'Hogre - Come una pistola ad acqua caricata a vernice', la personale a Bari

BARI - Scritte e segni sui muri di una città possono esprimere le sue ferite non suturate, alcuni graffitari si spingono oltre, considerando le tracce murali il sintomo di una malattia iscritta sulla superficie del corpo urbano, naturalmente per la maggioranza degli artisti la street art è simbolo di libertà, antagonismo, affissioni durante le uscite clandestine notturne, corse sfrenate per i “lungolinea” non autorizzati. Al fine di restituire la complessità anche ossimorica delle pulsioni che animano questo linguaggio artistico, da tempo è stato accolto in taluni contesti culturali, il neologismo “artivismo” (Lemoine, Ouardi 2010), volto a richiamare la natura estetica dell’opera, enfatizzandone lo slancio verso l’impegno politico e sociale.

Con HOGRE ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso: le sue opere si stagliano su sfondi dai colori pop che ne esaltano, fino a consacrarla, la natura consumistica della merce ritratta, trasudano sferzante ironia come nell’opera del 2023 rappresentante il muso del treno ad alta velocità denominato Feccia Rossa. Uno spettro si aggira ancora per l’Europa, unitamente ad implacabili giochi di parole – si veda il dipinto su vetro del carrarmato Ammazzo al posto di Amazon.

Una prassi di stampo dandy-punk caratterizza molti aspetti dell’agire creativo di HOGRE, come avviene, ad esempio nella minuziosa produzione e condivisione di kit in stile DIY – do it yourself, utili per diffondere pratiche e linguaggi capaci di risemantizzare lo spazio urbano (cfr. si veda l’accuratezza dei dettagli nel packaging del kit per lo stencil della mosca e la pubblicazione del 2018 intitolata Subvertising. The piracy of outdoor advertising), senza che, tuttavia, tale estetica divenga mera ancella di un messaggio politico.

HOGRE, pseudonimo di uno street artist romano, è tra gli esponenti più radicali e vibranti in Italia del subvertising, la sua notorietà da tempo ha varcato i confini nazionali grazie ad una appassionata agentività creativa che lo ha portato a specializzarsi sempre più, tanto nella grafica quanto negli interventi in spazi pubblici non autorizzati, direttamente sui cartelloni pubblicitari o ricreandone di nuovi, da solo o in compagnia di collettivi con i quali opera sempre nell’anonimato: la sua identità, infatti, è tuttora ignota. Le sue prime azioni urbane firmate HOGRE risalgono al 2007, successivamente è comparso anche il logo della mosca a rappresentare i suoi lavori: insetto fastidioso, il cui ronzio irritante riproduce l’effetto che l’artista auspica di suscitare nel pubblico e nei passanti per strada al cospetto delle sue tracce murali: viscosità e ronzio nel cuore della metropoli all’alba del declino della cultura occidentale.

La mosca è uno degli elementi portanti della personale barese, come si può notare, ad esempio, dal grande lavoro Human Fly (2023), un acrilico dipinto su di un manifesto pubblicitario di moda prelevato dalla strada, rappresentante un essere umano il cui volto è completamente sostituito da quello dell’odioso insetto.

«Mi piace interrompere il chiacchiericcio del consumismo commerciale per dirottarlo verso qualcos’altro per un piacere tutto personale» sostiene HOGRE in un’intervista del 2019 (Artribune), evocando tanto l’immaginario situazionista quanto l’attitudine punk che innerva la sua poetica e la sua pratica.

Morning, keep the streets empty for me

Uncover our heads and reveal our souls

We were hungry before we were born

(Fever Ray, 2009)

Bari non è mai diventata una giungla urbana per graffitari, né è stata oggetto di mero vandalismo come altre città italiane, tuttavia si può far risalire la storia del muralismo locale al principio degli anni Novanta, mentre all’alba del nuovo Millennio si è inaugurata una stagione decisamente nuova per la street art. Lo stesso HOGRE ha già fatto un’incursione nella città nel 2021, chiamato a realizzare un’intera facciata per il progetto QM San Paolo – Un museo a cielo aperto.

