debiti e il giorno in cui i loro editori si stancheranno di ripianarli, chiuderanno. Forse è un fatto fisiologico, un passaggio storico, epocale: quando apparve l’auto il cavallo fu accompagnato alla stalla e il calesse rottamato.
E’ anche un fatto, come dire, antropologico. Se chi li fa i giornali ha i propri paradigmi culturali e di formazione ben fissi nel Novecento, come può decifrare la realtà del III Millennio e porgerla dalle colonne di un giornale? Come può acconciare una gerarchia delle notizie? A chi interessano i comunicati stampa, la sagra del pesce fritto e l’ennesima intervista a Vadrucci?
Le redazioni sono quasi vuote, non c’è più passaggio di esperienza. Anni fa il sottoscritto propose, in una piccola radio di provincia, una rubrica settimanale sull’emigrazione: il centralino ardeva di telefonate: era stata intercettata una nicchia di interesse.
La carta non è morta, ha ancora un futuro, il mercato c’è e il web non fa concorrenza. Ma occorre rimodulare l’offerta: a quale pubblico ci si rivolge? La Gazzetta (ma anche altre testate) non lo sa e fa un giornale elitario, per intellettuali. Ma dove sta questo pubblico se quasi tutti quelli che hanno studiato se ne sono andati per lavoro e si vive in paesi di vecchi, Rsa diffuse?