LIVALCA - La definizione tecnica di cartolina (latino chartula, piccola carta) ha la
stessa valenza di un saluto distaccato, apatico, indifferente per alcuni, per altri
partecipe, interessato, coinvolto: rimane la sostanza che trattasi di un cartoncino
illustrato adoperato per scambiarsi saluti e anche auguri.
Si è concordi nel ritenere che tale impiego-uso-consumo sia partito nella seconda metà del XIX secolo con la cartolina postale, già affrancata, che si deve al parto d’ingegno di Heinrich von Stephan - un tedesco, non poteva essere diversamente… per loro non vale ‘nemo propheta in patria’ - che la ideò nel 1865; fu istituita quattro anni dopo da Kolbensteiner, direttore delle poste austriache, e la prima spedizione ufficiale risale al 1 ottobre 1869; si è tutti concordi, in Italia, da farla partire dal 1 gennaio 1874. Per l’istituzione della cartolina illustrata non vi sono date certe se non che, almeno da noi, data 1896 e precisamente ad iniziativa del ministro delle Poste Sineo Riccardo che la fece ideare per le nozze Savoia-Petrovich (su questa cartolina che vede la città di Bari protagonista, torneremo più avanti).
Solo per la statistica, tanto cara ad un amico petulante ma speciale, vi racconto che è italiano colui che detiene il record mondiale di possesso di cartoline: Alessio Fumagalli, questo il suo nome, possiede cartoline che riguardano 8000 comuni italiani, 90.000 europei e immagini di 208 nazioni (in sostanza possiede almeno una cartolina delle città e nazioni citate, per un totale di 1.500.000 pezzi). Le cartoline si trovano nel comune di Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco, dove il nostro vive e ‘raccoglie’.
Un professionista affermato, l’avvocato Sandro Sisto, che in 35 anni di ricerca, come afferma lui stesso, ha fatto il ‘raccoglitore’ di cartoline, a settembre di quest’anno ha finalmente coronato il suo impegno con la pubblicazione di un libro dal titolo «Bari in cartolina. Mezzo secolo di immagini della città (1896-1945)» (Edizioni Grifo, Lecce 2023, p. 192, ill., € 12,00), in cui con l’ausilio di circa 300 cartoline ricostruisce, non solo per immagini, un segmento di storia barese. Una precisazione: non si tratta solo di fotografie perché l’avvocato collezionista in pochi periodi ‘rispolvera’ nozioni di storia cittadina atte a risvegliare un orgoglio (quello che faceva dire a F. de la R. «L’orgoglio è uguale per tutti: sono solo diversi i modi di manifestarlo») legittimo e salutare, a volte sprecato in diatribe la cui sostanza è poca cosa.
Il “collezionista spogliato” (Sandro sono convinto che questa ‘cavallina’ interpretazione otterrà il tuo ‘placet’) ha dimostrato sagacia anche nell’attribuire un ordine ingegnoso-capace alle cartoline, in modo da venire incontro alle esigenze dei lettori, per cui troviamo: Corso Vittorio Emanuele II, Corso Cavour, Via Sparano e piazza Umberto I, Piazza Aldo Moro, Quartiere Murat, Altri quartieri, Scuole, Porto, Lungomare, Città vecchia, Chiese, Avvenimenti, Sagra di San Nicola, Alluvioni del XX secolo, Mestieri ‘d’antan’ e macchiette popolari e Editori di cartoline di Bari. Ha trovato la soluzione più intelligente non certo seguendo la logica giuridica, ma quella di Plinio il Vecchio che con saggezza-prudenza consigliava “Cum grano salis”.
Il sottoscritto per esempio ha fatto partire la consultazione dal Quartiere Murat e, con immenso piacere, ha letto le pagine curate dall’autore al riguardo: sono risultate un contributo di fosforo per far tornare in mente notizie e ricordi di quella che era e rimarrà «Una grande e bella città» (frase attribuita a Gioacchino Murat). Sisto per ogni cartolina ha redatto una didascalia che, oltre citare l’editore qualora ci fosse, indica l’anno di realizzazione, completato con indicazioni che sono un invito a saperne di più sul luogo immortalato, con delicate ‘chicche’ che sono ‘sollùchero’ per coloro che sono discepoli della massima socratica (So di non sapere) che ci ha fatto pervenire quel Platone che, già nel nome, dimostrava di avere… ‘spalle larghe’.