La street art, intesa in senso ampio nella sua multi-e transmedialità, è movimento e linguaggio artistico tra quelli più in sintonia con lo spirito del tempo, poiché paradossalmente rispetto ai propri intenti antagonisti, è capace di con/formarsi (assumere cioè le forme) e accordarsi in modo disintermediato con i bisogni e i desideri delle persone nei propri luoghi: manifesti e poster per strada, tag e scritte sui muri, stencil ironici e paradossali. È precisamente in questi interstizi metropolitani, nei Piccoli Alti Luoghi (Maffesoli 2005) della città postmoderna, dove l’architettura rivela le sue pieghe, che si inserisce la raffinata strategia di subvertising di HOGRE, rendendo possibile per le strade dei quartieri a più densa attività murale l’attivazione di zone temporaneamente autonome - TAZ (Bey, 1991) nel cuore dell’effervescenza urbana, a interrompere i ritmi imposti dalla routine del lavoro e delle dinamiche del consumo.

Subvertising indica, attraverso la crasi di subvert + advertising, la modalità attraverso cui alterare il senso e i contenuti di immagini, oggetti e testi pubblicitari nei luoghi stessi dove questi appaiono: pensiline delle fermate degli autobus, billboard, scaffali dei supermercati attraverso la pratica del product shifting, che prevede la sostituzione di prodotti dalla grafica abilmente contraffatta e dal messaggio sovversivo o anche semplicemente ironico, mimetizzati accanto alla consueta merce in vendita. Così è stato per le bottiglie di birra Problemi (firmate Giovane Hogre invece di Giovanni Peroni), mutuate dall’originale Peroni, di cui sono presenti nella personale da Misia alcuni esemplari originali realizzati dall’artista unitamente a due grandi acrilici.

Attualizzando l’idea suggerita da Walter Benjamin nel 1936 ne L’opera d’arte all’epoca della sua riproducibilità tecnica, secondo la quale solo “l’architettura ha sempre fornito il prototipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e tramite la collettività” (p. 34), si può dire che le opere realizzate da HOGRE nel tessuto urbano, divengano naturalmente parte del corpo della città e, come tatuaggi, ne recano sensi e sedimentazioni: inontrate per caso in un qualsiasi momento del giorno e della notte, attivano inediti processi emotivi e di partecipazione, che sia stupore o sorriso complice alla vista di un brand “vandalizzato” nel suo analogo, come quando la polo Lacoste diviene Locuste.

Altri oggetti iperoggetti

La mostra Come una pistola ad acqua caricata a vernice segna per HOGRE il passaggio ad una nuova fase di ricerca incentrata su una diversa interpretazione dell’oggetto in sé. Grazie ad uno slittamento di senso di matrice semiotica – orizzonte teorico cui l’artista si ispira costantemente – il prodotto insieme al suo logo, subisce un trattamento artistico che mette in discussione la logica del consumo e il discorso della persuasione pubblicitaria, è così che ci si accorge, ad esempio, della natura inoffensiva e giocosa della pistola: osservandone il grilletto; è un giocattolo, ma è capace, poiché carico di vernice, di spruzzare nuovi significati in “un universo nel quale si dà sempre più informazione e sempre meno senso” (Baudrillard, Il sogno della merce, 1987).

In quest’ultima produzione di HOGRE il diradarsi della componente testuale data dal lettering, ormai fagocitata anch’essa dalla dittatura imponente dell’oggetto in sé, genera un’attenzione maggiore verso il design del prodotto sganciato dalla sua funzione originaria, esso, affiorando dal magma dei messaggi pubblicitari si legittima in quanto pura “cosa” di consumo: merce che emerge poiché segnala uno stato di emergenza dovuto al complesso apparato di reificazione globale all’interno di un sistema di inquietanti e indecifrabili iperoggetti (Morton, 2018). Sicché anche nel volto umano avvengono processi di mutazione tesi alla sua brandizzazione: ora mosca, ora teschio, ora maschera antigas, ora schermo di smartphone (cfr. Narcissus 2022).

In tal senso va interpretato il titolo della mostra barese: se un’arma è carica di vernice essa sarà in grado di sparare contro il cadavere riluttante del capitalismo nella sua fase più avanzata, grazie alla sua irriverente infunzionalità in quanto pistola, effimera e tuttavia sensuale: Sexy! Allo stesso modo funziona lo spruzzino del detersivo Ajax che diviene ineluttabilmente Acab rivelando i suoi piani oscuri: essere un prodotto utile ad operazioni di anti-social cleaning. Nella personale da Misia, l’artista propone una serie di inedite nature morte, tra cui bottiglie, pistole ad acqua, fiammiferi, una racchetta antizanzare. In alcuni casi questi originali hanno ricevuto un trattamento speciale nel processo serigrafico: ricerca ed esperienza sui livelli di colore e le trasparenze hanno conferito a queste serigrafie profondità, densità e un’aura di opera rara. Mai come in questo caso sembra appropriato il sintagma che associa la morte alla natura di queste “cose” esposte, come paradigma implicito di un bene di consumo e della sua consumazione: ci troviamo, dunque, dinanzi ad altri oggetti alterati e decontestualizzati, così come avviene nella pratica dell’adbusting – termine inglese formato da advertisiment + busting (alterazione) coniato a fine anni ’80 dalla nota scuola canadese degli Adbusters. Il culmine di questo processo giunge con il dipinto di una madonna di cera che progressivamente si squaglia consentendo il gioco di parole, C’era la Madonna.

