BRUXELLES - “La Commissione continuerà a monitorare gli sviluppi del mercato del grano duro dell'Unione e, se necessario, adotterà misure adeguate”. Questo uno stralcio della risposta alle domande poste dall’europarlamentare forzista Lucia Vuolo al Commissario europeo per l’agricoltura Janusz Wojciechowski.
Circa 15 giorni fa Vuolo, supportata da numerosi agricoltori di mezza Italia, aveva fatto notare che “nel quinquennio 2018-2022, la quota media di grano duro che l'Italia ha importato dalla Turchia è stata dell'1,4%. Nel 2023 è arrivata al 44,5%[1]. Il notevole incremento della quota - scriveva Lucia Vuolo - è imputabile ad un prezzo all'esportazione anomalo del grano duro turco, essendo quest'ultimo più basso rispetto al prezzo imposto dal "Turkish Grain Board"[2] per il commercio interno del medesimo prodotto”.
Una potenziale procedura di dumping da parte della Turchia? Un non rispetto turco del protocollo sottoscritto con l’UE?
La Commissione europea, nel ricordare che il commercio di prodotti agricoli UE/Turchia è disciplinato da ben due protocolli rientrati nel “Consiglio di associazione” ricorda altresì che “il grano duro può essere importato nell'UE in esenzione da dazi” non escludendo però che se “i quantitativi o i prezzi dei prodotti importati dall'altra parte causano perturbazioni dei mercati dell'UE è possibile avviare un meccanismo di consultazione fino all'applicazione di misure di emergenza”.
«La Commissione europea chiede “sufficienti elementi di prova” di dumping o pregiudizio all’industria UE. Giusto. Dal mio canto andremo ad analizzare la situazione fornendo dati reali e verificati - spiega l’Onorevole Lucia Vuolo - L’aumento dei prezzi c’è stato, e l’immissione di un massiccio quantitativo di durum turco anche. Ed è lo stesso commissario a dirlo “é possibile che le esportazioni turche di grano duro raggiungano un livello record” riconoscendo “un calo dei prezzi in Italia e altrove nell'UE” che sembrerebbe essere andato a totale danno di Italia e UE. Servono altre prove? Le forniremo».