Vedere in una cartolina datata 1912, nel tratto di via Napoli tra via Bonazzi e via Carducci, delle persone appoggiate al muro di quello che diventerà l’Istituto Di Cagno Abbrescia è come rivedere il sottoscritto con gli amici del Flacco, a metà degli anni ’60, discutere con i ragazzi del Di Cagno su ‘chi avesse incassato più gol’ negli incontri con quelli dell’Istituto Panetti che erano più forti di noi. Quando è sorto nel 1931 l’Istituto Parificato Di Cagno Abbrescia la piazza antistante era ancora chiamata Largo (piazza dopo) Madonna dell’Arco, quella che oggi è intestata a padre Antonio De Pergola, nativo di Acquaviva che è stato un rettore dell’Istituto. Anche la via adiacente si è chiamata via Madonna dell’Arco fino al 1927, quando si è trasformata nell’attuale via San Francesco d’Assisi. I miei ricordi da memoria fotografica sono che all’epoca in cui frequentavo il Flacco, oltre la cappella privata, oggi sconsacrata sempre al civico 71, fatta costruire nel 1744 forse sui resti di una preesistente edicola e dedicata alla Madonna dell’Arco, vi fossero accanto anche i due piani dell’edificio oggi sparito e sostituito da un piccolo grattacielo. Visionare le cartoline del libro di Sisto significa far vacillare ricordi e stimolarne altri: insomma ognuno di noi può rivedere il film della sua vita da protagonista, anche se nella vita non ha raggiunto vette eccelse da meritare una ‘pellicola’ a lui dedicata… da non confondersi con le ‘comparsate’ televisive.
Nel mio personale album fotografico, situato in una memoria una volta ‘elefantiaca’, appaiono, nella piazza oggi De Pergola, due piani fatti costruire dal signor Pierno, su un suolo acquistato dalla signora Valentini, ma potrei essere stato influenzato dalle tante cartoline che ci sono di questo edificio, stampate sui libri di casa Levante, che ho visionato più volte.
Nel 1993 riuscii a convincere Pasquale Sorrenti ad inserire nel suo «Le strade di Bari» alcune cartoline della sua collezione privata, ma era così geloso che le portava due per volte per farle fotografare e, poi pensate, stavamo come data all’Immacolata e lui voleva le prime copie per metà dicembre: data che chiaramente rispettammo. Una delle cose di cui vado più fiero è quella di aver riportato l’armonia fra Pasquale e il ‘gruppo’ che faceva capo a Giorgio Saponaro.
A marzo 1994 per il libro oggi introvabile di Vito Lozito su “Santo spirito” pubblicammo circa 100 foto di cartoline tra cui la stessa identica che Sisto ha inserito nel suo libro di piazza Madonna dell’Arco, oggi piazza de Pergola (ecco il motivo per cui ripeto che i miei ricordi possono essere ‘inquinati’: la mia mente può aver considerato doppione l’immagine da me vista realmente e quella della cartolina… eliminandone una).
Nello stesso anno ci fu il volume ‘monumentale’ «La Musica a Bari» curato da Dinko Fabris e Marco Renzi, ormai da considerare ‘reliquia’ e che tanti hanno avuto in dono con grande generosità dal sottoscritto e che, spero, possa servire a tramandare una storia di cui già noi, ed in seguito i giovani futuri, andare fieri: anche su quel libro vi sono poche ma originali cartoline.
Come dimenticare le oltre milleduecento pagine del volume del 2010 di V. A. Melchiorre «Storie baresi» dove al termine vi sono quasi cento cartoline a testimoniare quanta bellezza contengano quelle 4 lettere dell’alfabeto (a, b, i, r,) che hanno dato vita a palazzi, monumenti, opere d’arte: pleonastico puntualizzare che vanno preservati e tramandati, dal momento che narrano la nostra storia, quella che il William, nato a Stratford-on-Avon il 23 aprile del 1564, considerava un ‘prologo’.