L’intento di disturbo sociale attraverso la violazione degli oggetti del quotidiano, abilmente selezionati da HOGRE tra quelli più riconoscibili, spostando l’attenzione dal testo alla merce, fornisce un’interpretazione visuale del consumismo nel suo stadio finale e rilancia il senso della finalizzazione della merce secondo Marx: è solo grazie alla manipolazione sull’immagine della merce agita dal ri/tocco dell’artista che questa finisce “nelle mani” del pubblico, dei passanti, della strada, finalmente pronta a nuove vandalizzazioni ricreative (Susca 2008; cfr. il progetto online di HOGRE, Stealthisposter).

Se ne Il sogno della merce Jean Baudrillard (1987) rifletteva profeticamente sullo scambio simbolico che ha luogo come in un dialogo rassicurante e quasi materno circa la natura del prodotto in vendita desiderato, HOGRE, all’alba del Ventunesimo secolo, suggerisce in punta di piedi, con ironia e engagement post-romantico l’avvento dell’incubo della merce, allorchè il miraggio pubblicitario svanisce e, accostandosi agli oggetti rappresentati, implosi nel sistema mediatico, se ne desidera soprattutto la loro fine per poi poterne catturare l’aura: colore, font e forma pop sono i margini entro cui HOGRE fa dimenare sagome disarticolate, moleste, dirottate verso orizzonti di senso che rendono possibile la loro semiosi infinita.

Claudia Attimonelli

Claudia Attimonelli è sociosemiologa, insegna Media, Studi visuali e Cultura digitale all’Università Aldo Moro di Bari. Curatrice nell’ambito della visual culture, è autrice di numerosi saggi sulle culture urbane, tra cui: L’elettronica è donna (2022); L’estetica del malessere (2020); Techno (2018) ; Pornocultura (con V. Susca, 2016). HOGRE è lo pseudonimo di un artista specializzato in interventi non autorizzati nello spazio pubblico, improntati all’ironia e al capovolgimento in polemica con i mezzi di comunicazione. Esordisce nel 2006 a Roma nel quartiere Tufello coprendo di insulti e nasi rossi i cartelloni elettorali di Berlusconi. Nel 2007 ancora a Roma firma con la tag HOGRE i primi graffiti e stencil che ha poi esportato in varie città d’Italia e d’Europa. Nel 2011 inaugura la sua prima mostra personale alla Mondo Bizzarro Gallery di Roma, alla quale seguiranno varie altre mostre personali e collettive in Italia e all’estero (Londra, Berlino, Varsavia, Bogotà). Nel 2015 si Trasferisce a Londra, dove due anni dopo pubblica con Dog Section Press “Subvertising, The piracy of outdoor advertising” una raccolta di interventi non autorizzati negli spazi pubblicitari inglesi. Nell’estate del 2017 il suo manifesto “Ecce Homo erectus”, affisso a Roma due giorni dopo l’accusa di molestie su minori al cardinale Pell, viene scambiato per una comunicazione ufficiale provocando un’ondata di panico morale sulla stampa locale e nazionale che si concluderà dopo una settimana di indagini della Digos con l’accusa per Vilipendio alla religione (404 c.p.), la chiusura del sito www.hogre.it e alcune pagine social. Nel Dicembre 2019 insieme al collettivo inglese di subvertising Special Patrol Group ha inaugurato al MACRO di Roma Steal This Poster, un progetto per la condivisione online di grafiche sovversive esenti da diritti d’autore. Attraverso questa piattaforma ha realizzato campagne per diversi collettivi radicali tra i quali Defend Wikileaks, Brandalism (UK), BerlinvsAmazon (Germania), Lucha y Siesta (Italia). Con Steal This Poster ha curato “Werbe Pause, the art of subvertising”, un progetto espositivo di respiro internazionale dedicato al subvertising, in mostra nell’estate 2022 al Kunstraum Kreuzberg Bethanien di Berlino.

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