Potrei citare altri libri pubblicati da Levante per testimoniare quanta importanza abbiano le cartoline nella storia dell’editoria e nella storia di un popolo, che non potrà mai essere rappresentata da un anonimo disco o pdf a cui manca cuore e cervello… l’intelligenza artificiale, giustamente, potrà anche cercare, ma ci vorrà sempre un cuore per trovare una soluzione.
Tornando al libro di Sisto vi è una cartolina commemorativa per le “Fauste nozze” (mi ha riferito un professore che un ragazzo - ritengo celiando ma il docente non era dello stesso avviso - ha spiegato il tutto con le nozze fra due fusti di corporatura atletica) di Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia, re d’Italia come Vittorio Emanuele III, e la principessa del Montenegro Elena Petrovich. Conviene sprecare qualche parola su questo avvenimento che vede la città di Bari protagonista: alle ore 7,30 del 20 ottobre 1896 il panfilo reale dei Savoia approda a Bari, dove in giornata sarà celebrata la cerimonia in cui la principessa Elena del Montenegro, educata in Russia secondo i dettami della tradizione slava e cristiana ortodossa, si convertirà al cattolicesimo. Sarà presente il padre della principessa il re Nicola I, assente la mamma ortodossa osservante. L’abiura avverrà nella cripta della Basilica di San Nicola e il rito sarà officiato dall’abate benedettino cassinese don Oderisio Piscicelli, priore della Basilica, con l’assistenza del clero palatino pugliese. Chiaramente la città di Bari partecipò alla festa con il calore e la passione che riserviamo ad ogni avvenimento di rilievo. Il 24 ottobre del 1896 in Roma, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, dopo la cerimonia civile al Quirinale, fu celebrato il matrimonio sempre da don Oderisio Piscicelli. Solo per la cronaca Vittorio III il 9 maggio 1946 decise di abdicare a favore di Umberto. Il 2 giugno del 1946 si svolse il referendum istituzionale che pose fine alla monarchia. Il re riparò in Egitto dove si spense ad Alessandria nel 1949, ma tre anni prima aveva fatto in tempo a festeggiare con la regina Elena le nozze d’oro. La regina Elena morì in Francia nel 1952.
Sento spesso dire dopo recenti piogge torrenziali ‘che secolo pazzo’, dimenticando che, come testimoniano le cartoline riprodotte nel libro di Sisto, vi sono state alluvioni nel 1905, 1915 e 1926: certo vi erano le lame Balice, Lamasinata ecc. ecc. Forse questi libri hanno anche lo scopo di educarci a considerare la casa Bari come una casa nostra molto più grande che necessita di attenzioni ambientali e comportamentali.
Sono passati quasi 20 anni da quando venne presentato presso il Circolo Unione il volume di Vito Maurogiovanni «Come eravamo»: quella sera si aprì un fronte sulla constatazione, innegabile, che tutte le foto a corredo del libro attestavano che le strade di Bari fossero linde, pulite. Non sarò certo io a negare che il progresso rende la vita più comoda, ma presuppone una totale dedizione dei cittadini verso il bene comune, onde evitare la frase pronunciata quella sera da un signore che in sostanza affermava che “dubitare del progresso è l’unico progresso”.
Amici lettori dedicate ogni sera cinque minuti - attenzione non vi sto chiedendo di sottrarli a Vespa Bruno - del vostro prezioso tempo per commentare due cartoline del volume di Sandro Sisto con figli, nipoti, zii, cugini, amici, conoscenti… vi accorgerete di quanti episodi e aneddoti potrete regalare ai vostri cari, magari riportando alle luce quella passione-amore per il luogo nativo che ci fa e ci farà gridare sempre: FORZA BARI.
PS Ho pudore nell’ammettere che il volume ha riportato in vita lacune che non pensavo di avere… spesso dimenticando che ‘non sapere’ è una disciplina che va coltivata anche per dare ragione a Cicerone che sentenziava: «Non basta avere sapienza, bisogna anche usarla».
Si è concordi nel ritenere che tale impiego-uso-consumo sia partito nella seconda metà del XIX secolo con la cartolina postale, già affrancata, che si deve al parto d’ingegno di Heinrich von Stephan - un tedesco, non poteva essere diversamente… per loro non vale ‘nemo propheta in patria’ - che la ideò nel 1865; fu istituita quattro anni dopo da Kolbensteiner, direttore delle poste austriache, e la prima spedizione ufficiale risale al 1 ottobre 1869; si è tutti concordi, in Italia, da farla partire dal 1 gennaio 1874. Per l’istituzione della cartolina illustrata non vi sono date certe se non che, almeno da noi, data 1896 e precisamente ad iniziativa del ministro delle Poste Sineo Riccardo che la fece ideare per le nozze Savoia-Petrovich (su questa cartolina che vede la città di Bari protagonista, torneremo più avanti).
Solo per la statistica, tanto cara ad un amico petulante ma speciale, vi racconto che è italiano colui che detiene il record mondiale di possesso di cartoline: Alessio Fumagalli, questo il suo nome, possiede cartoline che riguardano 8000 comuni italiani, 90.000 europei e immagini di 208 nazioni (in sostanza possiede almeno una cartolina delle città e nazioni citate, per un totale di 1.500.000 pezzi). Le cartoline si trovano nel comune di Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco, dove il nostro vive e ‘raccoglie’.
Un professionista affermato, l’avvocato Sandro Sisto, che in 35 anni di ricerca, come afferma lui stesso, ha fatto il ‘raccoglitore’ di cartoline, a settembre di quest’anno ha finalmente coronato il suo impegno con la pubblicazione di un libro dal titolo «Bari in cartolina. Mezzo secolo di immagini della città (1896-1945)» (Edizioni Grifo, Lecce 2023, p. 192, ill., € 12,00), in cui con l’ausilio di circa 300 cartoline ricostruisce, non solo per immagini, un segmento di storia barese. Una precisazione: non si tratta solo di fotografie perché l’avvocato collezionista in pochi periodi ‘rispolvera’ nozioni di storia cittadina atte a risvegliare un orgoglio (quello che faceva dire a F. de la R. «L’orgoglio è uguale per tutti: sono solo diversi i modi di manifestarlo») legittimo e salutare, a volte sprecato in diatribe la cui sostanza è poca cosa.
Il “collezionista spogliato” (Sandro sono convinto che questa ‘cavallina’ interpretazione otterrà il tuo ‘placet’) ha dimostrato sagacia anche nell’attribuire un ordine ingegnoso-capace alle cartoline, in modo da venire incontro alle esigenze dei lettori, per cui troviamo: Corso Vittorio Emanuele II, Corso Cavour, Via Sparano e piazza Umberto I, Piazza Aldo Moro, Quartiere Murat, Altri quartieri, Scuole, Porto, Lungomare, Città vecchia, Chiese, Avvenimenti, Sagra di San Nicola, Alluvioni del XX secolo, Mestieri ‘d’antan’ e macchiette popolari e Editori di cartoline di Bari. Ha trovato la soluzione più intelligente non certo seguendo la logica giuridica, ma quella di Plinio il Vecchio che con saggezza-prudenza consigliava “Cum grano salis”.
Il sottoscritto per esempio ha fatto partire la consultazione dal Quartiere Murat e, con immenso piacere, ha letto le pagine curate dall’autore al riguardo: sono risultate un contributo di fosforo per far tornare in mente notizie e ricordi di quella che era e rimarrà «Una grande e bella città» (frase attribuita a Gioacchino Murat). Sisto per ogni cartolina ha redatto una didascalia che, oltre citare l’editore qualora ci fosse, indica l’anno di realizzazione, completato con indicazioni che sono un invito a saperne di più sul luogo immortalato, con delicate ‘chicche’ che sono ‘sollùchero’ per coloro che sono discepoli della massima socratica (So di non sapere) che ci ha fatto pervenire quel Platone che, già nel nome, dimostrava di avere… ‘spalle larghe’.
Vedere in una cartolina datata 1912, nel tratto di via Napoli tra via Bonazzi e via Carducci, delle persone appoggiate al muro di quello che diventerà l’Istituto Di Cagno Abbrescia è come rivedere il sottoscritto con gli amici del Flacco, a metà degli anni ’60, discutere con i ragazzi del Di Cagno su ‘chi avesse incassato più gol’ negli incontri con quelli dell’Istituto Panetti che erano più forti di noi. Quando è sorto nel 1931 l’Istituto Parificato Di Cagno Abbrescia la piazza antistante era ancora chiamata Largo (piazza dopo) Madonna dell’Arco, quella che oggi è intestata a padre Antonio De Pergola, nativo di Acquaviva che è stato un rettore dell’Istituto. Anche la via adiacente si è chiamata via Madonna dell’Arco fino al 1927, quando si è trasformata nell’attuale via San Francesco d’Assisi. I miei ricordi da memoria fotografica sono che all’epoca in cui frequentavo il Flacco, oltre la cappella privata, oggi sconsacrata sempre al civico 71, fatta costruire nel 1744 forse sui resti di una preesistente edicola e dedicata alla Madonna dell’Arco, vi fossero accanto anche i due piani dell’edificio oggi sparito e sostituito da un piccolo grattacielo. Visionare le cartoline del libro di Sisto significa far vacillare ricordi e stimolarne altri: insomma ognuno di noi può rivedere il film della sua vita da protagonista, anche se nella vita non ha raggiunto vette eccelse da meritare una ‘pellicola’ a lui dedicata… da non confondersi con le ‘comparsate’ televisive.
Nel mio personale album fotografico, situato in una memoria una volta ‘elefantiaca’, appaiono, nella piazza oggi De Pergola, due piani fatti costruire dal signor Pierno, su un suolo acquistato dalla signora Valentini, ma potrei essere stato influenzato dalle tante cartoline che ci sono di questo edificio, stampate sui libri di casa Levante, che ho visionato più volte.
Nel 1993 riuscii a convincere Pasquale Sorrenti ad inserire nel suo «Le strade di Bari» alcune cartoline della sua collezione privata, ma era così geloso che le portava due per volte per farle fotografare e, poi pensate, stavamo come data all’Immacolata e lui voleva le prime copie per metà dicembre: data che chiaramente rispettammo. Una delle cose di cui vado più fiero è quella di aver riportato l’armonia fra Pasquale e il ‘gruppo’ che faceva capo a Giorgio Saponaro.
A marzo 1994 per il libro oggi introvabile di Vito Lozito su “Santo spirito” pubblicammo circa 100 foto di cartoline tra cui la stessa identica che Sisto ha inserito nel suo libro di piazza Madonna dell’Arco, oggi piazza de Pergola (ecco il motivo per cui ripeto che i miei ricordi possono essere ‘inquinati’: la mia mente può aver considerato doppione l’immagine da me vista realmente e quella della cartolina… eliminandone una).
Nello stesso anno ci fu il volume ‘monumentale’ «La Musica a Bari» curato da Dinko Fabris e Marco Renzi, ormai da considerare ‘reliquia’ e che tanti hanno avuto in dono con grande generosità dal sottoscritto e che, spero, possa servire a tramandare una storia di cui già noi, ed in seguito i giovani futuri, andare fieri: anche su quel libro vi sono poche ma originali cartoline.
Come dimenticare le oltre milleduecento pagine del volume del 2010 di V. A. Melchiorre «Storie baresi» dove al termine vi sono quasi cento cartoline a testimoniare quanta bellezza contengano quelle 4 lettere dell’alfabeto (a, b, i, r,) che hanno dato vita a palazzi, monumenti, opere d’arte: pleonastico puntualizzare che vanno preservati e tramandati, dal momento che narrano la nostra storia, quella che il William, nato a Stratford-on-Avon il 23 aprile del 1564, considerava un ‘prologo’.
Potrei citare altri libri pubblicati da Levante per testimoniare quanta importanza abbiano le cartoline nella storia dell’editoria e nella storia di un popolo, che non potrà mai essere rappresentata da un anonimo disco o pdf a cui manca cuore e cervello… l’intelligenza artificiale, giustamente, potrà anche cercare, ma ci vorrà sempre un cuore per trovare una soluzione.
Tornando al libro di Sisto vi è una cartolina commemorativa per le “Fauste nozze” (mi ha riferito un professore che un ragazzo - ritengo celiando ma il docente non era dello stesso avviso - ha spiegato il tutto con le nozze fra due fusti di corporatura atletica) di Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia, re d’Italia come Vittorio Emanuele III, e la principessa del Montenegro Elena Petrovich. Conviene sprecare qualche parola su questo avvenimento che vede la città di Bari protagonista: alle ore 7,30 del 20 ottobre 1896 il panfilo reale dei Savoia approda a Bari, dove in giornata sarà celebrata la cerimonia in cui la principessa Elena del Montenegro, educata in Russia secondo i dettami della tradizione slava e cristiana ortodossa, si convertirà al cattolicesimo. Sarà presente il padre della principessa il re Nicola I, assente la mamma ortodossa osservante. L’abiura avverrà nella cripta della Basilica di San Nicola e il rito sarà officiato dall’abate benedettino cassinese don Oderisio Piscicelli, priore della Basilica, con l’assistenza del clero palatino pugliese. Chiaramente la città di Bari partecipò alla festa con il calore e la passione che riserviamo ad ogni avvenimento di rilievo. Il 24 ottobre del 1896 in Roma, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, dopo la cerimonia civile al Quirinale, fu celebrato il matrimonio sempre da don Oderisio Piscicelli. Solo per la cronaca Vittorio III il 9 maggio 1946 decise di abdicare a favore di Umberto. Il 2 giugno del 1946 si svolse il referendum istituzionale che pose fine alla monarchia. Il re riparò in Egitto dove si spense ad Alessandria nel 1949, ma tre anni prima aveva fatto in tempo a festeggiare con la regina Elena le nozze d’oro. La regina Elena morì in Francia nel 1952.
Sento spesso dire dopo recenti piogge torrenziali ‘che secolo pazzo’, dimenticando che, come testimoniano le cartoline riprodotte nel libro di Sisto, vi sono state alluvioni nel 1905, 1915 e 1926: certo vi erano le lame Balice, Lamasinata ecc. ecc. Forse questi libri hanno anche lo scopo di educarci a considerare la casa Bari come una casa nostra molto più grande che necessita di attenzioni ambientali e comportamentali.
Sono passati quasi 20 anni da quando venne presentato presso il Circolo Unione il volume di Vito Maurogiovanni «Come eravamo»: quella sera si aprì un fronte sulla constatazione, innegabile, che tutte le foto a corredo del libro attestavano che le strade di Bari fossero linde, pulite. Non sarò certo io a negare che il progresso rende la vita più comoda, ma presuppone una totale dedizione dei cittadini verso il bene comune, onde evitare la frase pronunciata quella sera da un signore che in sostanza affermava che “dubitare del progresso è l’unico progresso”.
Amici lettori dedicate ogni sera cinque minuti - attenzione non vi sto chiedendo di sottrarli a Vespa Bruno - del vostro prezioso tempo per commentare due cartoline del volume di Sandro Sisto con figli, nipoti, zii, cugini, amici, conoscenti… vi accorgerete di quanti episodi e aneddoti potrete regalare ai vostri cari, magari riportando alle luce quella passione-amore per il luogo nativo che ci fa e ci farà gridare sempre: FORZA BARI.
PS Ho pudore nell’ammettere che il volume ha riportato in vita lacune che non pensavo di avere… spesso dimenticando che ‘non sapere’ è una disciplina che va coltivata anche per dare ragione a Cicerone che sentenziava: «Non basta avere sapienza, bisogna anche usarla».